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    Match point – Quando il tennis (raramente) incontra il grande schermo

    Piccola guida ragionata al rapporto fra il nostro sport e il “grande schermo”

    Il tennis ha condiviso da sempre con il calcio uno scarso appeal presso l’industria cinematografica, e anzi fino ad ora è stato rappresentato sul grande schermo ancora meno del gioco del pallone. Ma le cose stanno cambiando.

    Nelle sue scarse, e relativamente recenti apparizioni, il tennis è stato utilizzato come un pretesto, una metafora per parlare d’altro. Accade ad esempio con il titolo più famoso – fino a poco tempo fa – della filmografia tennistica, Match Point di Woody Allen, del 2005 con Jonathan Rhys Meyers e Scarlett Johansson in cui la casualità della danza che la pallina fa sul nastro è lo spunto per riflettere sui casi della vita.

    Anche il più recente La Battaglia dei Sessi (2017), con gli ottimi Emma Stone e Steve Carell, pur rimanendo fedele alla Storia della partita fra la campionessa Billie Jean King e l’ex vincitore di Wimbledon Bobby Riggs serve allo scopo di raccontare come l’emancipazione femminile sia passata anche attraverso l’ambito sportivo.

    E quando si è provato a raccontare un po’ meglio il mondo del tennis, i risultati sono stati davvero modesti. È il caso di Wimbledon (2004), con Paul Bettany, Kirsten Dunst e Sam Neill, tentativo britannico piuttosto maldestro di ricostruire gli ambienti e le situazioni del torneo più famoso del mondo, ricavandone una commedia romantica passata giustamente inosservata al grande pubblico.

    Ma veniamo agli esperimenti più riusciti.

    Borg McEnroe (2017), con Sverrir Gudnason e Shia LaBeouf, è una pellicola molto accurata dal punto di vista del gioco e dell’aderenza dei personaggi, forse la prima in cui il nostro sport è trattato con il dovuto rigore, a partire dall’incredibile somiglianza dell’attore svedese con il grandissimo campione suo connazionale.

    Il risultato migliore lo ottengono nel 2020 i francesi ne Il Quinto Set, disponibile su Netflix, con Alex Lutz, Ana Girardot e Kristin Scott Thomas, a oggi il miglior film di ambientazione tennistica disponibile.

    Quinto Set – Netflix

    Ispirandosi alla vicenda umana del tennista Sebastien Grosjean, la pellicola racconta la storia di un ex-professionista scivolato in basso nella classifica mondiale che trova una nuova occasione di speranza al Roland-Garros. Molte delle scene sono girate dal vivo durante il vero torneo, e i momenti di gioco sono straordinari per verismo, grazie alle doti tecniche dell’attore protagonista.

    La consacrazione del tennis per il grande pubblico arriva nel 2022 con l’Oscar come migliore attore protagonista a Will Smith per la sua interpretazione del padre di Venus e Serena Williams in Una famiglia vincente – King Richard. Anche qui il Tennis fa da sfondo per il tema dell’emancipazione sociale, ma si tratta di un film davvero accurato anche nelle – sia pur limitate – parti sportive.

    Per il resto, sino a poco tempo fa, poca roba.

    Un bizzarro mockumentary (finto documentario) ispirato al memorabile match di otto ore fra Isner e Mahut nel 2010 a Wimbledon (7 days in Hell; di Jake Szimanski, con Andy Samberg e Kit Harrington), una commedia romantica americana peraltro piuttosto simpatica sul tema del ritorno in campo (Break Point, di Jay Karas, con Jeremy Sisto, Adam DeVine e il grande J.K. Simmons), e un’altra molto meno riuscita sullo stile demenziale (Balls Out: Gary the Tennis Coach, di Danny Leiner con sean William Scott e Randy Quaid).

    Tutto qui.

    Ma le cose stanno cambiando. Il Tennis di per sé non è mutato, ma la progressiva e inarrestabile affermazione di nuovi prodotti video come le serie televisive gli hanno consentito di attirare l’attenzione dei grandi player. I quali hanno sviluppato progetti molto interessanti in quasi tutti i casi, perché puntano ad approfondire il tema sportivo in tutte le sue sfaccettature, facendo venir meno il conflitto fra l’aspetto drammaturgico e quello tecnico-sportivo che ne condiziona fortemente la credibilità nei lungometraggi.

    Sono prodotti molto diversi, di fatto assimilabili ai documentari e non ai film, ma sono accurati e godibili.

    La prima a muoversi è stata Amazon Prime nel 2018 con l’interessante Campi di battaglia sui successi di Flavia Pennetta, seguito l’anno dopo da Andy Murray: Resurfacing sulla battaglia del campione scozzese per ritornare competitivo dopo l’operazione di rivestimento (resurfacing) all’anca.

    Ma è stata Netflix nel 2021 a credere davvero nel potenziale del tennis lanciando Naomi Osaka, una mini-serie in tre puntate che si focalizza su un momento specifico della carriera della tennistica americana, evidenziandone gli impegni sia dentro che fuori dal campo.

    Col senno di poi, forse involontariamente, questo progetto offre molte risposte alle domande su quello che è poi accaduto alla fortissima giocatrice americana.

    Il tema della consunzione mentale che aggredisce i giocatori di alto livello è affrontato benissimo, sempre nel 2021 e sempre da Netflix, in Fish vs Federer.

    Nel quinto episodio nella prima stagione della serie , che esplora i lati oscuri di molti sport fra i quali il tennis, si ripercorre il percorso che portò il tennista americano oltre la soglia della depressione, con il ritiro pochi istanti prima del match con Roger Federer nei quarti di finale di Flushing Meadows nel 2021.

    L’anno prima, Patrick Moratoglou racconta il suo percorso con Serena Williams nell’episodio “le regole di vita di un allenatore”, quarto della serie Parola di allenatore.

    Esperimento interessante anche quello di Break Point, del 2023, ancora una volta su Netflix. In questo caso dieci Pro, fra i quali Taylor Fritz, Ons Jabeur e il nostro Matteo Berrettini raccontano delle proprie sperienze sportive ma anche private. Si tratta di un progetto realizzato in collaborazione coi quattro tornei del Grande Slam; quindi, se da un lato scontano un’ovvia tematica promozionale, dall’altro consentono una grande prossimità coi giocatori, ripresi anche nei loro momenti privati.

    E per finire, non va dimenticato Boom! Boom! – The world vs. Boris Becker, che su Apple TV+ ripercorre l’incredibile percorso del campione tedesco da Wimbledon alla prigione.

    Unico tentativo italiano, peraltro molto ben riuscito, su Sky sempre nel 2021 con Una squadra, docu-serie in cui si ascoltano dalle voci dei diretti protagonisti le vicende che portarono all’incredibile vittoria nella Coppa Davis del 1976.

    Altrettanto unica, nel suo genere, Rafa Nadal Academy, che su Amazon nel 2021 offre uno spaccato molto verosimile della vita che i giovani talenti del tennis fanno durante l’anno scolastico, all’interno della splendida struttura del campione maiorchino. Per chi ha figli e/o sogni collegati al tennis, imperdibile!

    Piccola incursione del tennis anche nel mondo anime con Prince of Tennis, inedito in Italia ma disponibile in inglese di diverse piattaforme come Crunchyroll, che ha già superato il ventesimo anniversario, celebrato con una nuova serie intitolata Shin Tennis no Ōji-sama U-17 World Cup. Un progetto che si articola fra lungometraggi, serie televisive anche con personaggi reali (disponibile su Netflix), pubblicazioni su riviste e libri.

    E poi c’è la partita fra il ragionier Ugo Fantozzi e il ragionier Filini nell’indimenticabile Fantozzi, di Luciano Salce. Il “Batti lei?” pronunciato nella nebbia da Gigi Reder è ben più che un romantico omaggio al tennis impiegatizio eroico di quei tempi, è ormai parte del lessico collettivo nazionale.  

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