Nel 1988, fu Tomba a farci diventare tutti esperti di sci. Oggi, grazie a Sinner, è il tennis a trasformare il Paese in una nazione di tecnici e appassionati. E noi, veterani con la racchetta, dobbiamo rispondere: ‘presente!’
“You Cannot Be Serious” a cura di Paolo Porrati
27 febbraio 1988
È la sera del 27 febbraio 1988, e a casa Porrati la serata si sta dipanando secondo la tranquilla routine familiare di quell’era priva di stimoli agitali assortiti e personalizzati: mia madre e mio fratello sedicenne in sala davanti al televisore grande, a guardare
distrattamente la serata finale del Festival di Sanremo, io e mio padre in cucina a leggere e sbirciare non so cosa sul televisorino piccolo.
Ad un certo punto però la situazione cambia. Miguel Bosè e Gabriella Carlucci, che conducono la serata, interrompono la rigida programmazione delle canzoni e si collegano con Calgary, dove è in corso la seconda manche dello Slalom Speciale delle Olimpiadi. Come richiamati da un suono ancestrale, ci ridestiamo tutti e quattro dalle rispettive sonnolenze e seguiamo ammutoliti il nostro sciatore conquistare il secondo oro olimpico.
Di lì a qualche secondo siamo in piedi ad applaudire come dei forsennati, idealmente uniti al pubblico dell’Ariston e al resto della nazione. Ricordo solo un momento di così intenso e festante giubilo personale, sei anni prima quando vincemmo il Mondiale. In quel caso l’abbraccio che mi cinse dopo il trionfo fu quello di una bella ragazza e non di mia mamma, per cui per forza di cose l’evento non ha la medaglia d’oro dei miei ricordi giovanili, ma rammento con chiarezza l’esaltazione che io e tutto il paese provammo in quei mesi.
Diventammo tutti appassionati ed esperti di sci, anche quelli che come me gli sci dal vivo non li avevano mai visti, se non sulla montagnetta di Milano dopo la grande nevicata del 1985. Discutemmo di cose che mai avremmo pensato prima di considerare, Slalom Speciali e preparazione atletica sulla neve. E parlammo, tanto, di sciolina.
Quella sostanza, per quanto ne sapevamo una cosa a metà strada fra l’unguento miracoloso e l’arma segreta di 007, divenne argomento di conversazioni accanite e feroci, anche da parte mia. E l’amico che per sua fortuna sapeva realmente cosa fosse divenne la compagnia più ambita di qualsiasi festa, addirittura più della bionda con gli occhi azzurri che faceva girare la testa a tutta la classe.
Oggi
E ora, sta succedendo la stessa cosa. Da circa un anno le meritate fortune dell’Italia con la racchetta, guidata da questo strano ragazzo dai capelli rossi, un italiano un po’ stentato e una volontà di ferro hanno trasformato un paese che associava alla racchetta gli sbiaditi ricordi di una Davis di cinquant’anni fa in una fucina di tecnici espertissimi e appassionati.
Costantemente sollecitati (e solleticati) da una presenza pubblicitaria ai limiti del Big
Brother di Orwell, tutti sanno chi è Sinner e quali sono le sue prossime partite. Passata la fase del “Ma il nome si scrive con la J o con la Y?”, ora tutti hanno maturato un’opinione (che non vedono l’ora di condividere) sul caso Clostebol, tutti sanno la differenza di carattere e di gioco fra lui e Alcaraz, tutti hanno una propria versione del motivo per cui Panichi e Badio sono fuori dal team.
Non è più la sciolina, ora è tempo di incordature. E, ora come allora, tutti cercano un esperto cui rivolgere le domande che non si possono fare in pubblico per non apparire, ora come allora, fuori dal mondo.
E qui sta il bello della faccenda per noi che lo sport del “You cannot be serious” lo seguiamo da tempo. Siamo stati involontariamente investiti da una genuina popolarità che ci ha elevato al rango di “tu che sei esperto di tennis” anche quando magari abbiamo messo insieme a fatica i punti per non retrocedere da 4.6 a 4NC. Ma in mancanza di meglio, è a noi che arriva la domanda su Pedro Martinez prossimo avversario del Numero 1 (domanda peraltro non banale, chi mai lo conosce… per fortuna, l’articolo letto sul Magazine di TennisTalker mi è venuto in soccorso).
All’inizio ci siamo inorgogliti, abbiam fatto il petto tennistico grosso, abbiamo dispensato perle di saggezza assortite condite da opinioni personali spacciate da verità assolute. Abbiamo fatto gli esperti, appunto. Poi il gioco si è fatto grosso, e le persone che prima pendevano dalle nostre labbra hanno maturato opinioni proprie, magari confezionate nel magma social che pervade tutto l’etere, e chiedono a noi
di confermarle e smentirle.
E forse ci sentiamo un po’ risentiti, tentati di abbandonare al suo destino il collega che ci chiama deluso, in piena sintonia col lutto nazionale post Roland Garros per dirci “secondo me non si riprende più, Sinner è finito”. E invece no, è qui che noi appassionati di tennis da sempre, quelli che “io c’ero quando il Fogna ha vinto a Montecarlo” dobbiamo fare fronte. Unirci e rispondere con pacatezza, pazienza, spiegando che il Rosso si rifarà, che il Tennis dà e toglie, che Jas non è sopravvalutata perché chi arriva al 4 del mondo non ci arriva mai per caso.
Lo dobbiamo fare non per loro, i nuovi seguaci del culto del tennis. Dobbiamo farlo per noi. Per ricordarci della sciolina.
E se poi lo vorremo, con alcuni nuovi appassionati accuratamente selezionati, in una
serata fredda di dicembre fra la fine delle Finals e l’inizio di Melbourne, davanti a un
camino con in mano un Legrein di San Candido, potremo dire: “Siediti, che ti racconto di Bublik e di Moutet”.

You cannot be serious è la nuova rubrica settimanale di Tennistalker Magazine dedicata a tutto ciò che nel tennis non rimbalza ma … fa rumore lo stesso! A cura di Paolo Porrati: accanito “quarta categoria”, è stato Giudice Arbitro per la FITP e ha partecipato da spettatore a tutti gli Slam, Finals Davis e Olimpiadi. Il suo romanzo giallo “Lo Sport del Diavolo”, pubblicato da Laurana Editore e ambientato nel mondo del tennis, è stata la sorpresa letteraria sportiva dello scorso anno.