Luca Bottazzi – Quando i giocatori di tennis entrano in campo si prospetta loro un orizzonte con due possibilità: la vittoria e la sconfitta.
Un destino segnato, al quale nessuno può sfuggire. Aspetti opposti, dunque, dei quali si occupava lo scrittore inglese Rudyard Kipling nella poesia “Se”, dedicata al figlio. Un testo di fine Ottocento, successivamente immortalato all’ingresso del campo centrale di Wimbledon.
Parole attraverso le quali il letterato suggerisce una filosofia, uno sguardo sul mondo per affrontare il tortuoso cammino dell’esistenza. In pratica, egli evidenzia come sia necessario prendere le distanze dai due impostori per eccellenza, costituiti per l’appunto dalla vittoria e dalla sconfitta.
La sconfitta come lezione di vita – Luca Bottazzi
Resta un mistero comprendere un’evidente mancanza: la ragione per cui nessuna scuola al mondo, neppure a livello universitario, prepari in modo compiuto i discenti ad affrontare un destino per tutti assolutamente certo. In particolare se guardiamo al fattore “sconfitta”, autentico laboratorio capace di formare il campione, secondo il più grande coach con la racchetta in mano di tutti i tempi: l’australiano Herry Hopman.
La sconfitta, per coloro i quali la sanno realmente elaborare, è una opportunità unica in grado di portare l’individuo verso un processo di auto-riflessione. Un’evoluzione decisamente molto più profonda rispetto all’armonia seducente e leggera della vittoria.
Difatti, attraverso l’osservazione degli errori è possibile elaborare dei piani operativi funzionali. Ulteriormente, sapersi rialzare da ogni inevitabile caduta nel tennis, così come nella vita, risulta essere quella dotazione determinante capace di fare la vera differenza verso il successo.
“Se non sai perdere, non imparerai a vincere!”
É una delle massime del grande Bjorn Borg, una leggenda con cui avevo l’onore di ricoprire il ruolo di sparring, nei favolosi anni Ottanta. Possibilmente, l’incapacità di affrontare tale evenienza è alla radice di molte sconfitte, dei mancati progressi, di carriere sfumate. Una sostanza che impedisce la costruzione di un vitale equilibrio psicologico. Del resto, è facile osservare come il campione possegga invece gli anticorpi per digerire gli sbagli, così come la sconfitte. Per fronteggiare questa situazione e conseguire delle competenze utili, i suggerimenti sono molteplici.
Tra questi, nella speranza di rendere un servizio utile agli appassionati, riporto un breve stralcio relativo a un saggio del Leonardo del Tennis, l’inarrivabile Bill Tilden.
“Il primo e più importante aspetto della partita consiste nel saper come perdere. Perdi con generosità da autentico sportivo. Questa è la prima grande legge del tennis, e la seconda le assomiglia molto: vinci con modestia, allegria e generosità, da autentico sportivo. L’obiettivo della partita è vincere, ma nessun credito va al giocatore che vince slealmente. Ribadisco, vincere è l’obbiettivo e per ottenerlo ogni giocatore dovrebbe lottare fino allo stremo delle forze, fino all’ultimo respiro. Se lo farete e perderete, avrà vinto il migliore. Se non lo farete, avrete sottratto al vostro avversario il diritto di battervi al meglio. Siate corretti con entrambi, con il vostro avversario e con voi stessi.”
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