Mansour Bahrami è, secondo Rod Laver, il tennista più dotato di tutti i tempi. Non tutti conoscono però la sua vera storia.
Gli appassionati acquistano il biglietto perché vogliono assistere a un bello spettacolo. L’investimento è al sicuro quando gioca Mansour Bahrami, colui che ha inventato un nuovo ruolo: il tennista da esibizione. “Se vuoi essere un grande campione devi essere sempre concentrato, mentre noi siamo qui per intrattenere – è solito dire – puoi fare il clown oppure vincere: o l”uno, o l’altro”. Lui ha scelto la prima via, anche perché non aveva grosse alternative. Non è mai andato oltre il secondo turno in uno Slam, e mai oltre la 192esima posizione ATP di singolare (un po’ meglio in doppio: 31, con annessa finale al Roland Garros), dunque ha scelto di fare il… buffone. Forte di enormi doti acrobatiche, ha inventato un ruolo tutto nuovo. Gli calzava a pennello e ci ha costruito una carriera. Va avanti ancora oggi nonostante abbia quasi 65 anni, l’età della pensione. Gli hanno dato mille soprannomi, paragonandolo persino ad attori importanti: Jim Carrey, Robin Williams, Stanlio e Ollio..
Ma se era così bravo, come mai la sua carriera è stata così mediocre? Per scoprirlo bisogna fare un salto indietro di 40 anni, nell’Iran della rivoluzione. A suo dire, le autorità del suo Paese d’origine gli hanno bloccato la strada verso il successo. “Mio padre faceva il giardiniere nel più grande complesso sportivo del Paese – racconta – appena ho iniziato a camminare, avrò avuto 2-3 anni, ho subito preso confidenza con lo sport. Potevo praticare tutte le discipline tranne il tennis, perché era lo sport riservato ai ricchi”.
In assenza di racchette usava padelle in metallo, pezzi di legno… In alternativa, giocava anche a mani nude. Allenamenti poco ortodossi (“Non ho mai preso una lezione in vita mia” dice con orgoglio), ma perfetti per sviluppare una manualità fuori dal comune. “Quando avevo 13 anni, la federazione iraniana aveva bisogno di nuovi tennisti. Così mi hanno dato un paio di racchette e mi hanno permesso di giocare. Tre anni dopo ho fatto il mio esordio in Coppa Davis”. La carriera sembrava poter decollare, ma poi si è messa di mezzo la politica. Anzi, la storia: nel 1980, l’Ayatollah ha preso il potere in Iran. Il tennis era uno sport troppo occidentale, aristocratico, così decisero di bandirlo e chiudere ogni campo. Avrebbe potuto andare altrove per continuare a giocare, ma ha scelto di restare accanto alla famiglia. Per sopravvivere aveva cambiato gioco, passando al backgammon. Non esattamente la stessa cosa. L’incubo è durato tre anni, poi alla riapertura dei campi è stato spinto dalla sua fidanzata di allora. “Vinsi un torneo a Teheran, e il premio era un viaggio per Atene. Lo diedi a lei, ma il giorno dopo è tornata e mi ha detto che avrei dovuto usarlo io, pagando 200 dollari di differenza per andare a Nizza. Lì avrei potuto giocare seriamente a tennis. È stato un gesto molto altruista, mi ha cambiato la vita”, si legge su Tennis Magazine Italia.
Ringraziamo il giornalista Riccardo Bisti per lo spunto di riflessione su un personaggio chiacchierato, un vero e proprio ‘clown’, che nasconde però dietro di sè una storia tormentata, fatta di sofferenze e mancanze.
Lo conoscete?