Elena Rybakina ha conquistato le WTA Finals battendo Aryna Sabalenka, numero uno del mondo, con il punteggio di 6-3, 7-6(0). Un successo storico, che vale oltre 5,2 milioni di dollari e rappresenta il titolo più prestigioso della sua carriera dopo Wimbledon 2022. Ma la festa della kazaka si è trasformata in un caso mediatico che ha diviso il mondo del tennis
Durante la cerimonia di premiazione a Riyadh, Rybakina si è rifiutata di posare per la foto ufficiale con Portia Archer, CEO della WTA. Un gesto freddo e plateale, che ha interrotto il protocollo e attirato l’attenzione di tutti. Dietro a quel “no, grazie” pronunciato davanti ai fotografi ci sarebbe la protesta della giocatrice contro la WTA, colpevole, secondo lei, di aver gestito in modo ingiusto la sospensione del suo coach Stefano Vukov.
Vukov, allenatore croato e figura chiave nei successi della Rybakina, era stato sospeso all’inizio del 2025 dalla WTA per violazione del codice di condotta, a seguito di un’indagine interna nata dopo un’inchiesta di The Athletic. Secondo il rapporto, Vukov avrebbe tenuto comportamenti verbali e psicologicamente abusivi nei confronti della sua atleta, con frasi denigratorie come: “Senza di me saresti ancora a raccogliere patate in Russia”.
La sospensione è stata poi revocata in agosto, dopo un ricorso dello stesso Vukov. Durante quel periodo, Rybakina era stata affiancata da Goran Ivanisevic e Davide Sanguinetti, ma non ha mai preso realmente le distanze dal suo coach storico, difendendolo pubblicamente. In conferenza stampa, dopo il trionfo alle Finals, la kazaka ha spiegato in modo secco il suo comportamento:
“Abbiamo avuto l’opportunità di parlarne con la WTA, ma alla fine non è mai successo. Ognuno fa il proprio lavoro, e credo che continueremo così.”
Un messaggio che conferma la profonda frattura tra la campionessa e l’organizzazione che governa il tennis femminile.
Il gesto di Rybakina ha subito suscitato forti reazioni. Tra le più dure, quella dell’ex tennista Pam Shriver, oggi commentatrice e figura di riferimento del circuito:
“Immagina di vincere in un solo torneo più soldi delle ‘Original Nine’ in tutta la loro carriera, e poi mancare di rispetto alla CEO della WTA, che sta cercando di garantire maggiore sicurezza nello sport. È qualcosa di inimmaginabile.”
Le parole della Shriver hanno acceso ulteriormente la discussione, alimentando il dibattito su quanto lontano possa spingersi la protesta di un’atleta contro le istituzioni.
Sul piano sportivo, la stagione di Rybakina si chiude in modo straordinario: titolo a Ningbo, semifinale a Tokyo e trionfo alle Finals. Ma il suo rapporto con la WTA sembra più incrinato che mai. L’episodio di Riyadh potrebbe rappresentare una svolta nei rapporti tra atlete e organizzazione, sollevando domande cruciali su tutela, trasparenza e libertà di espressione nel tennis professionistico.



