La narrazione giornalistica ha fame di rivalità, però i rivali di Jannik latitano. Alcaraz gli creerà problemi, ma per sei mesi all’anno il murciano va in letargo.
L’epoca dei nuovi big three, la nouvelle vague del tennis contemporaneo idealizzata da Holger Vitus Nodskov Rune, sembra già finita o perlomeno andata in pausa, in soffitta, accartocciata. In stand-by soprattutto la tessera d’accesso all’élite della pallina gialla ambita dal danese, autoproclamatosi membro della trimurti e immediatamente dopo uscito dalla top 10, vedi come vanno le cose quando ci si spinge ai confini della fanfaronata. Se non altro, Holger non sembra accusare alcun difetto di autostima, e su quella certezza potrà ricominciare a lavorare per avvicinarsi ai due mammasantissima del tennis contemporaneo.
Intanto, Rune e genitrice sono rientrati nell’emisfero boreale all’inizio della seconda settimana dell’Open d’Australia, rimpatriati da Jannik Sinner il quale, svegliatosi indisposto la mattina dell’ottavo nonostante un profondissimo sonno, tra un calo di pressione, qualche preoccupante tremore e la provvidenziale devastazione della rete divisoria, ha nell’occasione saltato l’ostacolo più alto del torneo. Jannik in qualche modo soffre psicologicamente Rune: uno psicanalista junghiano preparato il giusto saprebbe forse spiegarci il perché. In effetti il kid di Sesto Pusteria aveva perso i primi due scontri diretti contro l’ex numero 1 junior, poi ha vinto i tre successivi: il comportamento di Rune a metà tra il bravaccio e il belloccio al ballo delle debuttanti a Sinner dà più fastidio del dritto di Alcaraz su terra. L’educazione prima di tutto. Però facciamogli i complimenti per i quadricipiti, ci tiene.
Alcaraz, a proposito: avevamo parlato dei tre mammasantissima, ma qui se ne intravede uno e mezzo. Detto di Rune, per la verità sedicente, il mostro Carlitos tende ad avere comportamenti che somigliano a quelli dell’orso, solo un po’ anticipati rispetto alle naturali cadenze imposte dal ciclo delle stagioni: dopo Wimbledon, si va in letargo. Poi è chiaro: sulla singola prestazione, paura e delirio. Il murciano sa fare tutto e di più: dritto bomba, rovescio solido, servizio idem, mano fatata, muscoli erculei, fantasia che è un misto tra Nastase, Zidane e Kandinsky, solo che ogni tanto gli esce un Pollock involontario: problematica la gestione dell’espressionismo astratto, su un campo da tennis. Alcaraz sa fare troppe cose e spesso non compie la scelta giusta. E poi quando gli riesce un bel colpo “guarda fuori”, come a godere dell’estasi serpeggiante tra il pubblico, mi ha detto un tizio che conoscete molto addentro a un certo tipo di questioni.
Insomma, lo spagnolo sta ancora sbadigliando e lo vedremo bello sveglio sul cemento di Indian Wells, forse; Rune chissà, dovrebbe magari essere gestito da qualcuno che non gli dica quanto è bello ogni passo che compie. E poi c’è Djokovic, che non merita, non ancora, di essere relegato al ruolo di convitato di pietra. Nole ha scritto un’altra sceneggiatura per l’infinita e ormai popolarissima saga “Novak contro lo Stato di Victoria”: e prima l’arresto in aeroporto, poi il presunto avvelenamento da piombo e mercurio, infine la nuova bagarre con ampi spargimenti di metaforico sangue con i media australiani. E tutto un corollario di infortunio vero, infortunio finto, strategia consolidata per mettere nel sacco l’avversario e buffone e genio e saltimbanco e tutto il resto. Nel frattempo, il protagonista della più recente telenovela down under, non il 24 volte campione Slam, ma il muscolo della sua coscia sinistra, è stato dato in pasto ai social media per stroncare una volta per tutte la rissa verbale: la lacerazione agli ischiocrurali c’è, punto, fine: può essere che ci rivedremo l’anno prossimo, ma non è assolutamente una promessa.
Tra quelli che sono tornati festeggiando ci sono Sonego e Monfils, per motivi diversi inattesi e invece spumeggianti come da tempo non accadeva di vederli; tra gli scornati sicuramente Medvedev e – nonostante il risultato – il povero Sascha Zverev. Danilone, allampanato come e più degli standard regolamentari, ha rischiato grossissimo già all’esordio contro tale Samidit Kasrej, infine rimontato e mandato a casa con alcuni insegnamenti profetici di cui il ragazzo thailandese certo farà tesoro: “Se il tuo tennis nel futuro sarà quello di oggi potrai vivere tra soldi, ragazze e casinò”. Un ottimo incentivo per spaccarsi la schiena ogni singolo giorno. Tien, il sorprendente ragazzino che l’ha cacciato dal torneo, potrebbe approfittare dei suddetti benefit molto prima del previsto.
Sascha faceva tenerezza, durante il protocollo della premiazione. Lacrime agli occhi, frastornato e pure bastonato dalle spettatrici. “Pensavo di poter vincere, invece non ho visto palla”, ha detto sconsolato il russo di Amburgo in conferenza stampa. Zverev, dopo aver indossato un metaforico, ma poi forse nemmeno troppo metaforico cilicio, ha alzato la posta dell’autoflagellazione: “Io servo meglio, ma il tennis ruota attorno ad altri cinque macro-fattori principali e Jannik colpisce meglio il dritto, il rovescio e la risposta; gioca meglio le volée e si muove meglio. Voi siete stupiti che abbia perso? Io no”. Cucina anche meglio, tiene la casa uno specchio e legge Dostoevskij. Va bene il naked lunch, ché prima o poi è salutare rendersi conto di cosa c’è sulla punta della forchetta, ma insomma piano con l’autocommiserazione.
Per ultimo resta Jannik, quello che è primo in tutto il resto e allora quasi ce lo si dimentica, come capita all’alunno perfetto che fa i compiti, non dà problemi, non picchia il fratello, non piange dal dentista e non si sporca quando mangia il budino al cioccolato. E resta da solo, soprattutto: Marca ha inquadrato la situazione, nel titolo di prima pagina che lunedì lo celebrava dopo la vittoria-bis a Melbourne, definendo Sinner “The big one”. Perché sul gradino più alto c’è lui, per distacco. Gli altri, all’inseguimento, forse un po’ ingobbiti sui pedali. La proclamazione della nuova triade d’oro della racchetta sembra quindi prematura. Sembra, appunto: la complessità dei rapporti di forza e la situazione sempre in divenire nell’intasatissimo calendario stagionale consigliano di moderare qualsiasi tendenza a giudizi perentori.