Il complotto, fallito, delle suffragette che volevano ridurre in cenere l’All England Club
Era una sera di febbraio del 1913. Agevolata dall’oscurità, una donna si insinuò furtivamente tra le gradinate deserte dell’All England Club, all’epoca in Worple Road, trasportando una borsa carica di paraffina, trucioli di legno e fiammiferi. Scelto il punto migliore, appoggiò la borsa sul campo, pronta a far saltare in aria uno dei luoghi più iconici dello sport britannico. Nella sua borsa c’era anche un foglio di carta, con un messaggio chiaro: “Nessuna pace finché le donne non avranno il diritto di voto.”
Quella notte, però, non tutto andò secondo i piani: il guardiano, Joseph Parsons, sorprese la donna prima che potesse appiccare il fuoco. Fermata, tentò di fuggire, ma venne catturata e denunciata. Portata in tribunale, non rivelò mai il suo nome, la sua età né il suo luogo di nascita. Fu soprannominata dai giornali “la suffragetta silenziosa” e condannata a due mesi di prigione. Ancora oggi, la sua identità resta un mistero.
“Azioni, non parole”
Quando si pensa alle suffragette – le attiviste del movimento di emancipazione femminile nato per ottenere il diritto di voto alle donne – si immaginano cortei pacifici, donne che sfilano con striscioni o si incatenano ai cancelli del Parlamento. Ma tra il 1912 e il 1914, la campagna per il voto femminile nel Regno Unito prese una piega decisamente più radicale.
Le suffragette adottarono il motto “deeds not words” – azioni, non parole – e scelsero la violenza come strumento di persuasione.
Nel mirino non finirono solo uffici postali o case di parlamentari: a subire furono soprattutto gli impianti sportivi. Lo sport era – ieri come oggi – una parte fondamentale della cultura britannica e colpire stadi, ippodromi e campi da golf significava attirare l’attenzione dell’opinione pubblica. I campi da golf, in particolare, erano facili bersagli: spesso incustoditi, dominati dagli uomini e simbolo di un privilegio maschile da colpire. Bastava una notte per bruciare tribune, versare acido sui green o incidere sul prato la sigla VW -Votes for Women.
L’opinione pubblica
L’opinione pubblica era divisa: da un lato, la violenza veniva condannata; dall’altro, il numero delle attiviste aumentava sempre di più.
Il quartiere di Wimbledon era un crocevia di propaganda suffragista. Rose Lamartine Yates, una delle maggiori attiviste, teneva comizi a Wimbledon Common davanti a folle di 20.000 persone, nonostante i tentativi della polizia di impedirlo.
La svolta della guerra
Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, la campagna di bombe e incendi venne sospesa: le suffragette decisero di sostenere lo sforzo bellico per dimostrare di poter essere utili e ragionevoli. E fu così che nel 1918, alle donne britanniche sopra i 30 anni fu concesso il diritto di voto; nel 1928 venne esteso alle stesse condizioni degli uomini, cioè a partire dai 21 anni.
Nel frattempo, nel 1922, i quattro acri di terreno a Worple Road non bastavano più a contenere l’attività dell’All England Club. Il circolo, e di conseguenza il torneo dello Slam, traslocarono in Church Road, dove si trova ancora oggi.
Possiamo quindi affermare che il diritto di voto alle donne in Inghilterra – conquistato anni prima rispetto a molti altri paesi – passò attraverso comizi, violenza e… i campi di Wimbledon!