Dall’Overtennis alla vergogna degli insulti alle giocatrici da parte degli scommettitori. Perché l’attuale Rinascimento del nostro sport certe volte ci fa rimpiangere… Potito Starace!
You Cannot Be Serious a cura di Paolo Porrati
Non è solo una questione di nostalgia. Ogni generazione tennistica è romanticamente affezionata ai miti che ne hanno accompagnato l’esistenza. E alle date che l’hanno scandita. Così, alcuni come il sottoscritto sono cresciuti con il cuore avvolto e protetto dalla finale di Wimbledon fra Borg e McEnroe del 5 luglio 1980. Altri, nei momenti bui del loro tennis, magari dopo il terzo doppio fallo di fila, si aggrappano al pensiero di quella del 6 luglio 2008, di finale, sempre a Wimbledon, quando Nadal sconfisse Roger.
I più agées ancora in circolazione forse invece esumeranno dal sacrario della propria memoria il 6-4 6-3 6-2 col quale Rod Laver batté Tony Roche il 6 luglio 1969 – tanto per cambiare a Wimbledon – conquistando il suo secondo Grande Slam dell’era Open, impresa mai più ripetuta. Ed è probabile che la NextGen dei tifosi si terrà strette, ovunque sia diretto il suo palpito, le cinque ore e ventinove minuti della finale al Roland Garros fra Alcaraz e Sinner del’8 giugno 2025.
E quelle date si porteranno dietro il ricordo del tennis com’era a quell’epoca, non solo sui campi dello Slam ma in quelli di tutti i giorni, nei giornali, nei circoli, nelle strade, insomma il corpo del tennis dell’epoca, fatto di cose belle e meno belle, come in tutte le epoche e non solo parlando di tennis.
Così, protetto dal sole assassino di quest’estate rovente sotto il un economico ombrellone vacanziero immaginario, provo a prendermi insieme con voi una pausa dal tennis giocato accantonando per un attimo le questioni di campo per riflettere sulle dieci cose che proprio non mi vanno giù del mio e vostro sport, proprio quando il mio e il vostro sport è il più seguito in Italia e forse nel mondo. Vediamo se siete d’accordo.
10-I completini che cambiano a ogni torneo
Ne ho già fatto cenno in “Sex & the Tennis” la scorsa settimana, la velocità con la quale le case di abbigliamento sportivo lanciano nuovi modelli è così alta che mi aspetto prima o poi che i giocatori lancino i nuovi outfit mettendoseli direttamente al cambio di campo, a partita in corso. Ho letto che questo elevatissimo turnover è la conseguenza dell’applicazione all’abbigliamento sportivo delle stesso logiche di produzione dell’abbigliamento mainstream, che vede nella continua rotazione delle collezioni una variabile di marketing per aumentare le vendite. Mi pare probabile. Non che la cosa rappresenti una tragedia, ma quanto era bello vedere la polo bianca con bordature dorate di Roger a Wimbledon nel 2009, precipitarsi a comperarla e spendere un patrimonio senza esitazione per poi indossarla orgogliosi e senza sentirsi fuori moda dopo venti minuti?
9-Il nazionalismo retrattile e le stucchevoli polemiche su Sinner
Orfano per demeriti ripetuti della Nazionale di Calcio, e per decorrenza dei termini fisici di campioni planetari come Valentino Rossi e Federica Pellegrini, il nazionalismo sportivo italiano si ritrova per forza di cose a doversi focalizzare su questo ragazzo altoatesino dai colpi pesantissimi e dal sorriso leggero. Naturalmente ci sono eccezioni lodevoli come Tamberi e la Brignone, ma si tratta di stelle stagionali mentre il tennis assicura un alimento continuo per il suo vorace appetito.
E come sempre, si sente il bisogno di dividersi in fazioni, di trovare difetti, di argomentare, contro argomentare e se possibile insultare – sempre online, per carità – perché da sempre questo è il paese in cui bisogna avere successo ma non troppo. “In fondo non è italiano”, “Doveva essere messo al 41bis per lo scandalo della vicenda Clostebol”, “La Finanza dovrebbe essere a scartabellare i suoi incassi a Montecarlo invece che nel retro della mia pizzeria a controllare la scadenza della mozzarella”. Di robe così non ce se ne libera, Ma quanto mi mancano i tempi in cui per sentire un tifoso di tennis dire “A Panà, ce credo che nun vinci più manco ‘na mezza partita!”, dovevi proprio beccare di persona Adriano al cinema con Loredana Berté?
8-La racchetta che invade il quotidiano, e viceversa
Sapevo ci sarebbe stato un prezzo da pagare per questo momento di notorietà bulimica del nostro sport. Ma qui si sta esagerando, secondo me. Passi per la moda Tenniscore, con la quale marchi della fashion couture come Gucci, Dior e Uniqlo hanno (maldestramente) rivestito influencer e celebrità ben lontane dal tennis per inondare di gonne plissettate e polo bianche i costosi scaffali dei loro flagship store. E passi pure per le racchette che spuntano come oggetti di arredo in boutique e ristoranti instagrammabili, smorfieggiando un design vintage che magari non c’entra un tubo col tubolare della Wilson T-2000 di Jimmy.
Già col profluvio di meme su Sinner e Alcaraz accostati a contesti lontanissimi dal tennis, inizio a infastidirmi. E poi Dua Lipa e Brad Pitt presenti a Wimbledon, loro che mai nella vita passerebbero il test della cadrega del tennis indovinando almeno un nome dei giocatori che stanno vedendo. Una volta le celebrities che guardavano il tennis come Ben Stiller e Matthew McConaughey erano apprezzate e suscitavano l’affetto inclusivo del “siete come noi” da parte degli altri presenti. Ora sono lì a farsi notare e mostrare l’outfit. Ecco, anche meno, grazie.
7-Virtual Influencer e coaching pods, Matrix sta arrivando

Dei ricercatori cinesi stanno sviluppando una tecnologia basata sulla realtà aumentata e sulle nuove tecnologie per offrire esperienze di allenamento sempre più realistiche e immersive sia ai giocatori che ai fan. E a proposito di fan, l’Avatar Digitale Mia Zelu, una splendida ragazza bionda che non esiste e che è seguita da oltre duecentomila follower, ha fatto credere agli utenti di essere realmente allo Slam londinese, postando foto in cui appare sorridente vicino ai campi e con in mano il Pimm’s, il celebre liquore britannico a base di gin aromatizzato con spezie e frutta. Intanto, il sistema elettronico di call prende una cantonata dopo l’altra, proprio come avevo ipotizzato ne “Lo Sport del Diavolo” con discreto anticipo, portando l’educatissimo Jack Draper a storcere il naso e la meno garbata Anastasia Pavlyuchenkova a gridare senza mezzi termini “hanno rubato il gioco”.
E agli AO25 sono riapparsi i coaching pods, le mini-postazioni dedicate al coach del tennista e al suo staff, sperimentati durante le NextGen di Milano, dotate di tutte le tecnologie di analisi dei dati e dei movimenti. Mettono lo staff in grado di analizzare la partita durante la partita, e consigliare di conseguenza il proprio atleta. Sarà la strada giusta per il futuro? Non lo so. Quello che so è che quando l’ho letto per la prima volta, questa cosa, mi è venuta una voglia matta di comprarmi una vecchia Racchetta-spaghetti, di giocare contro un Pro e di dire al suo pod: “ora analizzati questa!”.
6-La deriva del doping e lo chaperon delle docce
Da Giudice Arbitro, nelle competizioni a squadre più importanti accompagnavo i giocatori e le giocatrici quando chiedevano di andare al bagno, fra un set e l’altro. Lo facevo, da regolamento, per evitare che si avvantaggiassero consultandosi col proprio coach o altre persone per avere suggerimenti su come gestire la partita (e infatti, anche nei tornei maggiori quelli o quelle che sentono un irrimandabile necessità di usufruire della toilette hanno di solito perso il set).
Ora leggo che la famigerata International Tennis Integrity Unit, nel suo spesso comico tentativo di arginare l’uso di sostanze che potenziano la prestazione degli atleti e delle atlete, ha disposto una nuova sconcertante regola. Un incaricato (presumo e spero dello stesso sesso dell’atleta) gentilmente definito chaperon, accompagnerà il giocatore o giocatrice nella doccia per assicurarsi che la durata della stessa non sia prolungata intenzionalmente oltre il dovuto, per agevolare lo smaltimento di sostanze illecite assunte prima del match.
“La doccia non è un diritto”, ha tuonato l’ITIU dall’alto della sua Autorità (neanche un dovere, se penso a quelli che incontro spesso negli spogliatoi), precisando poi che “se qualcuno si sente a disagio nell’essere osservato/a mentre si lava (ndr: ma va?”) può sempre considerare di farsi la doccia dopo il controllo antidoping”. A quando la PreCrime Unit di Minority Report?
Cinque argomenti, cinque motivi per storcere un po’ il naso a noi amanti del nostro sport, ma non altrettanto della sua Belle époque. E non abbiamo ancora parlato del Sexy Algoritmo, dell’Overtennis e di altre cosette che credo possiate detestare quanto me. Ma lo faremo, insieme, la settimana prossima.

You cannot be serious è la nuova rubrica settimanale di Tennistalker Magazine dedicata a tutto ciò che nel tennis non rimbalza ma … fa rumore lo stesso! A cura di Paolo Porrati: accanito “quarta categoria”, è stato Giudice Arbitro per la FITP e ha partecipato da spettatore a tutti gli Slam, Finals Davis e Olimpiadi. Il suo romanzo giallo “Lo Sport del Diavolo”, pubblicato da Laurana Editore e ambientato nel mondo del tennis, è stata la sorpresa letteraria sportiva dello scorso anno.