Di recente ha fatto scalpore in America il caso di Gordon Ernst, capo-allenatore per il tennis all’università di Georgetown, giudicato colpevole per i capi d’accusa di associazione a delinquere, corruzione e dichiarazione fraudolenta, e condannato a inizio luglio a due anni e mezzo di carcere – i primi sei mesi li sconterà agli arresti domiciliari.
In qualità di capo-allenatore, Ernst aveva il controllo sul reclutamento di nuove leve per il programma tennistico (innesti che sarebbero diventati studenti di una facoltà a tutti gli effetti), e per più di dieci anni aveva usato questo suo potere per far ammettere nell’esclusivo ateneo elementi immeritevoli in cambio di tangenti. In un contesto come quello americano, in cui la reputazione dell’università in cui si compiono gli studi gioca un ruolo determinante nel futuro di un individuo, il lasciapassare offerto da Ernst era merce pregiata che l’ex capo-allenatore ha saputo farsi pagare profumatamente: all’incirca 3,5 milioni di dollari la cifra messa insieme a suon di mazzette.
Dalle indagini è emerso che a facilitargli il lavoro ci pensava William “Rick” Singer, un consulente per il college che ha messo in contatto Ernst con diverse famiglie facoltose di aspiranti studenti da lui poi ingiustamente selezionati – dei 22 casi accertati, in almeno 19 si trattava infatti di clienti di Singer. A Ernst, coach tanto rinomato da aver addirittura allenato Michelle e Malia Obama, era stato chiesto di dimettersi dal suo incarico a Georgetown nel 2018, dopo che dei dubbi erano stati sollevati sul suo metodo di reclutamento. Ora è arrivata la condanna, e oltre ai due anni e mezzo di carcere e ai successivi due anni in libertà vigilata, a Gordon Ernst toccherà anche salutare i 3,435,053 milioni di dollari incassati illecitamente.