Il Tennis è come New York nella notissima serie televisiva statunitense: una splendida scenografia per storie di amori, vanità e desideri. Ma con più sudore e meno tacco 12!
You Cannot Be Serious a cura di Paolo Porrati
Il Tennis non è mai stato solo uno sport, ma anche un palcoscenico, un’agenzia matrimoniale, un’anticamera della vanità. Ci sono giocatori che vincono i tornei, e altri – non sempre gli stessi – che vincono il match per conquistare il cuore del pubblico. Alcuni ci arrivano per merito come Roger, altri per un intimo di pizzo come Gertrude Moran, altri ancora armati di body aderenti come Serena Williams, fascette da rockstar come Bjorn Borg o sguardi da romanzo russo come Marat Safin.
Nel frattempo, il pubblico osserva, commenta, sogna, tifa. Oltre ai colpi, restano impressi l’outfit, la relazione pericolosa e magari burrascosa, il gossip captato tra un rovescio e l’altro, tutto quello che riguarda i protagonisti ci appassiona. E ai protagonisti, come in Sex & the City, ci si affeziona.
L’outfit, prima di tutto
La prima a incentivare l’utilizzo delle parole tennis e scandalo nella stessa frase fu una ragazza americana, Gertrude Augusta Moran detta Gorgeous (bellissima) Gussy che a Wimbledon nel 1949 si presentò in campo con un abito che lasciava intravvedere un intimo di pizzo bianco, simbolo all’epoca di condotta peccaminosa.
In realtà, come spesso accade nelle situazioni di rottura, la scelta fu il risultato di una serie di combinazioni sfortunate e non volute: Gussy, che di solito giocava coi calzoncini, commissionò al famoso sarto londinese Ted Tinling (allora ci si affidava ai sarti per i completi da gioco) il vestitino, ma non l’intimo (che coi calzoncini non vedeva nessuno); l’assistente del sarto incaricata di rimediare all’ultimo momento però non sapeva nulla di tennis, così confezionò un intimo che riteneva vezzoso ma invisibile agli occhi maschili, essendo la gonna destinata a non muoversi troppo.
Non ci fu tempo di fare le prove, e Gussy arrivò in campo con addosso non solo un outfit, ma il potenziale per uno scandalo senza precedenti. Risultato, giornalisti stesi per terra con la macchina fotografica in mano per cogliere tutto quello che gli svolazzi della gonna potevano offrire, il compagno di gioco che per evitare quegli svolazzamenti cercava di prendere lui tutte le palline in gioco, donne indignate e inferocite, sarto radiato dall’AELTC per più di trent’anni e giocatrice diventata così famosa da finire sulla copertina di Life.
Le sorelle Fontana e Germana Marucelli, le stiliste che seguirono la nostra Lea Pericoli anni dopo, furono più accorte, complice un’epoca decisamente più permissiva. Gonne vaporose, maniche a sbuffo e fiori nei capelli segnarono l’inizio della tennis couture ante litteram e fecero spostare più di un cuore maschile dal verde dei campi di calcio al rosso della terra battuta.
Breve ma intenso fu in seguito l’esperimento del body bianco attillato da parte di Anne White, sempre a Wimbledon nel 1985. Troppo in anticipo sui tempi. I Championships, memori del disastro di quarant’anni prima, le intimarono il cambio per “non conformità all’etichetta”!
In epoca più recente si consuma invece la sfida agonistica e non solo fra due icone tennistiche che più lontane non potevano essere. Serena Williams al Roland Garros 2018 sfodera il celeberrimo Catsuit nero disegnato dalla Nike, preceduta dalla sorella Venus sugli stessi campi nel 2010 con un completo corto a strati trasparenti ispirato nientemeno che alla lingerie parigina.
Dall’altro lato, il cocktail dress di Maria Sharapova a US Open 2006 nato dalla partnership fra Nike e Swarovski per l’algida dea siberiana attira l’attenzione della fashion industry sul tennis e apre la strada per le successive incursioni di stilisti come Stella McCartney (per Adidas) e Kiko Kostadinov (per Asics 2025, tramite il marchio APC). In tutti questi casi, la combinazione fra vittorie ed eleganza fornisce un’irresistibile combinazione di glamour e sport che attira l’attenzione non solo degli appassionati.
Le culotte rosse di Tatiana Golovin, gli accessori punk di Bethanie Mattek-Sands (santo cielo…), le tenute pizzo-merletti e volant home made della nostra Camila Giorgi, e il future block di Coco Gauff corredano l’evoluzione negli anni del rapporto fra abbigliamento femminile e tennis, senza tralasciare tracce di restaurazione, come lo stile “normcore – zero showoff” di Iga Swiatek a Roland Garros 2020 (non a caso, le novità son sempre parigine), accompagnato dal claim “la potenza può essere elegante anche senza fronzoli”.
Tant’è, sempre meglio dell’omologazione imperante, che vede spesso le atlete inorridire di fronte alla madre di tutti gli imbarazzi: trovarsi vestite (per colpa dello sponsor) esattamente allo stesso modo della propria avversaria!
E se George Clooney avesse avuto una racchetta?
Valichiamo ora la barriera dei sessi, e dedichiamoci ai tennisti uomini ritenuti più sexy dal 1940 a oggi, diciamo i Mr. Big di Sex & the City in versione Slam. Di più, focalizziamoci su quelli ai quali il gossip, la stampa scandalistica e … le occhiatine in campo hanno assegnato anno per anno la palma del più desiderato, e desiderabile.
La vittoria per distacco in tempi moderni va a Grigor Dimitrov, acclamato da stampa, gossip e soprattutto … colleghe. Sul podio il magnetismo controverso di Nick Kyrgios e lo stile crush (termine da GenZ, vuol dire “da infatuazione”) di Matteo Berrettini – in entrambi i casi chiedere ad Ajla Tomljanovic per referenze.
Piccolo aneddoto personale che corrobora la classifica del bel Matteo. Lo scorso novembre ho partecipato ai Supertennis Award, gli Oscar del Tennis che premiano i migliori giocatori e giocatrici dell’anno. Presenti tutti i campioni nostrani, che prima dell’inizio della serata si mettevano a disposizione per i consueti selfie coi fan, disposti in ordinate file. Ricordo perfettamente il mio stupore nell’accodarmi nella cortissima schiera di coloro i quali targettizzavano Jannik col cellulare già in mano. Subito dopo notai invece un serpentone che si andava snodando per la sala, tortuoso come quello dei clienti fuori dall’Esselunga ai tempi del covid. Una fila composta quasi di sole donne. Portava a Matteo Berettini. Abbronzato e in Smoking.
In ordine sparso di tempo e gradimento arrivano poi alla spicciolata il fascino extra-circuitale di Yannick Noha, la dedizione al gentil sesso di Marat Safin, il talento hot di Fernando Verdasco, l’idealità maritale di Roger Federer e l’attrazione glaciale per Bjorn Borg.
E andando indietro nel passato, quando il confine fra il jet set internazionale e il tennis era ancora più sottile, ecco il Barone Gottfried Von Cramm, considerato da Coco Chanel e da tutte le donne degli anni ‘30 l’uomo più bello del mondo, e dal regime nazista il primo uomo da eliminare (proposito andato fallito) in quanto aristocratico e omosessuale.
Pancho Gonzales, rebel guy degli anni ‘60, si diceva conquistasse le ragazze col solo sguardo, abilità che poi portava a nobile compimento essendosi sposato ben sette volte, inclusa quella con Rita Agassi, la sorella maggiore di Andre (che non la prese benissimo).
Rod Laver e Roy Emerson negli anni ’70 esportarono poi il modello Crocodile Dundee facendo affollare salotti mondani in giro per il mondo. Per arrivare all’inarrivabile Ilie Nastase, il primo playboy dichiarato del circuito, autodefinitosi “l’uomo che non dice mai di no”, cosa che lo portò ad autoassegnarsi una numerica in fatto di conquiste femminili rispetto alla quale i ripetuti exploit di Duplantis nel salto con l’asta sembrano roba da dilettanti.
E poi lo sfortunato sciupafemmine Vitas Gerulaitis accostato a Liza Minnelli, Cheryl Tiegs e niente meno che Diana Ross, il bad boy John McEnroe che sposò l’attrice Tatum O’Neal, Pat Cash nominato nel 1987 da The Sun l’uomo più desiderato d’Inghilterra.
Insomma, di George Clooney il tennis ha sempre abbondato, esattamente come di fascinosi bellimbusti è popolata la vita di Carrie Bradshaw, Charlotte York, Miranda Hobbes e Samantha Jones. Ma con un po’ più … di magliette sudate (il che non guasta).
Matrimonio fra colleghi
E per finire, uno sguardo sulle principali coppie del mondo del tennis. Titolo Reale senza se e senza ma ad Andre Agassi e Steffi Graf. Entrambi con un passato a suo modo turbolento, si conoscono lontani dai rispettivi apici sportivi e non si lasciano più, costituendo un sodalizio indistruttibile in amore e nel business e rappresentando un punto di riferimento per iniziative benefiche e sportive. La leggenda che rimane leggenda.
Jimmy Connors e Chris Evert, la coppia regina degli anni ’80, secondo le malelingue una relazione costruita a tavolino dai rispettivi agenti, con tanto di fidanzamento ufficiale e rottura poco prima delle nozze, voci di interruzione di gravidanza indesiderata, insomma l’epifania del gossip molto prima di Dagospia.
Elina Svitolina e Gael Monfils sono tra i più amati del web, con tanto di nome di coppia: “G.E.M.S Life”. E proprio sui Social si sviluppa per qualche tempo la loro storia prima di tramutarsi in un auspicato finale matrimoniale. Interessante vederli tifare l’un l’altra nei tornei major, alternandosi fra campo e cura della loro figlioletta. Working tennis class.
Senza paracadute la storia fra Grigor Dimitrov e Maria Sharapova, una coppia che solo l’Intelligenza Artificiale in tempi recenti avrebbe potuto combinare. Dopo tre anni, tutto finisce a ghosting reciproci che neanche due quindicenni alla fine delle vacanze estive. Ma entrambi si consolano con una certa rapidità
E per finire, due coppie a specchio, indice ad altissima sostenibilità. Mirka Vavrinec (in Federer) rinuncia alla sua carriera e trasforma i successi del marito in un impero economico di livello mondiale, costruendo al contempo un asse ereditario baciato da due coppie di gemelli. Bjorn Fratangelo, in scala fa la stessa cosa diventando coach e ispiratore (anche del cambio di racchetta) di Madison Keys, una delle storie più riservate e poco social del tour.
C’è spazio anche per gli amori Lgbt, come si direbbe oggi. Limitatamente alle donne però, perché – udite udite – non esistono tennisti uomini dichiaratamente gay fra i top players del circuito ATP.
Greet Minnen e Alison Van Uytvank fanno la storia a Wimbledon nel 2019 diventando il primo duo openly gay a scendere in campo nei Championships, con tanto di coming out tramite bacio direttamente in tribuna. Prima di loro, Martina Navratilova (ma mai con tenniste), Amélie Mauresmo, e naturalmente Billie Jean King hanno fatto molto di più che battersi sia sul campo che per l’uguaglianza dei sessi nel nostro sport. Lo hanno reso molto più vicino al mondo reale.
Ma la mia preferita, dopo tutto, rimane Andrea Jaeger.
Nata nel 1965 a Chicago, diventa la nr 2 del mondo a soli 16 anni raggiungendo le finali di Roland Garros 1982 e Wimbledon 1983 (perdendo sempre da Martina Navratilova). In cinque stagioni vince dieci titoli di singolare, uno di doppio misto (con Jimmy Arias) e quattro di doppio. Durante la carriera denuncia trenta episodi di molestie sessuali da parte di una persona dello staff WTA, e a soli diciannove anni si ritira. Dopo il ritiro, si laurea in Teologia e crea un’organizzazione, la “Little Star Foundation”, che assiste bambini malati e in difficoltà. Nel 2006, infine, prende i voti e diventa Suor Andrea.
Ecco, a me piace immaginarla così, la parabola di un tennista. Dal campo al jet set per finire col ritiro spirituale.
E non ditemi che non ci avete pensato almeno una volta anche voi, come Coco Gauff, dopo aver commesso quaranta doppi falli in due sole partite…

You cannot be serious è la nuova rubrica settimanale di Tennistalker Magazine dedicata a tutto ciò che nel tennis non rimbalza ma … fa rumore lo stesso! A cura di Paolo Porrati: accanito “quarta categoria”, è stato Giudice Arbitro per la FITP e ha partecipato da spettatore a tutti gli Slam, Finals Davis e Olimpiadi. Il suo romanzo giallo “Lo Sport del Diavolo”, pubblicato da Laurana Editore e ambientato nel mondo del tennis, è stata la sorpresa letteraria sportiva dello scorso anno.