More
    TennisTalker MagazineRubricheTennis CoachChi è il tuo manager? Sei forse tu?
    Pubblicato in:

    Chi è il tuo manager? Sei forse tu?

    Il Team Working: quanto è importante e che risultati può dare. Scopriamo insieme quali sono le soluzioni vincenti per formare una squadra di successo.

    TennisTalker insieme a Maristella Parisi – esperta di preparazione fisica nelle attività di Alto Livello CONI con qualifiche PF2 e IS2 –  ci porta attraverso un nuovo percorso per parlarci di ciò che ruota attorno alla preparazione tennistica dei giocatori di tutte le categorie. Qualche utile consiglio da abbinare alla preparazione tecnica di dritti, rovesci e volèe.

    Spesso chi conduce un sano stile di vita, che sia semplicemente una persona attiva, uno sportivo o un agonista/professionista, si affida sempre più spesso a varie figure specializzate: il tecnico, il preparatore fisico, il medico dello sport, l’osteopata, il fisioterapista, il nutrizionista e lo psicologo. Questo ci porterebbe a pensare che questa sia la soluzione perfetta.

    No, peccato. Non è sufficiente.

    Avere gli ingredienti giusti e le dosi perfette non danno necessariamente una torta strepitosa. Le cose fatte bene sono sempre più complesse. Come per le torte, banalmente, si deve costruire una base, c’è una sequenzialità per le diverse fasi, bisogna amalgamare gli ingredienti, decidere cosa si vuole ottenere e in quanto tempo. Vediamolo nel dettaglio.

    Innanzitutto c’è bisogno di qualcuno che coordini le varie figure e questa può essere una figura interna o esterna al team, ma di sicuro non può essere l’atleta stesso.

    Facciamo una bozza dei vari punti: la prima parola spetta alla famiglia e/o all’atleta, che stabiliscono obiettivi, disponibilità finanziarie e di tempo.

    Poi entrano in gioco il tecnico e il preparatore fisico, figure sempre più inscindibili che valutando l’atleta con test fisici e sul campo, possono stilare una programmazione dell’attività in termini di allenamento e di tornei.

    Scendiamo più a fondo e poniamo una condizione in cui non ci sia nessun problema particolare di salute: in tal caso la visita medica agonistica, con i relativi risultati, offre accurati dati sull’efficienza del sistema cardio-respiratorio. Quindi con il medico dello sport abbiamo un incontro annuale di controllo. Se l’atleta è una donna in fase post puberale potremmo aggiungere anche una visita ginecologica.

    L’osteopata e il fisioterapista sono, invece, quelle figure con cui si dovrebbe avere un incontro più frequente, con un minimo di due volte l’anno fino ad arrivare, in atleti più evoluti o con particolari esigenze, ad avere un incontro settimanale, fino ai professionisti top player che lavorano insieme quotidianamente. Che siano incontri telefonici o di persona, la comunicazione e la collaborazione sono fondamentali per evitare di vanificare un tipo di lavoro, sovrapporsi inutilmente o creare confusione nell’atleta.

    Il nutrizionista: non può e non deve lavorare né in maniera indipendente né pianificare la dieta basandosi unicamente sulle richieste dell’atleta, spesso basate su fini estetici (siate sinceri). Anche qui sarà importante avere quella collaborazione che ci permetta di modellare il corpo dell’atleta in modo tale che sia più efficiente possibile e la dieta per essere più adatta possibile ai diversi periodi della stagione.

    Lo psicologo, figura sempre più importante in uno sport in cui la componente mentale è sempre detta determinante, porta avanti il suo lavoro sull’atleta, come giocatore e come persona. Con il suo supporto può permettere al team di fare un ulteriore balzo in avanti fornendo, nei limiti della privacy, corrette indicazioni su come interagire con l’atleta, valorizzando i suoi punti di forza e aiutarlo nel superare le sue debolezze.

    Infine, argomento alquanto scottante fino a qualche anno fa, la collaborazione tra il tecnico e il preparatore fisico adesso è sempre meno motivo di astio. Sono figure fondamentali e complementari, sono i pilastri della preparazione generale. È necessario che i due professionisti condividano lo stesso progetto e gli stessi valori, che sappiano dividersi i compiti e, al tempo stesso, sappiano “passarsi la palla” come due compagni di squadra che si forniscono a vicenda l’assist per fare goal.

    Nei prossimi articoli scenderemo ancora di più nel dettaglio delle singole aree. Parleremo di come è opportuno coordinare le varie figure e le varie situazioni per ottenere risultati sempre migliori.

    E tu, cosa ne pensi? Lascia un commento su come si lavora nel tuo circolo e nel tuo team!

    Maristella Parisi

    Commenti

    1. I Circoli migliori si stanno tutti attrezzando, anche grazie alle disposizioni della Federazione. Ma lavorare in un team crea un’altra serie di problematiche se non c’è armonia. Vero dottoressa Parisi?

      • Assolutamente d’accordo su entrambe le affermazioni. Aggiungo che a volte diamo per scontato il semplice buon senso nel gestire le diversità di opinione, l’essere professionali nel saper esporre le proprie idee senza cadere in un linguaggio non idoneo ad un ambiente di lavoro e l’umiltà di cedere qualora nel team ci fossero idee migliori. Ricordiamo che l’acronimo TEAM vuol dire “Together Everyone Achieves More” che in italiano vuol dire “insieme tutti ottengono di più” ben diverso dal semplice termine “staff”, utilizzato come sinonimo ma in realtà indica una semplice divisione di compiti in un contesto più statico che rimanda un po’ ad una catena di montaggio.

    2. Complimenti!!
      Avete centrato uno dei problemi che sovente creano delle forti minus nel percorso di un giocatore/trice:
      Il non creare un team completo con le persone capaci nei vari settori.
      Specialisti Che sappiano interagire tra loro ,senza invadenza ,al solo fine di pensare alla crescita del loro assistito.
      E chiaro che in ogni team c’è sempre chi deve coordinare il lavoro e far risalire al vertice le giuste info.
      Ma il quesito può essere :
      I professionisti italiani sono pronti a non essere one man show?
      E quante persone possono sostenere i costi per poter essere seguiti da un team così organico , in una nazione che ha già di suo delle spese fisse per le strutture così alte?
      Cordialmente

    3. Ciao Paolo, grazie per le tue interessanti osservazioni.
      Sulla prima domanda sento di essere più positiva. Il tennis è uno sport individuale e gli allenatori spesso sono ex atleti abituati ad essere “individualisti”, vero, ma ci piace vincere quindi le cose stanno cambiando. Incoraggiati dal fatto che i professionisti top player in ogni successo ringraziano il loro team, siamo sempre più inclini a collaborare. Sulla seconda domanda, purtroppo, la situazione è più delicata e complessa, difficile da riassumere in poche righe. Potrebbe sicuramente essere argomento per un nostro prossimo articolo dopo una elaborata raccolta dati per fornirvi le informazioni più accurate possibili. Grazie per gli spunti di riflessione.

    Commenti chiusi.

    Newsletter

    Ti potrebbe interessare...

     

    Segui i tornei in collaborazione con TENNISTALKER MEDIA PARTNER

    più popolari