Dopo aver chiuso imbattuto il girone delle Finals, l’azzurro dice la sua sul Mondiale del tennis: “Il calendario non permette ai migliori di esserci ogni stagione. Voglio vivere la Davis autentica, quella con lo stadio che tifa contro“
Jannik Sinner si è presentato in conferenza stampa con la serenità di chi sa esattamente dove vuole andare. Aveva appena chiuso la fase a gironi delle Nitto ATP Finals senza perdere un set, regalando un’altra prestazione brillante contro Ben Shelton, e già il pensiero correva alla semifinale contro Alex de Minaur. Ma la sorpresa è arrivata quando la conversazione si è spostata sulla Coppa Davis: un tema che l’altoatesino ha deciso di affrontare con insolita chiarezza.
“Mi piacerebbe che si giocasse ogni due anni,” ha detto Jannik senza esitazioni. Una frase che ha immediatamente acceso l’attenzione, perché tocca uno dei punti più dibattuti del tennis contemporaneo e perché esposta senza compromessi da un protagonista influentissimo.
In un calendario sempre più saturo, spalmare la competizione su due anni potrebbe dunque semplificare la vita ai top player dando loro la chance di esserci sempre o quasi? “Con l’agenda che abbiamo oggi, è difficile avere i migliori in campo ogni stagione, per giunta alla fine di un anno durissimo. Una Davis biennale permetterebbe invece di respirare, di collocare semifinali e finale in momenti più logici.”
Poi Sinner è andato oltre il calendario, toccando l’essenza “spirituale” della competizione. “Io la vera Davis non l’ho mai giocata,” ha spiegato il numero due del mondo. “Non sono mai stato ospite in quei posti dove tutto lo stadio tifa ferocemente per la propria nazione. Vorrei vivere quell’atmosfera lì. In casa è bellissimo, ma l’identità della Davis è anche affrontare un Brasile o un’Argentina con il pubblico che ti spinge contro.”
Una posizione netta e, al tempo stesso, carica di ambizione: Sinner non chiede una Davis più comoda, chiede una Davis più intensa.
Tornando alla stretta attualità la sua marcia a Torino prosegue senza incrinature. La semifinale con De Minaur arriva con un bilancio tombale negli scontri diretti di 12-0 per l’azzurro; bilancio che Sinner ha liquidato con la classica naturalezza. “Non conta nulla. Ogni partita è diversa, ogni giorno cambia tutto. Lui ha passato momenti duri, poi ha giocato una delle sue migliori partite con Fritz. Sarà dura, sarà fisica, ma non vedo l’ora di scendere in campo.”
E quando gli chiedono se con la fase a eliminazione diretta cambi anche l’approccio al mestiere, Sinner resta fedele alla sua linea: “No. Ogni match conta, anche nel girone. L’obiettivo è sempre lo stesso: essere pronto, giocare il mio tennis e crescere.”
Una chiusura semplice, quasi disarmante, che però racconta bene, ancorché in sintesi, il personaggio Jannik Sinner: lucido, concreto, concentrato sul presente, ma con idee molto chiare sul futuro del tennis. E soprattutto su cosa dovrebbe essere, per davvero, la Coppa Davis.



