Il controverso australiano, reduce dalla finale di Lexington e prossimo a tornare nei primi 200 del ranking, inciampa nel punto decisivo contro Dostanic e abbandona il match poco dopo
Nel tennis, più ancora che nella vita, la scena madre arriva quando meno te l’aspetti. E se sei Bernard Tomic, quasi sempre è una farsa. A Chicago, nel primo turno del torneo Challenger locale, il trentaduenne australiano si è procurato un match point e ci è inciampato sopra. Letteralmente.
Tomic era avanti 5-4 nel secondo set dopo aver vinto il primo al tie break contro lo statunitense Stefan Dostanic, numero 424 del mondo, e si è guadagnato un match point sul servizio dell’avversario. L’ex numero 17 ATP ha risposto mettendo la palla in campo, ma poi è inciampato da solo, è caduto e ha perso il punto. “Bernard Tomic cade sul match point”: uno di quei titoli che fanno ridere finché non si pensa alla carriera che ci sta dietro.
Tomic ha avuto un’altra chance, ma non è riuscito a concretizzarla: a stretto giro di posta il discusso australiano da Stoccarda ha perso il secondo set al tie-break, è andato sotto 0-2 nel terzo e ha deciso di ritirarsi per infortunio. La parabola è tutta in quei tre gesti: punto, caduta, resa.
Un peccato, perché questa volta il tennista di stanza sulla Gold Coast sembrava davvero in risalita. A Lexington, appena una settimana prima, Bernie era arrivato in finale – la prima dell’anno – perdendo contro Zachary Svajda ma guadagnando 27 posizioni nel ranking. Questo risultato gli ha permesso di rientrare nei primi 200. Al momento occupa ancora la posizione numero 211, ma lunedì dovrebbe salire intorno alla piazza numero 185.
Qualche settimana fa, nel corso di un’intervista, un imprevedibilmente deciso Bernard aveva sintetizzato i suoi obiettivi lavorativi a medio termine: “Senza il tennis non saprei cosa fare,” la lapidaria dichiarazione del giocatore che a inizio carriera vantava l’impegnativo nomignolo A-Tomic. “Sono circa 200 al mondo, o giù di lì, e il mio obiettivo è tornare nei primi 100. Poi posso ritirarmi. È più una dichiarazione d’intenti che altro, vediamo se ci riesco. È l’unica cosa in cui sono bravo. Lo faccio da quasi trent’anni. Non sono più al mio meglio, ma è proprio per questo che voglio provarci ancora una volta. E poi ritirarmi felice, senza sensi di colpa”.
Parole tenere e stonate, come solo lui le sa pronunciare, a metà tra la confessione e la commedia. Del ragazzo arrogante che a 18 anni si proclamava predestinato non è rimasto molto. Ma qualcosa di tragico, nel suo corpo a corpo con l’idea di successo, è ancora lì.
A Chicago, il ribelle Bernard sperava di confermare il buon momento stappato in Kentucky. Ma il corpo, e a dire la verità anche il fato, hanno detto no. Restano ora da capire entità dell’infortunio e tempi di recupero. Perché il conto alla rovescia, questa volta, lo ha fatto partire lui stesso.