Il momento in cui Novak Djokovic si pone al collo la medaglia che corona la sua straordinaria carriera mi pare quello giusto per riflettere sulle differenze fra il torneo parigino “formato Slam” e quello invece cui ho assistito durante la competizione olimpica
Va detto innanzitutto che, con ogni probabilità, il Torneo Olimpico sui campi del Bois de Boulogne è qualcosa che non si vedrà mai più, oltre che a non essersi mai visto sinora.
Salvo sconvolgimenti che fatico ad immaginare, il campionato del mondo della terra rossa tornerà a svolgersi nella capricciosa primavera parigina, prendendosi due comode settimane senza essere compresso nei ritmi forsennati della programmazione olimpica.
Per cui, questi sette giorni di match estivi sono destinati a essere un bellissimo, stralunato ricordo. E con esso, sbiadiranno le differenze fra le due versioni dell’RG, quello Slam e quello Olimpico, che invece hanno costituito motivo di curiosità e interesse per chi ha avuto modo di esserci, e anche per chi lo ha guardato da casa.
Ma procediamo con ordine, partendo… dagli ingressi.
GLI INGRESSI
La complessa biglietteria delle Olimpiadi prevede un meccanismo che funziona esclusivamente via App ufficiale e che non prevede più il biglietto tradizionale. Il giorno stesso della competizione, preceduto da un profluvio di e-mail e notifiche di avvertimento, lo spettatore riceve sul proprio telefonino il QR code che da’ l’accesso all’impianto, e più in generale alla zona dell’impianto.
Senza di quello, inutile anche sperare di avvicinarsi ai cancelli di ingresso. I quali cancelli di ingresso sono appunto strettamente correlati al biglietto stesso, col risultato come nel mio caso che l’accesso dal Gate 1 richieda l’intera circumnavigazione dell’impianto, fra percorsi transennati degni dei cari vecchi Giochi senza Frontiere, in compagnia di altri tifosi altrettanto spaesati.
Alla fine, però si arriva al punto giusto, e devo dire la trafila di sicurezza è piuttosto rapida, sia per la scansione del QR code che per l’ormai tradizionale “pesca nello zaino” effettuata dagli scrupolosi controllori della sicurezza.
LA FOLLA
Dentro, l’impatto è la prima delle sorprese. Se vi ricordate i vialetti dell’impianto pieni di gente, moltiplicate l’effetto per due. Nel Roland Garros del secondo giorno di gara olimpica, semplicemente non si cammina.
L’impressione piuttosto evidente è che si sia scelto di vendere il massimo quantitativo di tagliandi fisicamente possibile, senza tener conto dalla capienza assicurata dagli stadi e dai campi con tribuna. E come si è capito, tutti i biglietti di tutte le manifestazioni sono stati venduti.
Mentre sguardi desolati e talvolta disperati osservavano dall’inizio della coda il lontano ingresso delle pur molte toilette presenti, i cassieri dell’enorme negozio di merchandising fronteggiavano l’orda degli acquirenti come neanche Tom Berenger in Platoon di Oliver Stone coi Vietcong.
“RESTEZ HYDRATÉES”
I punti di ristoro se la giocavano, quanto a lunghezza delle code, con le colonnine d’acqua e i nebulizzatori posti a salvaguardia dell’ossessionante monito “restez hydratées” che inseguiva gli spettatori praticamente in tutta la città.
Già, perché la vera, grande sorpresa di questo torneo che non esiste, è stato il caldo. Abituato alla tradizione, e un po’ anche indotto dalla variabilità del tempo parigino, mi ero nascostamente portato un k-way. Risultato, quaranta gradi e un’umidità altissima, in un impianto peraltro largamente cementificato.
Letteralmente un inferno, cui nessuno della parte di pubblico rappresentata dagli habituées dell’impianto (direi circa la metà) era minimamente preparata.
Ad un certo punto del match fra Navone e Musetti, in una calura soffocante che neanche a Indian Wells a Ferragosto, i due giocatori erano chiaramente accomunati al loro pubblico dal medesimo pensiero: la partita finisce con una vittoria o un decesso (dei giocatori, di uno spettatore o di entrambi)?
IL PUBBLICO
Vero, non era costituito solo dagli spettatori abituali, ammesso e non concesso che questo sia un male. Schiamazzi, qualcuno, ma non ho visto nulla che non abbia visto altrove, incluso il tifo fuori dal comune e soprattutto fuori luogo per i giocatori e le giocatrici francesi, risultati alla mano.
L’IMPIANTO
Qui, il rebranding è stato essenziale, RG si è vestito dei colori olimpici ma senza rinunciare al suo aplomb, le differenze sono state minime.
Desolante invece l’esclusiva venduta a VISA per tutte le transazioni con carta di credito, al RG come negli altri siti. Se avevi una VISA bene, se non ce l’avevi come me dovevi rassegnarti al caro vecchio contante oppure all’acquisto di una card virtuale, sempre di Visa.
Bizzarro e forse eccessivo, ma per una manifestazione che fattura dodici miliardi di euro contro i dieci spesi, una scelta piuttosto conveniente.
GLI INSERVIENTI
E no, gli inservienti non parlano inglese. Sono tanti, gentili, affidabili, addirittura simpatici in taluni casi, ma salvo rare eccezioni biologicamente refrattari alla lingua d’oltremanica.
Per cui molti hanno dovuto fare come me, e mettere tutte e due le mani nell’armadio delle cose dimenticate del proprio cranio per estrarre almeno brandelli del francese imparato al liceo.
Monsieur, s’il vous plait, où est mon siège?
ANCORA IL PUBBLICO
Il pubblico, dicevo. Ed è questa la vera differenza fra le due versioni di RG. Non è il tennis (e i suoi spettatori) ad essere andato a vedere le Olimpiadi, è accaduto esattamente il contrario: sono le Olimpiadi, coi loro spettatori e tifosi multicolori, ad essere andati a conoscere il Tennis.
Una moltitudine di persone allegre, multicolori, coi colori delle proprie nazionali si catapultava da un campo all’altro per tifare la propria squadra, in qualche caso senza conoscere neanche benissimo le regole.
Non importa nulla, si fa comunque il tifo mangiando un hamburger gigantesco a quarantun gradi e senza nessuna speranza di agguantare una bottiglietta d’acqua.
Ma lasciatemi dire una cosa. Dopo anni di torneo compassato e attento, in cui anche l’eleganza contava fra i vialetti, a me è piaciuto un sacco!
(Paolo Porrati)