Se vi siete persi l’intervista a Jannik Sinner andata in onda su Sky, qui trovate tutto quello che ha detto il numero uno del mondo nella sua chiacchierata più sincera dell’anno
Per il quarto anno consecutivo, Jannik Sinner si è raccontato in una lunga intervista esclusiva su Sky Sport, condotta dal direttore Federico Ferri. L’incontro, andato in onda dal Centro Oncologico di Candiolo, è stato anche un momento di riflessione profonda davanti a medici, ricercatori e pazienti della Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro, con la presidente Allegra Agnelli presente in sala.
Se non avete Sky o non avete avuto modo di seguirla, potete leggere qui un riassunto dettagliato di tutte le parole di Sinner: un racconto autentico, tra bilanci di stagione, vita fuori dal campo, Wimbledon, Alcaraz, il futuro, la Coppa Davis e il rapporto con la famiglia.
“A Candiolo capisci cosa conta davvero”
Sinner ha aperto la chiacchierata parlando del significato speciale di fare l’intervista in un luogo come Candiolo: “È la terza volta che entro qui. Ti rendi conto di cosa sia davvero importante nella vita. Noi atleti spesso pensiamo solo a vincere o perdere, ma appena hai anche un piccolo problema fisico capisci che vuoi solo stare bene. Qui ci sono persone molto più importanti di noi”.
Wimbledon, la storicità e la consapevolezza
Alla domanda di Ferri su quanto Sinner realizzi la portata storica di quanto fatto, Jannik risponde: “Io vivo molto nel presente. So cosa ho fatto, ma non mi soffermo troppo: nel tennis si gioca quasi ogni settimana. Ci pensi solo in vacanza, a fine stagione. Wimbledon mi ha cambiato, perché è il torneo del tennis. Alzare quel trofeo per me e per l’Italia è stato speciale”.
Ha ricordato anche la tensione e la preparazione che hanno preceduto quella vittoria, spiegando come la sconfitta al Roland Garros contro Alcaraz sia stata una ferita ma anche un punto di svolta.
“Dopo Parigi ero distrutto. Ma da lì è iniziato tutto”
Sinner ha raccontato il post Roland Garros, la partita più lunga della storia di uno Slam: “Avevo tre match point. Non riuscivo a dormire per giorni. Carlos ha giocato da Dio, ma quella sconfitta mi ha fatto capire che dovevo lavorare ancora tanto. Poi a Halle ero svuotato, ma a Wimbledon mi sono ritrovato. Ho capito che ero migliorato da Parigi.”
Anche Federer, dopo quel match, aveva detto che ci furono “tre vincitori: Sinner, Alcaraz e il tennis”. Jannik oggi lo riconosce: “Sì, è stato un match incredibile. Mi fa piacere che la gente ancora ne parli. Rimarrà nella storia”.
“Non sono schiavo del tennis, ma innamorato”
Sul tema della dedizione totale allo sport, Sinner ha risposto: “Io non mi sento schiavo, ma pieno di passione. In campo mi sento al sicuro. Quando le cose vanno bene, devi lavorare ancora di più: è lì che fai la differenza. Certo, ci sono sacrifici: esco pochissimo, mangio sempre bene, dormo presto. Ma a me piace così. Io sono fatto così.”
Ha aggiunto che, anche dopo Wimbledon, ha vissuto un piccolo calo fisiologico: “È impossibile stare al top per un anno intero. L’importante è che il calo non ti porti troppo giù. Penso di essere bravo a gestirlo”.
L’umiltà, i modelli e il valore delle persone
“Ho sempre pensato che noi atleti non cambiamo il mondo. Le persone che fanno la differenza sono quelle che curano, che aiutano. Noi tiriamo una pallina in campo. Possiamo ispirare, ma non cambiamo la vita.”
Un messaggio fortissimo, accompagnato da lunghi applausi.
Sinner ha poi ricordato i suoi modelli: inizialmente Seppi, poi Federer, Nadal, Djokovic. “Sono persone incredibili, ma restano persone”.
Il futuro con Cahill
Sinner racconta che dovrà parlare con Darren Cahill a fine stagione per decidere il futuro, ma spera di convincerlo a restare ancora un anno. Il coach australiano, che ha compiuto 60 anni ed è nel tennis da oltre 40, è per Jannik molto più di un allenatore: una figura paterna e un punto di riferimento che tiene unito tutto il team, specialmente nei momenti difficili. Sinner lo considera fondamentale per la propria crescita e anche per quella di Simone Vagnozzi, e riconosce la pressione che entrambi hanno affrontato.
Popolarità e piedi per terra
Sinner ha parlato anche del suo rapporto con la fama e dell’importanza di avere le persone giuste accanto: “Io ho solo 24 anni. La parte umana deve stare sempre sopra al tennista. Ho avuto la fortuna di avere vicino Alex Vittur, che mi ha sempre frenato quando serviva. Se no rischi di montarti la testa.”
E ha ringraziato i genitori: “Mi hanno sempre detto che dovevo essere felice, non per forza vincente. Sono le mie fortune più grandi, insieme al mio team”.
La famiglia, la madre e… la tribuna
Sinner ha scherzato sulla tensione di sua mamma durante i match: “Dopo Parigi le ho detto: ‘Hai superato questo, puoi superare tutto’. Ora ha chiesto consigli al mio mental coach per imparare a gestire le emozioni. Non sorride più, è tutta concentrata!” (ride).
Numero 1 del mondo e la gestione della pressione
“So tutti gli scenari, ma non mi fisso. Quando giochi, devi solo pensare punto dopo punto. La pressione ti fa respirare male, ti irrigidisce. È successo a Shanghai. Ora mi concentro sul percorso, non sul ranking.”
Il lavoro tecnico e i miglioramenti
“Abbiamo cambiato tanto nel servizio: è più regolare. Da fondo campo sto imparando a variare di più. E sto lavorando per ‘giocare col punteggio’, cioè capire i momenti della partita. Quando sei avanti di un break, devi imparare a rischiare un po’ per essere pronto nei punti importanti.”
L’importanza dei video
“Vengo dallo sci, lì rivedevo tutto in video. Anche nel tennis lo faccio sempre: mi registro, riguardo il servizio, la posizione. Non servono grandi telecamere: basta un telefono.”
Il valore dei soldi e della riconoscenza
“Da ragazzo sapevo quanto costasse farmi giocare. Avevo detto ai miei genitori che se a 25 anni fossi stato ancora numero 400, avrei smesso. Non per mancanza di voglia, ma per non sprecare i loro sacrifici. Quando ho vinto il primo Challenger e ho iniziato a guadagnare, mi sono sentito più libero.”
“Sono orgoglioso di essere italiano”
Sulle critiche riguardo alla sua “italianità”: “Ci saranno sempre. Ma io sono orgoglioso di essere italiano. Questo Paese merita tanto, abbiamo talento e passione. Dobbiamo solo unirci. L’Italia è la mia forza.”
La Coppa Davis e la programmazione
“Quest’anno non ci sarò, ma abbiamo una squadra fortissima anche senza di me: Berrettini, Musetti, Cobolli e un doppio fortissimo. Possiamo vincere di nuovo. La mia scelta è stata di prevenzione: una settimana in più di recupero a fine stagione fa la differenza.”
Il pubblico e le Finals di Torino
“Mi rendo conto dell’affetto che ricevo, soprattutto dai bambini: è la cosa più bella. Ora dobbiamo tifare tutti per Lorenzo (Musetti) perchè sarebbe bello essere in due a Torino. Voglio arrivare carico e dare tutto davanti al pubblico italiano. Sarà un torneo speciale, con tanto spettacolo.”
E il “ballo con Iga Swiatek”?
“(Ride) Avevo bevuto un po’ prima! Ma la foto che amo di più resta quella con mio padre. Un abbraccio vero, pieno di felicità. Più di qualsiasi trofeo.”
L’intervista “Jannik, oltre il tennis – Capitolo 4°” è disponibile su Sky Sport Insider e on demand su NOW



