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    L’erba di mezzo: cos’è successo nei primi sei giorni a Wimbledon

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    Caldo tropicale, pioggia dispettosa e cadute eccellenti: Sinner avanza, le gerarchie vacillano e oggi si gioca, anche se è domenica

    Normalmente la Middle Sunday era dedicata al riposo e alla cura dei fili d’erba. Oggi, nella centrifuga in cui si sono trasformati i tempi moderni, la manutenzione non è necessaria, perché il giardinaggio ha fatto passi da gigante e dunque si va di fretta, bisogna lavorare. E allora da qualche anno è stato pensionato il Manic Monday – ma su questo torneremo – e si gioca anche la domenica, il settimo giorno in cui Dio riposò ma insomma non è che il diritto alla siesta possa essere esteso indeterminatamente anche ad altri.

    Per inveterata consuetudine, noi scribacchini con i peli della barba tendenti al grigio la domenica di mezzo eravamo soliti tirare un primo bilancio, e fatichiamo a cambiare un’abitudine alla quale eravamo affezionati. Dunque, anche se la prima settimana si conclude tecnicamente con i match in programma oggi, un rendiconto – pur monco – lo facciamo lo stesso. Perché ci piaceva così e le gioie della vita, intendo quelle accessibili, sono talmente poche che non vediamo il motivo di privarcene.

    Giorno 1 – Lunedì 30 giugno

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    Nel tropico di London Town – 29 gradi centigradi alla partenza di lunedì ( “La giornata d’esordio più calda di sempre”, hanno precisato gli storici) – Carlos Alcaraz ha dovuto sudare cinque set contro Fabio Fognini prima di inaugurare la caccia al tris, mentre Aryna Sabalenka ha tremato solo un set, il secondo, contro Carson Branstine. Ma a rubare la scena sono stati i termometri e gli scivoloni eccellenti: Daniil Medvedev fuori con Bonzi, Holger Rune rimontato da Jarry, Matteo Berrettini buttato giù da Majchrzak. Nel crepuscolo bollente, Stefanos Tsitsipas si è ritirato con la schiena dolente dopo aver ceduto i primi due set al qualificato francese Valentin Royer: l’indomani il suo stesso coach Goran Ivanisevic lo impallinerà definendolo un disastro dal punto di vista fisico.  Mancava solo “a casa facciamo i conti”. Si prospettano giorni foschi per il Dio greco, pure separatosi dalla fidanzata recentemente, pare.

    Giorno 2 – Martedì 1 luglio

    All’improvviso Wimbledon è diventato un campo minato: Coco Gauff (seconda testa di serie) cacciata da Dayana Yastremska e Alexander Zverev (terzo favorito nel maschile) sventrato da Arthur Rinderknech in quattro ore e mezza, ma il francese avrebbe avuto le occasioni per vincere anche con minori sforzi. Con loro sono saliti a otto i top-10 complessivamente eliminati nei primi due giorni, record dell’era open. In tutto questo marasma una buona notizia l’ha ricavata il tennis italiano: Elisabetta Cocciaretto ha steso Jessica Pegula, terza favorita al via, pure senza scomporsi troppo. Per il resto, Jannik Sinner ha concesso a Luca Nardi appena sette game e Flavio Cobolli ha prenotato il suo nome per i titoli dei giornali del fine settimana.

    Giorno 3 – Mercoledì 2 luglio

    La pioggia ha spento il forno e acceso l’orologio degli arbitri: start posticipato, interruzioni a singhiozzo e Fritz chiuso sotto al tetto del Court 1 insieme a Gabriel Diallo fino alle 21,20, prima di liberarsi in coda a un’altra faticosissima vittoria al quinto set dopo quella ottenuta al primo round contro Mpetshi Perricard. Emma Raducanu ha stappato l’Aspall riserva dopo aver eliminato Marketa Vondrousova; Carlos Alcaraz ha infilato la ventesima vittoria di fila passeggiando sull’universitario squattrinato Oliver Tarvet; e Aryna Sabalenka ha regolato Bouzkova ma già annusava la tempesta Raducanu. Intanto uscivano Jasmine Paolini (finalista 2024) e altre sei teste di serie: a metà torneo ne restavano in piedi 17 su 32 nel tabellone femminile. Un maremoto.

    Giorno 4 – Giovedì 3 luglio

    Con il sole a sprazzi è tornata una parvenza di “normalità”, parola d’ordine di Novak Djokovic, che ha salutato Dan Evans senza sudare e ha fatto sapere di sentirsi “a casa, come sempre qui”. Le big, però, hanno continuato a cadere: Petra Kvitova, due volte campionessa in tempi ormai remoti – come passa il tempo quando ci si diverte – è stata accompagnata all’uscita da Emma Navarro, e Barbora Krejcikova ha faticato con Dolehide, anche se la campionessa in carica dovrà comunque cedere lo scettro a ignoti due giorni dopo. Cameron Norrie ha riacceso i sogni britannici togliendo di mezzo Frances Tiafoe, mentre Jack Draper ha clamorosamente pagato dazio al redivivo Marin Cilic – trentasei anni – e se l’è presa con il nuovo sistema di line-calling “tutto algoritmo”.

    Giorno 5 – Venerdì 4 luglio

    Centre Court in modalità bolgia per Sabalenka-Raducanu: la numero 1 ha salvato un set-point nel tie-break, poi ha chiuso in due, lodando la rivale (“tornerà top-10”). Nella giornata delle grandi firme hanno salutato, già che c’erano, anche Madison Keys, Naomi Osaka ed Elina Svitolina. Il bi-campione in carica Alcaraz ha superato Struff, anche se ancora denotando parecchi alti e bassi. Sul fronte femminile, la favola di Sonay Kartal (prima britannica agli ottavi dal 2021) ha preso quota, mentre Ben Shelton ha impiegato settanta secondi per servire tre ace e completare un match sospeso il giorno precedente: record di velocità tennistica.

    Giorno 6 – Sabato 5 luglio

    Le nuvole hanno scompigliato il programma, ma non il braccio di Jannik Sinner: 6-1 6-3 6-1 a Pedro Martínez, 46 vincenti, zero break concessi e un ottavo con Grigor Dimitrov da bere come un bicchiere di Pimm’s a base vodka con cetriolo annesso. Tutto liscio come l’olio. Belinda Bencic ha fermato l’onda di Cocciaretto dopo quasi tre ore di lotta e più di qualche rimpianto dalle parti di Ancona, mentre Clara Tauson ha fatto il colpo grosso eliminando Elena Rybakina, regina dell’edizione 2022. Nel frattempo, encomiabile ma comprensibilmente arrancante, la campionessa in carica Krejcikova ha ceduto definitivamente a Navarro, lasciando il trofeo senza padrona designata.

    Il sabato di Church Road ha promosso anche Flavio Cobolli, primo ottavo Slam della carriera, e Lorenzo Sonego, portando a tre il numero di giocatori italiani al quarto round di Wimbledon, fatto mai successo nella storia. E a proposito di record, chiudiamo con un tizio che di primati se ne intende. Bastonando senza rimorso il connazionale Kecmanovic, Novak Djokovic è entrato nel ristrettissimo gruppo di tennisti capaci di vincere almeno 100 partite ai Championships. Gli altri due? Martina Navratilova (120 vittorie in 134 incontri) e Roger Federer (105 su 119). Come dire che si può capitare in compagnie meno prestigiose.

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