Piccola guida ragionata per sorprendenti letture di tennis
Complici gli inattesi successi del Peccatore, nel Natale appena passato, sotto gli alberi di molti italiani hanno fatto capolino dalla carta che li ricopriva molti libri di tennis. Manuali, biografie e in un caso anche romanzi sono atterrati nelle mani dei destinatari, spesso intenti in prima battuta (è il caso di dire) a rigirarseli fra le mani prima da essere rapiti dalla lettura.
Ma esiste una letteratura di Tennis? E se esiste, quali sono i titoli migliori, da leggere assolutamente per poi collocarli in una nuova porzione della propria libreria? Come si diventa collezionisti di Tennis e come si “scovano” i migliori testi da andare ad acquistare?
Iniziamo parlandone insieme a Luca Tavecchio, con ogni probabilità il possessore di una delle più estese collezioni italiane di libri sul tennis. Luca, che di professione è un affermato chirurgo, ha iniziato a collezionare libri sportivi dagli anni Ottanta, e si è focalizzato sul Tennis, sull’Atletica Leggera e sul MotorSport.
PP: Luca, è vero che per contenere tutti i tuoi libri hai finito per dover trovare uno spazio fuori casa?
LT: È vero, per conservare tutti i miei libri ho affittato un magazzino dove conservo tutti i testi. Prime edizioni, riviste, riedizioni, si tratta in totale di migliaia di volumi e in casa non era più possibile tenerli;
PP: Quali libri sul Tennis fanno parte della tua collezione? Esiste una particolare classificazione che hai adottato?
LT: Acquisto di tutto, inclusi i titoli esteri in lingua originale. Storia del Tennis, monografie su giocatori (e racchette), album monografici su tornei e tantissime statistiche. Al momento sto adottando una catalogazione per tipologia di testi, distinguendoli in Biografie, Tornei, Statistiche, Storia e Trivia. Quest’ultima categoria include ad esempio i romanzi come il tuo (ndr: “Lo Sport del Diavolo”, Laurana Editore), e gli scritti che non rientrano nelle altre categorie;
PP: Complimenti, si tratta di una collezione gigantesca, e anche la classificazione è interessante. Mi pare però manchino i testi tecnici, che probabilmente sono la maggioranza. Quelli che spiegano la tecnica dei colpi, la strategia, ultimamente anche gli aspetti mentali. Sono fuori dal tuo perimetro di interesse?
LT: Effettivamente questa può essere considerata una mancanza: non sono un giocatore “agonista” (altri gli sport a cui mi sono dedicato in gioventù in maniera seria) e pertanto l’aspetto puramente tecnico mi ha interessato meno…
PP: facciamo un passo indietro: come nasce il tuo interesse per questo particolare tipo di collezionismo?
LT: Sono un bibliofilo da sempre. Amo i libri, mi piace il loro profumo, godo a maneggiarli, come tante altre persone vivo la materialità del testo con grande piacere. A questo si aggiunge un altro lato del mio carattere, quando mi appassiono a un argomento lo voglio approfondire fino alla paranoia. Non mi è capitato solo in questo caso, ma in molti altri nei miei 65 anni di vita. Nel caso del Tennis, l’input mi venne grazie a Marco Gilardelli (prima categoria e giocatore di Coppa Davis negli anni ’60-‘70) e all’amico comune Sergio Tacchini (tennista tra i primi in Italia negli stessi anni e noto fondatore dell’omonimo marchio sportivo). Parlando con loro mi interessai a fondo a questo sport, che peraltro pratico solo occasionalmente. Da lì, iniziai a raccogliere tutto quello che trovavo, partendo proprio dalle raccolte statistiche che sono un’altra delle mie grandi passioni. Poi sono passato alle storie dei giocatori, che spesse volte sono estremamente appassionanti, e tutto il resto è venuto di conseguenza.
PP: Come scovi i nuovi libri da acquistare, e dove li trovi? Sei un “cercatore da libreria”? Tendo a dubitarne, perché la presenza dei libri di tennis nelle grandi catene come nei piccoli negozi sconta secondo me una certa carenza di competenze, che si traduce in pochi titoli mal promossi sugli scaffali.
LT: Prima dell’avvento di Internet la “Libreria dello Sport” a Milano e le librerie all’estero (soprattutto a Londra) erano le “miniere” in cui cercare testi interessanti. Oggi il mondo dei libri è sul Web, e mi affido spesso alle segnalazioni di Amazon, che sono molto accurate, come del resto buona parte delle recensioni. In questo caso la modernità è un vantaggio, e la utilizzo volentieri, anche se devo ammettere che le librerie conservano per me ancora un fascino irresistibile e non riesco a passarci davanti senza entrare!
PP: Veniamo alla domanda che tutti si attendono e che anche io voglio farti. Quali sono i consigli per gli acquisti che ti senti di dare ai nostri lettori?
LT: “500 anni di tennis” di Gianni Clerici è un capolavoro che non può mancare in libreria. Poi consiglio uno studio psicologico sui Big Three dal titolo “I Tre”, di Sandro Modeo, un’analisi biografica fuori dagli schemi classici, e per questo da prendere. “Il Tennis è musica” di Adriano Panatta è un testo molto piacevole; bello anche il “Codice Federer” di Stefano Semeraro. E per finire, “Il grande libro di Roger Federer” di Remo Borgatti, una miniera di numeri magici sul campione svizzero decisamente imperdibile a cui aggiungere sicuramente i fantastici lavori statistici sull’Era Open e sul tennis americano dell’amico Marco Di Nardo, come “Tutte le classifiche del Tennis”.
PP: Concludiamo la nostra chiacchierata con un consiglio per gli appassionati (di libri, di Tennis o di entrambi) in procinto di valutare la costruzione di una propria biblioteca: quali consigli ti senti di dare loro prima che inizino questa grande avventura?
LT: Il primo consiglio è di trattarla come … una potenziale patologia, un vero e proprio vizio, con tutti i suoi piaceri e rischi, anche se non convenzionali. Nei casi più gravi, come il mio, ci si può ritrovare a voler sapere tutto di un argomento e di non badare a spese per approfondirlo. Per cui, attenzione al portafoglio ma anche allo spazio, la bibliofilia “mangia” metri quadrati, e bisogna saperlo dall’inizio. E poi, sfruttando bene le potenzialità della Rete, e le aste online, si trovano delle splendide occasioni a prezzi ragionevoli.
Proseguiamo ora il nostro viaggio nel mondo dei libri di tennis con Corrado Erba, manager immobiliare ma soprattutto una delle penne tennistiche più interessante del panorama nazionale, attivo come giornalista e autore di diversi libri dedicati agli aspetti meno noti di questo sport.
PP: Anche tu, Corrado, sei un collezionista. Vuoi parlarcene?
CE: Per quanto mi riguarda, sono un modesto collezionista di racchette degli anni Settanta e Ottanta, quindi … qualcosa di legno e tantissima grafite, racchette come quelle che usavo da ragazzo come le Wilson Pro Staff, ne ho molte versioni, le Max 200 Dunlop, le Rossignol, anche una racchetta originale di Edberg.
PP: secondo te cos’ha in comune il collezionismo di libri di tennis con quello di altri libri, ma anche con quello dell’oggettistica di tennis?
CE: Io penso che il collezionismo sia un po’ una malattia, che è benevola e benigna quando non trascende nel fanatismo. Conosco tantissimi collezionisti che … sono anche dei pazzi furibondi. Me ne ricordo uno che mi dava appuntamento, per scambiarci le racchette da collezione, sotto i posti più impensati, sotto i ponti delle stazioni alle undici di sera, dentro una macelleria, cose di questo genere. Conosco gente che si sveglia alle cinque del mattino per andare – che so – a Fossano perché sa che lì al mercatino delle pulci c’è un signore che vende delle Diego Garcia (ndr racchetta di un campione argentino degli anni Ottanta ). In realtà, il bello del collezionismo è la ricerca, questa recherche matta e disperatissima dell’oggetto. Il fatto che si cerchino oggetti di tennis, libri di tennis o conchiglie, non fa grande differenza. C’è sempre quel “là” che ti muove. Io però distinguo due categorie di collezionisti, quelli che collezionano sempre la stessa cosa, come le racchette, e quelli che sono “collezionisti dentro” nel senso che amano l’arte del collezionismo in quanto tale. Ricordo a questo proposito il mio amico Massimo Filippini, possessore di una vasta quantità di racchette d’epoca, che da un giorno all’altro si rende conto di aver raggiunto il massimo e … ricomincia daccapo collezionando magliette da calcio. E da lì poi passando alle foto degli aerei…
PP: Quali sono i tuoi libri di tennis preferiti, e perché?
CE: Dunque, cerco di essere originale, il mio preferito è “Terribile Splendore” di Marshall John Fisher, che è il racconto della famosa partita fra il Barone Von Cramm e Fred Perry nella finale interzone di Davis a Wimbledon nel 1939. Poi c’è un bellissimo libretto che pochi conoscono, scritto da Paolo Villaggio e Adriano Panatta, si intitola Lei non sa chi eravamo noi, che è spassosissimo, soprattutto in un capitolo in cui racconta che – nel famoso Wimbledon di Panatta nel 1978 – il coach di Adriano per tutto il torneo fu proprio Paolo. Che poi oltretutto lasciò il torneo ai quarti di finale, e Panatta perse. Poi, uno dei miei preferiti in assoluto è “Vite brevi di tennisti eminenti” di Matteo Codignola, perché è scritto benissimo e tratta di una serie di personaggi molto particolari del tennis che poi sono un po’ fuori dal mainstream, che poi sono le cose che a me interessano di più.
PP: Nel tuo libro ambientato a New York racconti la storia degli anni Settanta di quella straordinaria città attraverso la lente del tennis. È sempre così? Il tennis può offrire davvero una buona prospettiva di un periodo storico? Penso ad esempio a Panatta che gioca il doppio con Chinaglia negli anni in cui la Lazio vince lo scudetto e il povero Re Cecconi viene freddato dal fucile di un gioielliere a Roma.
CE: Se riesci a inquadrare anche la prospettiva storica e ad associarla al Tennis, allora il libro può diventare una cosa davvero godibile. Terribile Splendore fa proprio questo, raccontando la partita del 1939 ma anche tutto quello che c’era dietro, ovverossia la guerra imminente, il Nazismo, le superpotenze che ancora non sapevano come schierarsi. In “Tennis e follia a New York” ho provato a raccontare una storia di Tennis come l’US Open del 1977, inserita nel contesto appunto dell’estate di quell’anno a New York, dove fondamentalmente avvenne di tutto. New York era praticamente fallita, interi quartieri erano lasciati a sé stessi, senza polizia, senza pompieri, tanto che ci fu il famoso incendio nel Bronx che devastò l’intero quartiere. Poi c’era un Serial Killer che impazzava nelle strade, l’avvento dell’era Disco, la factory di Andy Warhol, lo Studio 54, tutti elementi che poi vanno a inserirsi nel più pazzo Slam della storia, in cui appunto avvenne di tutto: dal transessuale che scese in campo al primo turno sul centrale da donna dopo aver giocato per venti da uomo, a Mike Fishbach, che da peone del Tennis si presenta con la sconosciuta Racchetta Spaghetti e batte Stan Smith, alla sparatoria nello stadio mentre giocava John McEnroe, e tutta un’altra serie di episodi sino alla Finale (ndr: Vilas batté Connors 2/6 6/3 7/6 6/0), che fu una sorta di corrida, unico caso di Slam in cui non ci fu la stretta di mano fra i giocatori al temine della partita;
CE: Ma ora lascia che sia io a concludere il tuo articolo con una domanda: e i tuoi, libri preferiti, quali sono?
PP: Dunque, per cominciare devo dire che tu e Luca avete di molto ristretto le mie possibilità di risposta citando buona parte dei testi che ho letto e che ho adorato durante la preparazione del mio “noir”. Ma ci provo lo stesso, citandone alcuni e sapendo di far torto a molti. Diciamo che per completezza di informazione devo iniziare da “Open. La mia storia” di André Agassi, testo che considero il capostipite della nuova letteratura tennistica e alla cui stesura ha contribuito in modo sostanziale niente meno che J. R. Moehringer, giornalista premio Pulitzer. Poi passerei a “Smash”, quindici racconti di tennis scritti da altrettanti personaggi noti, come Sandro Veronesi Carmen Llera Moravia e Matteo Garrone, che raccontano il loro sorprendente rapporto col Tennis e che dimostrano una teoria a me cara: se in una qualsiasi sala chiedi ai presenti se il Tennis ha rappresentato qualcosa di importante nella loro vita, almeno uno su tre alza la mano. Ultimamente poi mi ha divertito “C’era una volta il (mio) Tennis” di Claudio Pistolesi. Claudio si fa involontario sostenitore di un’altra mia teoria, quella per la quale il Tennis vissuto come esperienza di vita fa regali meravigliosi e inaspettati, come conoscere il Giappone o sentirsi chiedere scusa dal futuro Re d’Inghilterra. E l’ultima citazione non va a un libro o a una persona. Già, perché a mio modesto parere QUALSIASI parola di Tennis scritta da David Foster Wallace, da “Il Tennis come esperienza religiosa” a “Tennis, TV trigonometria e tornado” dovrebbe essere letta non (solo) nelle scuole medie, ma in tutte le scuole di Tennis.
Eccovi quindi pronti a far spazio per la vostra piccola (ma non troppo) futura (ma neanche tanto) libreria di Tennis. Ma se volete altri consigli, e magari confrontarvi direttamente con i protagonisti di questo articolo, c’è una bella occasione “live” da non perdere. Il prossimo martedì 27 febbraio a Milano, nella sala Wimbledon dell’Aspria Harbour Tennis Club, Vanna Rizzo di Tennistalker Magazine dialogherà coi protagonisti di questo articolo sul tema “I migliori libri di tennis”, primo appuntamento della serie “Conversazioni di Sport” organizzata da Laurana Editore (ingresso libero, posti limitati, per prenotazioni scrivere un messaggio WhatsApp al numero 351/640.1834)
(Paolo Porrati)