Il russo commenta il momento buio dell’amico e collega tedesco e rilancia il tema della salute mentale nel tennis
Dopo la dura sconfitta subita da Alexander Zverev al primo turno di Wimbledon e la sua commovente confessione sul senso di solitudine e vuoto che sta vivendo, è arrivata la riflessione di Andrey Rublev, uno dei pochi tennisti ad aver parlato apertamente di salute mentale nel circuito.
“Non ha nulla a che vedere con i risultati”, ha detto Rublev in conferenza stampa dopo la semifinale persa a Los Cabos contro Kovacevic. “Quello che sta vivendo Sasha non dipende dal tennis in sé, ma da qualcosa che il tennis fa scattare dentro di lui. È lo stesso che è successo a me”.
“Anche per me il tennis era un innesco”
Il russo ha raccontato che anche lui, in passato, ha vissuto momenti di forte disagio emotivo, amplificati proprio dalla pressione del circuito: “Il tennis era un innesco, mi faceva esplodere cose che avevo già dentro. Poi ho iniziato ad affrontare me stesso, a lavorare su di me. Da lì le cose sono lentamente migliorate”.
Secondo Rublev, il tennis – e lo sport in generale – non è la causa del malessere, ma può far emergere fragilità già esistenti: “È una conversazione lunga e difficile. Ma tutti hanno le loro battaglie, che tu sia un atleta o no. Il tennis può solo tirarle fuori, metterle sotto pressione.”
Il silenzio che pesa nello spogliatoio
Rublev ha poi sottolineato quanto sia ancora raro che si parli apertamente di questi temi nel mondo del tennis professionistico: “Per me è stato relativamente facile parlarne. Ma non so se per tutti nel tennis sia così. Molti preferiscono non mostrare debolezze. Ma la verità è che ognuno lotta con qualcosa.”
Le sue parole arrivano in un momento delicato per Zverev, che nei giorni scorsi ha ammesso: “Non provo più gioia, né in campo né nella vita. Non so spiegare cosa mi stia succedendo, ma mi sento profondamente solo.”