Alla sede Nike di via Roma, una chiacchierata raccolta con venti ragazzi, due coach e un campione che parla più di equilibrio che di colpi vincenti. Tra i presenti anche noi di Tennis Talker Magazine

Torino, via Roma, pomeriggio terso di novembre. Dentro la sede Nike, il brusio dei giovani tennisti si mescola al ronzio dei microfoni. Una ventina di ragazzi, qualche tecnico, pochi giornalisti: e un Jannik Sinner che entra in punta di piedi, con la stessa discrezione con cui esegue un rovescio lungolinea. È in città per le ATP Finals, ma qui non si parla di ranking né di percentuali sulla prima: il tono è quello delle cose che contano, onestà, determinazione, semplicità.

L’incontro, a numero chiuso, ha il ritmo di un palleggio ben scandito. Domande brevi, risposte essenziali, nessun vezzo mediatico. “Siate onesti con voi stessi, anche quando le cose non girano”, dice Jannik, con quella voce bassa e tenue che somiglia a una dichiarazione di principio. Poi il numero uno del mondo aggiunge che la semplicità è un’arma preziosa, “soprattutto nei momenti in cui tutto si complica”. Il pubblico ascolta, annuisce, forse immagina già di portare quel mantra in campo domani mattina.

Eppure, la parte più curiosa arriva quando si parla di routine e riposo. Sinner confessa che prima dei match dorme sempre. Non un pisolino qualsiasi: un sonno vero, profondo, fino a poco prima del riscaldamento. “Mi sveglio circa quarantacinque minuti prima di entrare in campo”, dice, e la sala mormora sorpresa. (Del resto, ne avevamo già scritto, in un articolo di Vanna Rizzo pubblicato ieri sera). Per lui è questione di lucidità, di mantenere i nervi calmi e la testa limpida, come un circuito che deve restare in temperatura costante.

Nel racconto ci sono le piccole manie da camera d’albergo, rivelate con un sorriso: la finestra leggermente aperta, la luce naturale al mattino, l’aria che circola. “Ho paura del buio”, confessa senza scomporsi, come se parlasse di un drop shot andato male. E forse è proprio da questa sincerità disarmante che nasce la sua tenuta mentale. Crearsi un habitat sereno, un piccolo mondo abitabile anche quando sei in un’altra città ogni tre giorni.

Nel capitolo delle passioni fuori dal tennis, Sinner non esita: golf e motori. Il primo è esercizio di pazienza e concentrazione; il secondo, un amore antico per la velocità. Da bambino i go-kart, oggi la Ferrari e Charles Leclerc (“prima tifavo Hamilton”, ammette ridendo). Il senso è sempre quello: rilassarsi restando vigili, trovare una forma diversa di adrenalina che non consumi ma nutra.

A completare il quadro, due uomini che di vita ancorata al tennis sanno tutto: Darren Cahill e Simone Vagnozzi, la coppia tecnica che dal 2022 tiene insieme metodo e intuito, analisi e sudore. Cahill parla con la calma di chi ha visto tutto: da Agassi a Halep, passando per Hewitt. “Il segreto è bilanciare il carico fisico e quello mentale”, spiega ai ragazzi, “perché l’uno senza l’altro non porta da nessuna parte”. Vagnozzi, invece, si concentra sulla tattica: micro-aggiustamenti, lettura del punto, gestione dei momenti chiave. Due binari che scorrono paralleli verso lo stesso obiettivo: la continuità.

Si chiude con applausi discreti, sguardi attenti e qualche taccuino pieno di appunti. Sinner saluta tutti, poi si volta e sorride: “Adesso vado a dormire un po’”.

E in quel sorriso, lieve come una carezza, c’è già tutto il segreto del suo tennis: essere svegli anche quando si dorme.