La due volte vincitrice di Wimbledon chiuderà la carriera al prossimo US Open, dopo il ritorno in campo seguito alla maternità e una stagione segnata da poche soddisfazioni. L’addio accompagnato da un sorriso tenue, come le dichiarazioni rilasciate al Guardian
Petra Kvitova ha preso la sua decisione a metà giugno. La tennista ceca, con il pudore elegante che l’ha sempre contraddistinta, ha fatto sapere attraverso il proprio profilo Instagram che avrebbe lasciato il tennis alla fine dell’estate, con lo US Open come ultimo palcoscenico. Due titoli a Wimbledon, nel 2011 e nel 2014, hanno reso per sempre immortale la carriera di Petra, trascorsa esibendo alcuni fra i colpi più puliti del circuito e un sorriso che non ha mai smesso di disarmare avversarie e pubblico.
Quando la campionessa di Bilovec è rientrata all’inizio del 2025 dopo la maternità, le sono serviti cinque tornei per ritrovare una vittoria. Ma le sue performance sono state molto lontane da quelle viste in passato. Forse troppo lontane, talmente lontane da portare la ragazza ceca verso la decisione ultima e irrevocabile. Soltanto un successo, a Roma, poi sette sconfitte e un ritiro. La due volte regina di Wimbledon ha ammesso che la motivazione non è più la stessa. Eppure la serenità le rimane, intatta, perché Petra è fatta così: “Probabilmente è stata la mia personalità ad avermi impedito di vincere di più. Forse avrei potuto lavorare più duramente, forse mi sono affidata troppo al mio talento, ma ognuno ha la propria mentalità e questa è la mia, che mi ha portata dove mi ha portata”, ha confidato la ceca al Guardian.
L’ex numero due del mondo – anche un alloro da Maestra raccolto alle Finals di Istanbul 2011 – ha riconosciuto di avere lasciato incompiuti alcuni sogni: la vetta del ranking, per esempio, ma anche il bottino di Slam sarebbe potuto essere maggiore. Kvitova, tuttavia, non si tormenta, non è nel suo stile. “Essere numero uno non mi avrebbe resa più felice, eppure, anche se si tratta solo di un numero, la vetta della classifica avrebbe dato alla mia carriera tutta un’altra caratura. Ho perso la finale dell’Australian Open 2019 contro Naomi Osaka, che giocò in modo straordinario: anche quello è un rammarico, ma si può essere davvero rammaricati quando hai fatto del tuo meglio contro un’avversaria che è stata più brava di te? Ci sono sempre incognite, ma non cambierei nulla”.
Oggi Petra Kvitova parla con la dolcezza di chi si sente pronta a lasciare gran parte di ciò che è stata la sua vita per quasi trent’anni. “Sono mentalmente esausta, non ne posso più. Prima entrava tutto, ora non è più così. Amo ancora il tennis, ma tutto il resto — gli spostamenti, l’attesa, gli allenamenti — è diventato faticoso. E con un figlio la vita è diversa: voglio passare più tempo con lui”.
Il ricordo più luminoso resta la seconda vittoria a Wimbledon, nel 2014, in finale contro una collega che l’ha anticipata di poco nel passo d’addio, Eugenie Bouchard: “La sensazione di rivivere il trionfo già conosciuto, di saperlo e volerlo ancora, è impagabile e irripetibile”. In quella frase c’è tutta Petra Kvitova: il talento cristallino, la fragilità mai nascosta, la grazia con cui si congeda. E un addio che somiglia più a un sorriso che a un rimpianto.