Sasha Bublik nel weekend torinese ha decisamente alzato i giri del motore: dopo Altmaier, anche Bu racimola sei giochi. E le sue dichiarazioni post match non lasciano dubbi sull’autostima del kazako: “La vittoria era l’unica opzione”
Non è un caso se Alexander Bublik è così amato dal pubblico di tutto il mondo. Il motivo è semplice: non solo offre uno spettacolo tennistico fatto di velocità e creatività, caratteristiche rare da vedere tutte insieme, ma ha anche una personalità carismatica, capace di intrattenere chiunque in ogni occasione. Dopo aver trionfato nella terza edizione del Piemonte Open Intesa Sanpaolo – battendo in finale il cinese Yunchaokete Bu con un doppio 6-3 – ha preso il microfono e, con un perfetto italiano, ha salutato il pubblico con un “buongiorno signore e signori”, conquistando ancora di più l’affetto degli spettatori.
Quella appena vinta è la sua miglior affermazione su terra battuta e dimostra quanto si sia trovato a suo agio al Circolo della Stampa Sporting di Torino. L’evento torinese è sembrato subito entrare nelle grazie del kazako, tanto da averlo spinto a dare il massimo sin dal suo arrivo in città. Nei sei giorni di torneo, ha disputato e vinto cinque match di altissimo livello, mostrando spesso il meglio del suo repertorio.
Anche nella finale, durata appena 73 minuti, Sasha ha dominato dal primo all’ultimo punto, approfittando anche dei problemi fisici dell’avversario, che ha avuto fastidi alla schiena fin dall’inizio. Bublik, classe 1997, è sempre riuscito ad alzare il ritmo quando serviva: come quando, avanti 5-2 nel primo set, ha perso il servizio ma ha immediatamente reagito con un altro break; oppure quando nel secondo set, dopo essersi portato sul 4-2, ha subito il controbreak, per poi riprendersi subito il vantaggio. Ha poi chiuso il match con un game perfetto, concluso con un ace di seconda che ha sigillato una vittoria netta e meritata.
Degne di nota anche le sue parole dopo la partita; parole che dimostrano ancora una volta come all’istrionico Sasha non faccia certamente difetto l’autostima. “L’unica opzione era vincere,” ha detto con il microfono sotto al naso. “Per me giocare nel circuito Challenger rappresenta un piccolo passo indietro rispetto al livello a cui ho giocato per gran parte della mia carriera. Penso di essere più forte della maggior parte dei ragazzi che c’erano qui e a partire dalla prossima settimana ad Amburgo voglio tornare a esprimermi al meglio nei tornei che mi competono“. Parole che potrebbero apparire spocchiose, non si conoscesse il personaggio. Di sicuro non hanno offeso il pubblico, che per tutta la settimana l’ha eletto a idolo indiscusso. Per quanto riguarda i suoi colleghi… non sappiamo proprio. Ma ormai tutti dovrebbero avere imparato a conoscerlo.
Nel tabellone di doppio successo invece per l’uruguaiano Ariel Behar e il belga Joran Vliegen, che in finale hanno superato per 6-2 6-4 il tedesco Hendrik Jebens e l’olandese ex 33 ATP in singolare Robin Haase.