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    In quanti modi è possibile giocare e vincere a tennis?

    Il tennis è un gioco affascinante al quale è possibile accostare diversi registri, suggerisce il Prof. Alessandro Tosi storico dell’arte dell’università di Pisa. Per intenderci, ampiezze capaci di comprendere le varie estensioni artistiche per arrivare fino a quelle scientifiche. Una consuetudine antica, osservando le vicende del Caravaggio e addirittura le ricerche del padre del metodo scientifico: il sommo Galieo Galilei.

    Proprio lo scienziato pisano nel suo trattato sui massimi sistemi, riportava le evoluzioni della palla appena uscita dall’impatto dovuto alle corde di una racchetta.
    “Paraboliche come fan i giocatori di Pallacorda a lor vantaggio”, le testuali parole di Galileo per illustrare il moto planetario. E la Pallacorda, come alcuni sanno, è per l’appunto l’antesignano del tennis. Una vicenda incredibile questa, testimone della vitalità del gioco già in epoca rinascimentale.

    Da quel tempo, molti sono stati i cambiamenti in grado di portare la disciplina alla rappresentazione attuale. Oltre alle modifiche del regolamento, l’impatto dovuto alla trasformazione dei materiali è senza dubbio l’aspetto che più di ogni altro ha contribuito alla trasformazione del gioco. Basta pensare alla palla usata nel XV secolo, un oggetto del tutto differente rispetto a quello attuale.

    Il lawn tennis

    Strumento di gioco privo del supporto dell’invenzione della vulcanizzazione della gomma, per fare un semplice esempio. Così, nella seconda metà dell’Ottocento, grazie a importanti evoluzioni tecnologiche, veniva brevettato il Lawn Tennis. Diversi campioni magnificavano questa nuova avventura sui prati immacolati di Wimbledon. Filosofi della racchetta capaci di stimolare la nascita di idee innovative come le rotazioni catalogate come top spin, lo smash e il servizio eseguito da sopra la testa fino a quell’attimo esclusiva dei servitori da “Sottocapo”.

    In questo modo, la storia del tennis manifestava nel suo secolare decorso una vasta serie di novità.
    Campioni diversi con stili diversi, capaci di salire al trono del numero uno mondiale illustravano vie funzionali alternative, se non addirittura contrapposte fra loro. Di fatto, è possibile capire come tra i numerosi fuoriclasse, così come tra la massa dei tennisti comuni, il successo ad ogni livello abbraccia differenti tipologie di gioco costruite grazie infinite variabili, se volgiamo lo sguardo alle azioni esecutive volgarmente definite “tecnica”.

    Per cui, ogni tennista è diverso da un altro, un fatto palese sotto gli occhi di ogni appassionato, anche quello più distratto. Un aspetto che dimostra inequivocabilmente come a tennis sia possibile giocare attraverso variegate modalità.
    Malgrado sia questo uno sport dagli orizzonti infiniti, esistono alcuni riferimenti inamovibili. Una sorta di punti cardinali in grado di orientare la rotta nelle situazioni più difficili, da sempre. Per scoprire queste fondamentali risorse è indispensabile saper guardare dentro il DNA della disciplina.

    Un viaggio compiuto dal sottoscritto in altre diffusioni, realizzate anche per questa rubrica

    In tal maniera, è possibile osservare come oltre ai tre modi per conquistare il punto, argomento già trattato e presente in archivio, il gioco del tennis si compendia in due filosofie generali funzionali alla prestazione. La prima, raccoglie gli interpreti appartenenti alla visione “a un colpo in meno”. Tennisti che cercano di fare il punto diretto, possibilmente senza far toccare la palla all’avversario. La seconda, invece, recluta giocatori dal pensiero opposto, i tennisti “a un colpo in più”. Agonisti che fanno tornare sempre la palla oltre la rete, cercando di neutralizzare i piani avversari.

    Due scuole di pensiero, si potrebbe affermare in estrema sintesi. Così, due menti opposte si misurano nel labirinto della partita disegnata col sudore del corpo dentro lo steccato del campo, lo spazio per eccellenza espressione del mondo della racchetta. Metafora questa, in grado di rappresentare l’essenza stessa dell’esistenza, per dirla con le parole dell’amico Giorgio Nonni professore presso l’Università di Urbino.

    In conclusione, per identificare a quale delle due filosofie appartiene un giocatore professionista non serve certo possedere una scienza, essendo tale soggetto un prodotto finito. Viceversa, per quanto riguarda il mondo del tennis giovanile e amatoriale le cose sono decisamente molto più complesse.

    Per questo motivo occorre dotarsi dell’ausilio di una guida esperta per intraprendere un cammino correlato alle caratteristiche individuali e quindi arrivare ad esprimere il meglio del proprio tennis. Se gli appassionati fossero interessati a ulteriori approfondimenti, il mio consiglio è: scrivete alla redazione di TennisTalker. Solo in questo modo sarà possibile fornire delle risposte e quindi programmare soluzioni funzionali indirizzate al tennis per tutti i livelli.

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