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    Djokovic-Alcaraz, polemiche sull’orario scelto dagli organizzatori dello US Open

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    Il serbo giocherà la semifinale alle 15 locali: i tifosi parlano di decisione penalizzante. “Si favorisce Alcaraz. Tutto è apparecchiato per la finale con Sinner”

    L’attesa per la semifinale tra Novak Djokovic e Carlos Alcaraz si trascina una discreta coda di polemiche. Alcuni tifosi del serbo ventiquattro volte campione Slam hanno criticato la decisione degli organizzatori dello US Open di programmare la sfida alle 15 locali, orario insolito per un match di questa portata sul Centrale di Flushing Meadows.

    Il trentottenne serbo, reduce da qualche problema fisico e da un torneo logorante considerata anche la carta d’identità non proprio verdissima, affronterà dunque il rivale spagnolo nel pieno del caldo pomeriggio newyorkese. Alcaraz, ventidue anni e già cinque volte campione Slam, sembra avere meno problemi a reggere i ritmi imposti da condizioni climatiche estreme: l’età in questo caso non può essere solo un numero.

    L’accusa dei tifosi: “Si sogna la finale Sinner-Alcaraz”

    In molti ricordano che i match più attesi dello US Open, soprattutto nelle fasi decisive, sono stati tradizionalmente collocati in sessione serale. La scelta di anticipare la sfida al pomeriggio è stata letta da alcuni sostenitori del serbo come una mossa tattica: creare difficoltà a Novak Djokovic e aprire la strada a una possibile finale tra Carlos Alcaraz e Jannik Sinner, campione in carica e attuale numero uno del mondo. Congetture? Vittimismo? Cervellotiche elucubrazioni? Può darsi, ma al tifo non si comanda.

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    Detto che il palinsesto del torneo sembra dettato da esigenze prettamente televisive, considerato che almeno una delle due semifinali dev’essere fruibile a un orario comodo anche per il pubblico europeo, sui principali social network non sono mancati commenti critici nei confronti dell’organizzazione. Secondo la visione dei maggiori accusatori, la combinazione di orario e performance fisiche potenziali renderebbe più complicato il cammino di Nole, che pure resta l’uomo dei record e delle rimonte impossibili.

    Tra poche ore, però, a parlare sarà l’Arthur Ashe: il Centrale di New York, solito giudice di ultima istanza, emettera conferme, smentite e, perché no, qualche alibi.

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