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    TennisTalker MagazineATP Shanghai: Vacherot in finale e nella storia, Nole KO (in tutti i sensi)

    ATP Shanghai: Vacherot in finale e nella storia, Nole KO (in tutti i sensi)

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    Il numero 204 arriva in fondo a un torneo incredibile e da lunedì sarà almeno 53 al mondo. Djokovic gioca gran parte del match limitato da un problema alla schiena, ma dà tutto fino al gong. Il monegasco diventa il giocatore con il ranking più basso a disputare un ultimo atto in un “Mille” dal 2003

    [Q] V. Vacherot b. [4] N. Djokovic 6-3 6-4

    Da un lato il giocatore più vincente della storia, dall’altro un impiegato del tennis minore, cresciuto tra i Challenger e le trasferte low cost con il borsone pieno di speranze. In mezzo, il cemento umido di Shanghai, che ogni tanto decide di scrivere favole invece di statistiche. E stavolta l’ha fatto scegliendo come protagonista Valentin Vacherot, 26 anni, numero 204 del mondo e numero 53 da lunedì, grazie a un successo che non si dimentica.

    Perché non è facile battere Djokovic, ma è ancora più difficile farlo quando Djokovic è mezzo zoppo. A metà del primo set, dopo un rovescio tirato a tutta forza, il 24 volte campione Slam ha sentito irrigidirsi la parte bassa della schiena. Medical time out, massaggio, faccia scura. Per oltre quaranta minuti il serbo si è mosso come un cavallo a dondolo, quasi immobile, ma comunque pericoloso. Nel frattempo, il monegasco gli ha strappato il servizio nell’ottavo game e ha chiuso 6-3 con la spregiudicatezza di chi capisce che certi treni passano una sola volta.

    Il secondo set è stato più simile a un esame di maturità che a un parziale di tennis. Djokovic ha salvato due palle break in un game da quattordici punti, ringhiando come sempre, ma il break lo ha comunque subìto nel nono gioco, regalando il 5-4 con un doppio fallo da principiante. Quando succede a uno come lui, capisci che c’è qualcosa di scritto nell’aria. Nel gioco decisivo, Nole in risposta è risalito dal 30-0 a una palla break circonfusa di nefasti presagi (nefasti per l’avversario, s’intende). Del resto, quante partite già perse ha vinto Nole in carriera? Ma stavolta la storia non è scesa in campo. Djokovic ha annullato un primo match point con un rovescio lungo linea dei suoi, ma sul secondo nulla ha potuto: servizio vincente di Valentin e buonanotte ai suonatori.

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    E qui il dettaglio umano che vale più di mille colpi: Vacherot sorride, guarda a destra, verso il suo angolo, poi abbassa la testa e tende la mano a Djokovic: “Mi dispiace aver vinto così, come stai?”, gli dice, al che il serbo — leggenda, ma pure signore — risponde: “Lascia perdere, te la meriti“.

    Se la merita, sì. Anche perché questo ragazzone da Montecarlo, cugino di Arthur Rinderknech (pure lui in semifinale: roba da saga familiare, ma ne abbiamo già parlato), fino a dieci giorni fa aveva guadagnato 594.000 dollari in tutta la carriera, e solo per essere arrivato in finale a Shanghai ne incasserà 597.890. In una settimana, tremila euro in più di quanto guadagnato in una vita intera. Altro che stage aziendale.

    Ora, in finale, lo aspetta Daniil Medvedev. E se non dovesse esserci Medvedev, sarebbe derby tra parenti all’ora di pranzo italiana. Un rendez-vous con vista sulla storia, come se al cenone di Natale si presentassero entrambi con la racchetta in mano.

    Sia come sia, Valentino di Monaco diventa il giocatore con il ranking più basso a disputare un ultimo atto in un “Mille” da quando l’impresa riuscì ad Andrei Pavel, numero 191 del mondo a Bercy il giorno dei morti del 2003.

    Djokovic, intanto, avrà tempo per curarsi la schiena. Ma soprattutto per sviluppare un ragionamento: Uno può giocare con la leggerezza di chi non ha niente da perdere per un set, due set ma, al dunque, in quei casi vinco sempre io. Perché stavolta non è successo?“. Diciamo pure che trattasi di bozza, magari di incauta ipotesi, ma secondo me non siamo lontani da ciò che frulla nella testa della leggenda da Belgrado.

    A volte le classifiche ATP sono solo numeri, e il tennis resta ancora un gioco da bambini che inseguono una pallina sperando che qualcuno racconti la loro storia.

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