Ha fatto scalpore l’ufficialità dell’esclusione di russi e bielorussi da Wimbledon. Tra chi si detto contrario a tale provvedimento ci sono ATP e WTA, che nei rispettivi comunicati in merito hanno entrambi parlato di un’ingiusta discriminazione sulla base della nazionalità – la WTA ha ricordato che i singoli atleti non dovrebbero essere penalizzati per le rispettive origini o per le decisioni dei loro governi, mentre l’ATP ha bollato il provvedimento come una violazione dell’accordo tra loro e Wimbledon stando al quale il ranking è il solo requisito d’entrata.
Tra i giocatori contrari alla nuova misura adottata dall’AELTC spicca Djokovic, che a proposito ha detto: “Condannerò sempre la guerra, avendo vissuto da bambino sotto la guerra non la sosterrò mai. So quanti traumi lasci. In Serbia sappiamo tutti quel che è successo nel 1999. Nei Balcani nella storia recente abbiamo avuto molte guerre. Ciononostante, non posso sostenere la decisione di Wimbledon, penso sia una pazzia. Quando la politica interferisce con lo sport il risultato non è buono”.
Anche Rublev, uno dei diretti interessati da questa misura, la trova assurda. Ha detto che le ragioni che hanno addotto per questa scelta “non avevano senso, non erano logiche”, e che questo provvedimento “non cambierà nulla”. Rublev è dell’idea che un’iniziativa come il donare i premi in denaro agli aiuti umanitari avrebbe sì inciso veramente, oltre a portare gloria a Wimbledon dal momento che nessuno sport finora ha mai donato cifre di quel genere.
Mouratoglou ha parlato di una “decisione scioccante per me”, aggiungendo di comprendere la posizione degli ucraini ma che “se ti metti nei loro panni, russi e bielorussi hanno le loro famiglie che vivono in Russia e dicendo qualcosa del tipo che condannano il governo, mettono le loro stesse famiglie nei guai. Per cui penso che russi e bielorussi abbiano già detto parecchio! Non lo dicono letteralmente ma lo dicono. Penso sia il massimo che possano fare senza incorrere in rischi, in troppi rischi per le loro proprie famiglie”.
Questo invece il contenuto di una lettera aperta indirizzata ad ATP, WTA e ITF e condivisa sui propri social da Elina Svitolina, Marta Kostyuk e Sergiy Stakhovsky: “Ginetta Sagan una volta disse: «Il silenzio di fronte all’ingiustizia è complicità con l’oppressore». Questo non può essere più vero di adesso. Il 24 febbraio la Russia, col supporto della Bielorussia, ha attaccato l’Ucraina. Al momento c’è una guerra nel nostro paese, a casa nostra. Tutti gli ucraini sono costretti a lasciare le proprie case e a combattere per le proprie vite. Da più di 50 giorni ormai, le forze armate russe stanno bombardando le nostre città e ammazzando civili, oltre a sfruttare il territorio bielorusso per bombardare l’Ucraina da ovest e da nord. Milioni di persone sono rimaste senza casa, milioni di bambini ora sanno come sono esplosioni paura e morte. Sta succedendo tutto adesso, nel bel mezzo dell’Europa”.
“Come atleti viviamo una vita sotto gli occhi del pubblico e pertanto abbiamo un’enorme responsabilità. Alcuni nostri post e opinioni sui social media raggiungono un pubblico più vasto di quello di emittenti televisive regionali. In tempi di crisi il silenzio significa essere d’accordo con quel che sta accadendo. Abbiamo notato che alcuni giocatori russi e bielorussi a un certo punto hanno menzionato vagamente la guerra, ma senza mai dichiarare che la Russia e la Bielorussia l’hanno cominciata sul territorio ucraino. Il silenzio di coloro che adesso scelgono di rimanervi è insopportabile in quanto porta alla continuazione degli omicidi nella nostra patria”.
Più dura la posizione di Alexander Dolgopolov, che sul suo account twitter ha pubblicato la foto di un trafiletto di giornale del 1948 in cui si dice che i giocatori giapponesi e tedeschi erano esclusi anche quell’anno da Wimbledon, commentando: “Pensate non sia mai successo? Ripensateci. Putin dopo tutte le atrocità commesse è considerato come Hitler. E quello è un approccio completamente giusto”.