Luca Bottazzi – Nell’insegnamento del tennis, non di rado, la tecnica è stata confusa con lo stile, alienandola irragionevolmente dalle componenti strategiche e tattiche della disciplina. Per tecnica tradizionalmente si intende l’aspetto esecutivo delle azioni proprie di uno sport, ma a seconda delle caratteristiche delle varie discipline questa assume valenza totalmente differente.
Per esempio, negli sport tecnico-compositori (tuffi, ginnastica, pattinaggio artistico, ecc.) essa è l’oggetto stesso della prestazione e presenta un modello al quale bisogna attenersi per regolamento. Un ambito in cui la vittoria è addirittura legata al voto di una giuria. Mentre nei giochi sportivi la tecnica è lo strumento per mezzo del quale si affrontano le differenti situazioni di gara e si risolvono problemi di natura strategica e tattica.
Nell’ambiente tennistico spesso si sente parlare di tecnica come fosse l’ombelico del mondo. Un epicentro attraverso il quale si regge l’intera disciplina. Così, viene sbadatamente dimenticato un fatto oggettivo: come l’esecuzione di un qualsiasi colpo costituisca invece la parte finale di un’azione motoria già precedentemente attivata, e a sua volta subordinata al processo del pensiero.
Ecco perché senza l’ausilio di un pregevole cervello tennistico anche il corpo più dotato, arriva solo a registrare qualche alterno successo.
Del resto, va ricordato nuovamente come la scienza affermi come non esistano al mondo due cervelli identici, così come due corpi uguali, neppure se guardiamo ai gemelli omozigoti. Una particolarità che ulteriormente va associata alla variabilità situazionale del gioco, se osserviamo bene il tennis.
Una disciplina dove nessun praticante al mondo colpirà mai la palla due volte nella vita nello stesso esatto punto del tempo e dello spazio, con il medesimo equilibrio, coordinazione e le stesse unità motorie di forza – Luca Bottazzi
Forse è proprio per queste ragioni che esistono così tanti modi di giocare diversi.
Gesti esecutivi, impugnature e quant’altro, mai perfettamente ripetibili con precisione neanche per lo stesso giocatore. In questo modo, si potrebbe certamente affermare come esista di fatto un tennis per ciascun interprete.
Quanto appena detto si riflette ampiamente nella fenomenologia dell’adattamento funzionale. Un processo in grado di compendiare le caratteristiche e le capacità individuali per relazionarsi con le circostanze ambientali. Una risorsa che ha permesso forse alla specie umana di staccare il biglietto verso l’evoluzione! Così, nel tennis, nessun regolamento vieta a un giocatore di impugnare la racchetta dalla parte contraria, quella del piatto corde per intenderci, e quindi tentare di colpire la palla col manico.
In questo caso, però, la probabilità di intercettare la palla con continuità controllando angoli, traiettorie e velocità della palla si riduce drasticamente, per dirla con le parole dello scienziato Howard Brody. Per cui l’idea risulterebbe bizzarra, del tutto disfunzionale alla prestazione.
Perciò, parlare di tecnica perfetta, o peggio ancora di tecnica pura nella disciplina del tennis, non ha alcun senso oggettivo né rilevanza scientifica.
Durante l’azione esecutiva (tecnica), la cosa che più conta è riuscire a trovare una relazione spazio temporale funzionale tra il corpo e la palla in arrivo, per arrivare nella miglior condizione possibile al momento dell’impatto. Un attimo che dura una impercettibile frazione di secondo (da 3 a 5 millesimi)! In quell’istante ogni tennista attraversa la palla, come riporta la letteratura internazionale, poco importa la gestualità impiegata prima e dopo tale “Momentum”.
Del resto, la gestualità è un elemento parte integrante di ciò che viene definito stile! Un marchio di fabbrica in grado di contraddistinguere ciascun individuo dagli altri.
Occhi che sanno focalizzare la palla, mani e piedi coordinati e veloci aggiustano ogni colpo, era il motto del grande coach americano Pancho Segura. Così, anche le neuroscienze suggeriscono molte vie per facilitare il compito per sviluppare al meglio l’azione tecnica, in particolare per tutti coloro i quali non sono dotati del talento dei grandi giocatori. Diversi sono gli spunti relativi a come muovere il corpo per cercare l’equilibrio, la stabilità esecutiva e quant’altro. Riporto a beneficio degli appassionati due brevi postulati:
1- Nell’azione esecutiva produrre il movimento in avanti, nel campo visivo. In questo modo il cervello impara con maggior qualità e in minor tempo;
2- Usare un movimento corto, perché consuma meno spazio e meno tempo. Un suggerimento questo capace di rendere più veloci anche i soggetti lenti.
In conclusione, per riassumere quanto sopramenzionato in qualcosa di pratico suggerisco un esercizio (A+B) di ausilio al ritmo. Una capacità coordinativa essenziale per ogni tennista. Dunque, l’esercizio si sviluppa a fondo campo giocando di rimbalzo. Cercate di indirizzare la palla verso il centro modulando la velocità, in modo da trovare continuità.
A- Prima che la palla rimbalzi davanti a voi chiamate a voce alta “Rimbalzo”;
B- Quando la palla esce dal rimbalzo, prima di impattarla, chiamate a voce alta “Colpo”.
Buon tennis!