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    La maledizione del match point

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    Quando si tratta di match point sprecati, si parla sempre di chi li ha annullati e mai di chi se li è lasciati sfuggire. Viaggio tormentato nei risultati e nella psicologia di quelli che “mi mancava un solo maledetto punto”!

    You Cannot Be Serious – a cura di Paolo Porrati

    Tempo fa, in uno sperduto torneo di Quarta categoria cui mi ero iscritto per raggranellare i punti mancanti necessari per il passaggio da 4.3 a 4.2 nell’epoca a.a. (Ante Armonizzazione), vinsi una partita annullando dieci match point al mio avversario. Che non la prese affatto bene. Non seppi cosa dirgli, in quel momento, e me ne pento. Ero troppo preso dalla centrifuga di adrenalina a mille, super-ego massaggiato e soddisfazione da gratta-e-vinci scatenata dall’inatteso e strabiliante risultato. Ma avrei dovuto comportarmi meglio, e ricordare a lui e a me che una partita di tennis per definizione non è mai finita, se non quando l’ultima pallina decide di regalarsi a uno o all’altro dei contendenti. Anche se si hanno Matchpoint a favore o contro. E soprattutto, rammentare che nella storia c’è chi se l’è passata peggio, anche molto peggio. Questo articolo, e la raccolta di sconfitte atroci patite da personaggi illustri del tennis che propone, è dedicato a quel mio avversario.

    The greatest comeback of the history

    Immedesimatevi con me. State giocando il secondo turno delle qualificazioni per entrare nel main draw del Singolare Femminile agli US Open. State giocando benissimo, e la vostra avversaria, diciottenne come voi, al contrario è in crisi nera. Come acqua che scorre libera in un fiume, vi trovate 6-0 5-0 40-0, servizio a favore. Un piccolo sforzo ed è fatta. Un maledetto piccolo sforzo. Non siete deconcentrate, anzi sapete che di là dalla rete c’è una persona che non molla mai, prova ne sono i venti match point annullati prima di vincere una partita non troppo tempo fa. Rimanete sul pezzo, e lanciate la palla in alto per servire.

    Finisce che la partita la perdete. Risultato finale per l’avversaria 0-6 7-6 6-3, con diciotto – avete letto bene, diciotto – Matchpoint non convertiti. Per vostra ulteriore sfortuna e beffa, l’exploit della vostra avversaria viene notato nientemeno che dal New York Times (mentre quello dei venti match point annullati – ad oggi record mondiale – rimane inosservata) che dedica un intero trafiletto alla vicenda come the greatest comeback of the history, la più grande rimonta di tutti i tempi, consegnandovi per sempre al lato oscuro della Storia del tennis, quello dei perdenti che non interessano a nessuno. E infatti di voi, oggi, nessuno sa nulla. A dirla tutta, neanche la vostra avversaria entra nella Hall of Fame. Certo, diventa una star, per qualche giorno. Nel torneo non va lontano e neanche la sua classifica diventa mai invidiabile, prima di un ritiro a soli ventun anni e una vita serena da insegnante di tennis in un circolo della vasta periferia americana. Vero, poi alla fine riuscite a entrare fra le prime duecento giocatrici al mondo, ma non è questo il punto. In quella giornata maledetta avete sprecato diciotto match point.

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    Questa storia pazzesca, una delle migliaia che il Tennis regala e che #youcannotbeserious cerca di intercettare, è capitata nel 1983 ad Anne Hulbert, nome che non a caso non dirà nulla a molti di voi. Come non dice nulla quello della sua avversaria Barbara Christine Bramblett, non nuova come dicevamo a rimonte pazzesche. Ma non è di lei che mi voglio occupare. Non di quelli che hanno rimontato, ma di quelli che si son fatti rimontare, con una prospettiva grandangolare assai poco in linea coi tempi moderni in cui tutti sono eroi, ma invece aderente alla realtà quotidiana con la quale ci confrontiamo tutti noi, in campo e fuori. Quella di chi perde delle occasioni che erano a portata di mano.

    Nessuno sfugge alla maledizione

    Addentriamoci in quel bosco maledetto dove gli alberi son tutte le partite perse con match point a favore. In tempi recenti è la belga Ekatarina Alexandrova ad intitolarsi una pianta nei Libema Open 2025. Undici opportunità di battere Elise Mertens e andare in finale, set dominato e ribaltamento finale per una delle partite più spettacolari della stagione. “Dopo il secondo match point contro, ho smesso di contarli” ha confessato candidamente la giocatrice nell’intervista di fine partita. Non si riportano dichiarazioni della sua avversaria, ma direi che le si possono immagiinare.

    E gli uomini? Meno eclatanti, ma più pesanti le storie che riguardano gli sfortunati colleghi di Alexandrova e Hulbert. Il parterre de roi si popola in primis con Roger Federer, che in Finale a Wimbledon 2019 serve due Championship Points contro Novak Djokovic sull’8/7 40/15 nel quinto set. Finisce come tutti sappiamo. Lo Sport del Diavolo si riprende quanto ha regalato al Serbo a Malaga quattro anni dopo, nelle semifinali di Davis. A beneficiarne è il nostro Jannick Sinner, che sul 4-5 e 0-40 annulla quattro opportunità al serbo, porta la squadra a vincere il trofeo e imprime alla propria carriera un’accelerazione poderosa, indirizzando quella dell’avversario verso una dignitosa corsia di uscita. La ruota però gira, e anche Jannik paga dazio, due anni dopo. Lo ricordiamo e ce lo ricorderemo a lungo. Quarto set in finale a Parigi, al primo vero rientro dopo la squalifica l’altoatesino frigge Alcaraz per due set, cede il terso e si guadagna tre tagliandi per l’immortalità nel quarto. Sprecati, e con essi vede svanire il sogno dello Slam.

    Completano la conformazione del bosco dei rimpianti, insieme a migliaia di altri match ignoti, uno stuzzicante Coric che si mangia sei opportunità per una doccia felice contro Tsitsipas al terzo turno di US Open 2020, l’habituée delle imprese storiche John Isner, che in una poco nota partita – rispetto al dramma con Mahut nel 2010 – ne volatilizza ben dodici contro Tommy Haas a RG13 prima di arrendersi in un doppio tie-break, e per finire – abbiamo già parlato di leiTaylor Townsend che ne vaporizza ben otto contro Barbora Krejcikova nel quarto turno di US Open 2025 . Tanto di cappello, roba da abbattere un bisonte.  

    La ferita del punto mancato

    Usciamo dal campo e stendiamoci su un lettino sul quale tutti noi ci siamo idealmente sdraiati e sdraiate. Quello dei perdenti con match point a favore. Nel tennis non esiste un dolore più sottile di quello che arriva dopo aver già visto la vittoria. Il match point è un varco mentale: per un istante, il cervello proietta il futuro — la stretta di mano, l’esultanza, il sollievo, e quando quel futuro non si realizza, il giocatore cade in una vertigine emotiva che può lasciare cicatrici durature.

    Subito dopo una sconfitta del genere, secondo gli esperti si vive una forma di dissonanza cognitiva: la mente non riesce a conciliare l’idea “avevo già vinto” con la realtà “ho perso”. È un trauma detto “da rottura narrativa”: il film interno del successo viene interrotto bruscamente, e il cervello reagisce come dopo un incidente improvviso. Federer lo raccontò (senza mai dirlo esplicitamente) dopo Wimbledon 2019, quando perse contro Djokovic dopo due match point sul suo servizio: “Ci vorrà tempo. Forse non passa mai del tutto.” Era la confessione di chi sa che non è solo una partita, ma un piccolo tradimento del destino. Molti atleti, nelle settimane successive, soffrono di una forma lieve di ansia da chiusura: esitano nei momenti decisivi del match, giocano più sul sicuro e prendono meno rischi, temono la replica del trauma.

    È una risposta simile al PTSD (Post Traumatic Stress Disorder) sportivo: il cervello associa la situazione di vantaggio a un possibile pericolo. Lo si è visto in Stefanos Tsitsipas, dopo la sconfitta con Coric allo US Open 2020: per mesi ha faticato a chiudere set anche contro avversari di molto inferiori a lui. Un caso più vecchio ma emblematico è quello di Jana Novotná (Wimbledon 1993), che dopo aver servito per il match contro Steffi Graf pianse sulla spalla della Duchessa di Kent — e impiegò cinque anni per vincere lo Slam che sentiva suo.

    Solo pochi riescono a trasformare la ferita in benzina. Serve una combinazione rara: intelligenza emotiva, supporto psicologico, e una mentalità da “problem solver”. Djokovic, dopo sconfitte simili, ha spesso dichiarato: “Non perdo, imparo. A dir la verità, adesso lo dicono tutti, anche quelli che perdono come me ripetutamente le chiavi di casa o il telefonino. Parenti e coniugi fieramente dissentono. Non impariamo. Ma dietro quella frase c’è un lavoro di ricostruzione profonda: analisi del pattern mentale, visualizzazioni guidate, dialoghi col coach per reimpostare il “focus interno”. Nel lungo periodo, chi elabora bene questo tipo di trauma tende a diventare più freddo, quasi chirurgico, perché capisce che l’emozione è il vero avversario. Nadal e Sinner, per esempio, hanno sviluppato nel tempo una mentalità di chiusura progressiva: ogni punto vale lo stesso, nessuno pesa più degli altri.

    Dal punto di vista simbolico, poi, la sconfitta da match point è un archetipo, il momento in cui l’eroe tocca il trionfo e cade, scoprendo che la vittoria non è un diritto, ma un equilibrio precario. È l’immagine perfetta della vulnerabilità umana nella performance assoluta, il colpo di spugna che separa il successo dal rimpianto.

    A me invece, in un eccesso di romanticismo forse indotto dalla curvatura anagrafica, piace pensare che la vittoria sfiorata sia come un amore non corrisposto: non smette di esistere, semplicemente continua a vivere in forma di rimpianto, per poi evaporare quando qualcosa di migliore viene lasciato accadere.

    Come dieci match point contro, annullati in uno sperduto torneo di Quarta categoria.

    YCBS-Paolo Porrati


    You cannot be serious è la nuova rubrica settimanale di Tennistalker Magazine dedicata a tutto ciò che nel tennis non rimbalza ma … fa rumore lo stesso! A cura di Paolo Porrati: accanito “quarta categoria”, è stato Giudice Arbitro per la FITP e ha partecipato da spettatore a tutti gli Slam, Finals Davis e Olimpiadi. Il suo romanzo giallo “Lo Sport del Diavolo”, pubblicato da Laurana Editore e ambientato nel mondo del tennis, è stata la sorpresa letteraria sportiva dello scorso anno.

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