Nel gioco del tennis nessuno è immune dall’errore. Anche nella finale di Wimbledon, quando si affrontano i primi due giocatori del mondo, gli sbagli sono sempre presenti. Si tratta di un semplice fatto! Del resto, il campione sa come fuggire dalla forza gravitazionale dell’errore. Grazie al suo sapere e alla sua psicologia, trasforma addirittura lo sbaglio in risorsa.
Ad esempio, la circostanza lo aiuta a riformulare il piano di gioco quando si rivela disfunzionale. Quando, invece, in alcuni giorni anche il grande tennista non riesce ad applicare questo processo cognitivo, ecco come lo stesso si ritrova immediatamente imprigionato, vittima dell’errore.
Così, basta osservare una qualsiasi partita a livello dilettantistico, per rilevare come entrambi i duellanti siano rispettivamente e costantemente vittime dei propri sbagli. In altre parole, quando il giocatore comune sbaglia tende a spegnere il cervello, a smettere di giocare.
Fortunatamente, spesso accorre in soccorso l’avversario che incappando in qualche errore assume a sua volta il ruolo di vittima, sollevando così dall’impaccio il rispettivo antagonista. Quest’ultimo tratto illustra in modo preciso la dinamica del tennis amatoriale. Un ambito nel quale viene spesso cercato il colpo vincente.
Il proverbiale asso nella manica scaccia guai, la risorsa mirabolante capace di risolvere ogni problema, senza pesi sul cuore – Luca Bottazzi
Eppure, il tennis è sport di logoramento psicofisico. Malauguratamente, nessuno sfugge da questo destino. Negare il fatto, significa non saper afferrare la struttura profonda di questo sport. In tal caso, consiglio vivamente di lasciar perdere le competizioni, a qualsiasi livello.
In questo modo, se è del tutto impossibile assomigliare ad un campione sul piano mentale, fisico e tecnico, è invece possibile cercare di emularlo, almeno parzialmente, nel comportamento.
Per cui, la prima cosa da apprendere è quella di saper accettare l’errore. Gli sbagli sono una condizione presente nelle categorie dilettantistiche tra il cinquanta e il novanta per cento dei punti giocati in una partita, in relazione al livello.
In tal caso, per aiutare questo processo diventa necessario saper riconoscere l’errore e quindi tentare di tradurlo in effettiva risorsa.
Una competenza fondamentale perché come vedremo in seguito non è assolutamente vero che sbagliando si impara. Il tutto dipende invece da come si sbaglia!
Diversi sono dunque i passi da compiere: vediamone alcuni.
La prima cosa da sapere sull’errore è riconoscere se rispetta il piano di gioco. Traduco! Se ho deciso di giocare una smorzata la palla che finisce in rete è correlabile col mio intento, quindi risulterà più facile da aggiustare. Così come l’errore di lunghezza, oltre la riga del fondo campo, nel caso in cui la traiettoria appartenga a un pallonetto.
In generale, per quanto riguarda il resto del gioco, è preferibile sbagliare in larghezza o in lunghezza, anziché in rete. Questo perché nei primi due casi il feedback è maggiore, quindi di maggior ausilio per attuare le eventuali correzioni. In altre parole, se ho tirato troppo lungo tenterò di produrre una traiettoria più corta. Viceversa, se la palla è finita larga, giocherò la prossima in maniera più accentrata, verso il centro.
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