Rune, Ruud e Paul KO in Messico: virus, intossicazione o che altro? Sascha, novello terraiolo, non disdegnerebbe arrotondare. Scattato il semaforo verde al primo “Mille” stagionale: Nole vuole liberarsi di Federer e Agassi
No, qualcuno mi ha fatto balenare l’idea: e se ad Acapulco, tra un’ipotesi di virus e una sentenza d’intossicazione, fosse solo andata in scena una festa di quelle toste? Ruud, Paul e Rune, sei gin tonic a testa, e poi il fernettino in coda per sgrassare: hangover feroce. Rune, povero, ha pure tentato di prendere la racchetta in mano contro Nakashima, per ritirarsi dopo soli tre game. “Mi scusi signora, mi gira il campo”. Dubitiamo sia andata così, ed è un peccato: al serio (le presumibili, lunghissime sedute, o inginocchiamenti, sulla tavoletta) si sarebbe preferito un pizzico di faceto. E poi, mi dicono, nello Stato di Guerrero si gioca in un resort da sogno: volendo, lo scenario per una fiesta sarebbe stato adeguato. A rimetterci, in fin dei conti, è stato solo il povero Tomas Machac, che ad Acapulco ha vinto il primo titolo della carriera (e che titolo) e la cui impresa è stata oscurata dalle inopinate complicazioni gastrointestinali dei colleghi.
Un altro che, presumiamo, vorrà dimenticare in fretta la trasferta in America Latina è Sascha Zverev, il quale aveva optato nello sgomento generale per la gira sudamericana preferendola al sottotetto europeo e al cemento nordamericano. Perché, Sascha? Nel tentativo di capire i motivi della scelta si sono espressi tutti, tutti avanzando la loro personalissima ipotesi: secondo alcuni, considerati i parterre non fantastici di Buenos Aires, Rio e Acapulco, il buon Alexander sarebbe stato ingolosito dalla possibilità di ingozzarsi di punti facili, utili a rincorrere il cristallizzato numero uno di Jannik Sinner, costretto a guardare il tennis dal divano fino a metà maggio. E infatti sono arrivati tre sculaccioni, due secondi turni e un quarto di finale, con la perla del terzo set perso a Rio contro l’onesto Comesana subendo un parziale di cinque game a zero dal 4-1 a suo favore.
Altri hanno invece addebitato la strana decisione al completamento del processo di mutazione del tedesco, ormai trasformatosi in terraiolo doc e quindi indisponibile a rinunciare a un primo assaggio d’argilla per prendervi confidenza prima degli altri, in modo da costruirsi un piccolo ma significativo vantaggio sulla concorrenza quando, da metà aprile, il gruppo inizierà ad avere a che fare con il materiale edilizio. Anche questa teoria ci lascia un po’ così: può il numero due del mondo, in ragione di un obiettivo lontano ancora due mesi, sacrificare il primo, importantissimo “Mille” stagionale? Sarebbe strano. Più facile credere che Sascha, come tutti i lavoratori della racchetta sensibili a un certo tipo di questioni, abbia accettato il famoso assegno che i tornei di categoria 250 e 500 hanno la facoltà passare alle stelle che intendono invitare per i “servizi promozionali” resi da queste ultime al torneo medesimo. Un detto e non detto che da secoli fa sbellicare chiunque dalle risate e che pure è regolamentato nel sacro Rulebook dell’ATP al capitolo 1, paragrafo 1.15, lettera B. Una norma che soddisfa più o meno tutti, anche se un po’ stona con lo spirito del gioco, ma che ci vuoi fare? Nella testa di Zverev la tentazione deve aver fatto breccia, e sempre che altre motivazioni a noi sconosciute non si siano negli scorsi mesi manifestate, non escluderemmo che la decisione dell’amburghese sia stata influenzata anche da questioni pecuniarie.
Nel frattempo, ridendo il giusto e scherzando poco, ieri notte sono scattati i primi incontri del tabellone principale di Indian Wells, che per ora mi pare continui a conservare de facto lo status di quinto Slam, sebbene delle mire espansionistiche di Roma abbiano parlato in molti (anche noi tra i tanti). Senza Sinner, con Zverev messo come abbiamo scritto e Alcaraz altalenante lui pure, difficile appoggiarsi a graniti di certezza, e forse è meglio così. Possiamo attenderci qualche mattana da Medvedev, o qualche ulteriore deflagrazione delle stelle rampanti Fonseca e Tien. In alternativa, e in mancanza d’altro, ci siederemo attorno a un tavolo, accontentandoci di consultare per l’ennesima volta il libro dei record alla voce “Novak Djokovic”.
Sempre pronto a trovare il nuovo mostro da sconfiggere nel videogame della sua carriera, Nole in California può sollazzarsi con alcune nuove sfide; quattro per la precisione: innanzitutto ci sarebbe da andare a vincere il benedetto torneo numero cento, ma non sarà abbastanza. Il ventiquattro volte campione Slam vorrà provare a completare per la quarta volta il Sunshine Double, impresa già riuscitagli nel 2011, 2014 e 2016: dovesse farcela, il cannibale serbo recupererebbe a strascico altri due primati, staccando Roger Federer a livello di trionfi nel deserto di Palm Strings (al momento i due sono appaiati a 5) e Andre Agassi nel numero di coppe sollevate a Miami (sei pari mentre scriviamo). Quando ci sono di mezzo Nole, cifre e pallottolieri, conviene prenotare birrette e popcorn. Magari anche i gin tonic, anche se poi, nel caso, il rischio di finire come ad Acapulco c’è eccome.