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    TennisTalker MagazineEditorialiDa perfetto sconosciuto a Valentino di Monaco: Vacherot attende Djokovic e una vita nuova
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    Da perfetto sconosciuto a Valentino di Monaco: Vacherot attende Djokovic e una vita nuova

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    Semifinalista a sorpresa a Shanghai da numero 204 del mondo, partito dalle qualificazioni e con soli 594 mila dollari guadagnati in carriera prima di questa settimana, il cugino di Arthur Rinderknech si ritrova ora di fronte l’uomo dei record. E un assegno che vale più di anni di Challenger

    C’è chi arriva in semifinale di un Masters 1000 dopo anni di programmazione scientifica, investimenti federali, staff ipertrofici, mental coach e charter privati. E poi c’è Valentin Vacherot, ventiseienne monegasco classificato numero 204 del mondo, che fino all’altro ieri svolgeva il mestiere più faticoso del circuito: impiegato del tennis minore, mansione che prevede voli low-cost all’alba, sconfitte anonime in campi periferici e premi partita che non coprono nemmeno la lavatrice dei completi sudati.

    A Shanghai, invece, Valentino di Monaco – nato nel Principato ma forgiato nei Challenger di quattro continenti – ha deciso che fosse giunto il momento di presentarsi al grande pubblico. E lo ha fatto con uno stile teatrale: qualificazioni superate, poi tre vittorie consecutive su top-30, inclusi Alexander Bublik, Tomas Machac e Tallon Griekspoor, prima di spingersi fino all’eresia finale: buttare fuori Holger Rune, numero 11 del mondo, ai quarti di finale.

    La partita era stata dominata dal danese finché il fisico non gli ha presentato il conto. Ma come diceva un antico pugile, “restare in piedi è un merito”. E Vacherot è rimasto in piedi eccome. Tanto da ritrovarsi primo monegasco della storia in una semifinale Masters 1000, e secondo giocatore dal ranking più basso di sempre a spingersi così avanti nella categoria, dopo Chris Woodruff (che nel ‘99 lo fece da numero 550 a Indian Wells).

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    La saga di famiglia: Rinderknech e Vacherot, cugini in semifinale

    Come se non bastasse, l’altra semifinale l’ha raggiunta suo cugino, Arthur Rinderknech. Figli di due sorelle, cresciuti fianco a fianco alla Texas A&M University, dove Arthur lo “reclutò personalmente”. In Cina, da giorni, uno va in campo e l’altro lo segue dagli spalti. E viceversa.

    Lo ha raccontato lo stesso Rinderknech dopo aver battuto Felix Auger-Aliassime: “Guardare i match di Valentin mi stressa più che giocarli. Mi agito così tanto per lui che quando tocca a me sono già tranquillo. Stiamo vivendo la stessa storia, nello stesso posto, ed è incredibile“.

    Nel gruppo WhatsApp di famiglia, dice, stanno esplodendo tutti. E a pensarci bene, hanno ragione loro: nella storia del tennis non c’è mai stata, in un Masters 1000, una coppia di cugini in semifinale. Ma della singolare saga familiare potete leggere in un pezzo dedicato scritto da Vanna Rizzo per queste pagine.

    Da Monaco a Djokovic, passando per il dolore

    Il poema non nasce dal nulla. Nel 2024, Vacherot aveva iniziato l’anno con 16 vittorie in 17 partite, dominando i Challenger di Nonthaburi e Pune. Poi l’infortunio alla spalla, sei mesi fermo, ranking in caduta. Quando pensava di essersi rimesso in moto, un brutto capitombolo a Wimbledon a un passo dalla qualificazione al main draw lo aveva ricacciato indietro.

    Eppure eccolo qui. Qualificato, semifinalista, già sicuro di entrare in Top 100, e in lacrime a fine match contro Rune. “Non so neanche che giorno sia. Non so quando si gioca la semifinale. So solo che sto vivendo un sogno,” ha detto uno scombussolatissimo Valentin dopo i quarti vinti nella megalopoli cinese.

    Djokovic-Vacherot: la semifinale più improbabile degli ultimi vent’anni

    E dunque, il mondo è strano. Domani, la semifinale della parte bassa del tabellone vedrà da una parte il giocatore più vincente di sempre, Novak Djokovic, 38 anni, ottanta semifinali nei Masters 1000 nel curriculum. Dall’altra un ragazzo che in carriera aveva incassato 594.000 dollari totali, e che qui ne prenderà 332.000 in un colpo solo. A conti fatti, come direbbe un precario del circuito: non valeva forse la pena sbattersi per anni nei tornei minori, bastava arrivare a Shanghai nell’anno giusto.

    Ma il tennis, lo sappiamo, vive di questi incastri poetici. Ci sono le logiche, e poi c’è la realtà. E la realtà, questa volta, dice che un impiegato del tennis minore sfiderà la leggenda Novak per un posto in finale. Sarà un massacro? Sarà una fiaba fino in fondo? Non lo sappiamo. Ma una cosa è certa: Se Djokovic è il Re, Valentino di Monaco è il guastafeste perfetto. E nel dubbio, ab imo pectore: che vinca la storia.

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