Dopo il trionfo nella finale di Torino contro Alcaraz, Jannik parla con misura e sincerità: “Con Carlos ci conosciamo a memoria, ma ogni partita è diversa. Ho dato tutto quello che avevo oggi”
Jannik Sinner ha vinto le Finals 2025 e ha trovato le parole giuste per un commento finale sulla stagione solo dopo aver trovato i colpi giusti per infiocchettarla. Un successo in due set contro Carlos Alcaraz che sembrava scritto nelle pieghe del torneo, nei silenzi degli allenamenti, persino nelle tensioni degli ultimi punti. In conferenza stampa, Jannik è arrivato stanco ma lucido: una calma infusa da giocatore che ha appena chiuso un anno gigantesco e che non ha bisogno di alzare la voce per far capire quanto conti ciò che è successo in campo.
“Non voglio fare paragoni con la scorsa stagione,” ha detto subito Jannik. “Sono state due annate incredibili. Mi sento un giocatore migliore, ciò che è accaduto fa parte del processo. Ho perso poche volte e da quelle poche ho cercato di prendere il buono. Sono molto contento della stagione.” Una frase semplice, ma che restituisce il riassunto, e anche un po’ il senso del cammino: quattro finali Slam, ora il Masters, e un distacco minimo da Alcaraz in classifica.
Sulla partita, Jannik ha scelto il bisturi: niente enfasi, solo il “taglio” giusto. “Ci conosciamo bene, sappiamo cosa provare l’uno contro l’altro, sono i dettagli, anche minimi, a fare la differenza nelle nostre sfide“. La differenza, oggi, è stata il coraggio nell’interpretarli, quei dettagli. E quel set point da cancellare nel primo parziale e in effetti cancellato tirando una seconda a più di 180 chilometri orari pesa più di un trattato. “Avevo già servito qualche seconda standard nello stesso game e avevo perso il punto. Mi sono detto che dovevo cambiare. Avevo due o tre opzioni e ho scelto quella rischiosa, ma in un certo senso più ‘sicura’. Anche sbagliando avrei fatto il massimo, non avrei avuto rimpianti. A volte serve coraggio, a volte fortuna, ma te lo devi anche meritare.”
Quando gli chiedono del “crollo” a terra dopo il match point, Sinner sorride con un’aria che per metà sa di liberazione, per metà di pudore. “Ho pensato a tanto e a poco. C’era tanta tensione. Se avessi perso quel punto saremmo potuti andare al tie-break. È stato anche un sollievo: la stagione finiva lì.”
Non manca un passaggio sul rapporto con Alcaraz; un passaggio doveroso, dal momento che le sfide tra i due sono ampiamente diventate un classico del tennis moderno. “Siamo amici fuori dal campo, ci rispettiamo. Con lui posso parlare di tutto. Poi è chiaro che in partita non ci si regala niente.”
Poi una riflessione sul pubblico: “Mi ha aiutato nei momenti difficili. È normale, giocavo in Italia. Ma la gente ha rispettato entrambi. Questo evidenzia la rivalità sana e il rispetto reciproco che c’è tra noi.”
Infine l’ultimo colpo, quello più sincero: “Mi rende orgoglioso vedere che il lavoro funziona. Ci sono cose da migliorare e tutti nel team siamo allineati su questo. È stato un bel test, con alti e bassi da parte di entrambi. Vediamo la prossima volta, magari in condizioni diverse.”
Torino ha incoronato il suo campione, ma soprattutto ha consegnato all’almanacco annuale un Sinner che pare ancora più maturo, ancora più centrato, ancora più capace di tenere insieme criticità e ambizioni. Un ragazzo che non cerca spiegazioni nei dintorni della sala stampa, preferendo tendenzialmente darle sul campo. Poi certo, quando i risultati sono questi è più facile.



