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    ATP Indian Wells: Draper “allo specchio”, Alcaraz nervoso. Le dichiarazioni post match di Jack e Carlitos

    Nella finale di stasera contro Rune il britannico proverà a vincere il trofeo più importante della carriera. Alcaraz irritato: “Giornata storta”

    Una finale inaspettata, non foss’altro per il fatto che i due semifinalisti imbarcati sul volo American Airlines Palm Springs-Miami con un giorno d’anticipo sono i finalisti delle ultime due edizioni del torneo di Indian Wells. Carlos Alcaraz, re incontrastato nel deserto per ventiquattro mesi consecutivi, ha abdicato al cospetto del rampante Jack Draper: il britannico, pronto a giocare la prima finale Mille della sua vita, da domani esordirà anche nella Top 10 del ranking ATP: dal punto di vista del nativo di Sutton ce n’era abbastanza per essere nervosi, almeno un po’. “Ho giocato un discreto primo set, Carlos non mi pareva al suo meglio,” ha commentato Jack in conferenza stampa, “ma poi qualche pensiero di troppo ha iniziato a girarmi per la testa: mi stavo giocando la finale più importante della carriera e l’ingresso nella top 10. All’inizio del secondo set le gambe hanno smesso di collaborare, mi sono irrigidito, non riuscivo più a fare niente“.

    Per risollevarsi, Draper è ricorso al più classico dei metodi: il soliloquio allo specchio negli spogliatoi, guardando sé stesso negli occhi. “Se devo perdere, che perda, ma non senza averci provato“, il senso del ragionamento impostato da Draper. Mani a conchetta, acqua ghiacciata buttata in faccia e via, verso il risultato più importante della carriera. “Quando ho Carlos ha recuperato uno dei due break che avevo di vantaggio nel terzo non mi sono troppo preoccupato: sul 5-4 sapevo che avrei vinto io, anche se ho perso il primo punto di quel game“.

    Alcaraz, da par suo, è sconfortato. Più che sconfortato, irritato con sé medesimo. “Ho passato una brutta giornata e francamente non so spiegarmi il perché,” ha detto il fenomeno murciano ai giornalisti presenti, “già durante il riscaldamento non sentivo i colpi, c’era qualcosa che non andava. Per questo mi avete visto parlare così a lungo con Juan Carlos (Ferrero, il suo coach, NdR), perché mi sono allenato male. Ero preoccupato prima di affrontare questa partita, e durante il match mi sono accorto di essere più concentrato sui suoi punti deboli che sui miei punti di forza“. Poi, al solito sportivo, il campione uscente ha reso l’onore delle armi al candidato successore: “Quando è stato costretto a ritirarsi a Melbourne (nel quarto turno contro Carlos, NdR) gli ho detto che presto sarebbe arrivato dove meritava di essere, che avrebbe giocato le finali dei Masters 1000 e sarebbe entrato tra i primi dieci. Non ho dubbi sul suo livello“.

    Infine, Alcaraz ha provato a tirarsi su di morale, e gli argomenti per farlo tutto sommato non gli mancano: “Nel tennis bisogna cercare di rimanere ad alto livello per un’ottantina di partite all’anno, per sedici, diciassette, diciotto tornei ogni singola stagione. La mia volontà è di riuscirci, ma a volte dimentico che ho solo 21 anni; sono ancora giovane e ho tante cose da migliorare, tra cui la continuità ad alto livello“. Il futuro immediato, invece, lo preoccupa meno: “L’ultima volta che ho perso in semifinale a Indian Wells (nel 2022, NdR), poi ho vinto Miami“. Corsi e ricorsi, memorie positive e quel talento lì. In Florida, tra qualche giorno, occhio a Carlitos.

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