Jannik si è separato da mezzo team forse per dare una sferzata all’ambiente dopo Parigi. Nole sornione, di lui non ci fideremmo. Alcaraz sereno, forse troppo? Nel femminile Sabalenka sembra ben disposta. Dovesse saltare, ci aspettiamo una sorpresona
Sitting in an english garden, waiting for the sun. Aspettava il sole, John Lennon, corroborato il giusto da additivi psichedelici. Noi, più modestamente, rovistiamo tra gli indizi, sogguardiamo occhiuti gli atteggiamenti dei candidati alla vigilia e diciamocelo, non vediamo l’ora che si cominci a colpire la pallina di feltro gialla sull’erbetta più sacra e accudita del mondo.
Domani, nei giardini dell’All England Club, scatta l’edizione numero 138 dei Championships, e chi sarà il tricheco più grosso lo scopriremo solo tra un paio di settimane. Jannik Sinner, che come miglior risultato qui può vantare la semifinale ceduta a Sua Maestà Novak Djokovic nel 2023, ha optato per un avvicinamento tumultuoso licenziando mezza squadra a meno di tre giorni dal via. Un rimpasto, anche se ancora non si conoscono i nomi del Ministro alla preparazione fisica e del sottosegretario alla fisioterapia.
Scelta anomala anzichenò, soprattutto per la tempistica, anche se non sappiamo ancora, e forse non sapremo mai, cos’è davvero successo tra le mura dello spogliatoio del numero uno del mondo. Jannik, come prevedibile, nel corso della classica conferenza convocata nel giorno dell’antivigilia ha detto e non detto. Il suo discorso, un po’ per usuale garbo, un po’ per usi e costumi della casa, fors’anche per un pizzico di reticenza, è tutto girato attorno al concetto di squadra, e il paragone con la brigata di cucina guidata dal padre Hanspeter ha spiegato molto più di tante parole eventuali buttate al vento.
Più che un paragone, in effetti, un’allegoria sul concetto di fiducia. Se non ti fidi dei tuoi collaboratori, meglio che qualcuno cambi aria. Siccome Jannik non fa il cuoco e lì ci deve stare per forza lui, gli altri si accomodino all’uscita. Tutto molto più semplice di quanto non l’abbiano fatta le migliaia di addetti ai lavori – noi compresi, perdonateci e perdonate l’oscena definizione appiccicata alle varie categorie coinvolte -, che attendevano la preda dello scandalo come avvoltoi plananti sfruttando le correnti ascensionali del Media Day.
Viene da pensare anche un’altra soluzione residuale, visto che le conclusioni semplici destano invariabilmente il sospetto di chi batte sui tasti: dopo la batosta morale del Roland Garros, Sinner ha voluto dare una maxi-sferzata a sé stesso e a quelli che gli stanno intorno. Una gigantesca doccia gelata per tutti; un colpo di spugna utile a mettersi ancora di più sotto l’occhio di bue e costringersi dunque a reagire.
Di una reazione, in effetti, ci sarà bisogno, perché il sorteggio è stato così così e dalle sue parti, in tabellone, l’urna ha mandato gente pericolosa, che l’ha già battuto sui prati. I problemi cominceranno presto, ma del potenziale percorso di Jannik abbiamo già detto in un articolo dedicato. Qui ricordiamo solo che in ottavi dovrebbe presentarsi Tommy Paul, capace di battere una sola volta Sinner in cinque tentativi e realizzando l’impresa proprio sul verde, a Eastbourne nel 2022.
Detto del tutt’altro che scontato derby con Musetti nei quarti, la Final Four porrebbe il numero uno del mondo al cospetto di Draper o Nole. Jack, amico fidato – a proposito di stima e fiducia – al Queen’s nel 2021 dimostrò al mondo la differenza che passa tra un atleta che sull’erba ci è cresciuto e uno che invece no, mentre il signor Novak Djokovic ha sculacciato il kid di Sesto Pusteria due volte consecutive sui sacri prati, nei quarti dell’edizione 2022 e in semifinale, come detto, l’anno dopo. Superfluo aggiungere il conto del serbo da queste parti, ma farebbero sette titoli, che faccio, lascio?
Nole, in conferenza stampa, è apparso sereno, istrione e finanche un pizzico fatalista. “La migliore chance che ho di vincere il venticinquesimo Slam è proprio qui,” ha dichiarato la leggenda, che ambirebbe lasciare la compagnia di William Renshaw e Pete Sampras fermi a sette titoli a Church Road per raggiungere Roger Federer a quota otto, nonché a diventare l’unico tennista della storia, uomo o donna, a vincere 25 Major staccando Margaret Smith Court con la quale al momento divide il record di 24.
Il serbo, trentotto anni, ha in qualche modo voluto togliersi un po’ di pressione dalle spalle: “Non so se quello trascorso sia stato il mio ultimo Roland Garros, non so se sarà il mio ultimo ballo qui, o quale sarà il prossimo Slam che giocherò, la mia speranza è quella di rimanere in salute e di poter competere per molti anni ancora,” come dire, quel che viene venga, il mio l’ho fatto, ma poi non ha resistito: “Wimbledon mi dà quella spinta mentale extra per esprimere il mio miglior tennis ad altissimo livello“. Eccolo là, famelico come sempre, ma non c’era bisogno di segnalare alcun pericolo, perché il pericolo è sempre stato lì.
Nole, segnale interpretabile come volete ma insomma ci siamo capiti, si è anche preso la scena sul finale della conferenza stampa di Aryna Sabalenka, la dominatrice del circuito femminile nell’ultimo anno e mezzo e principale favorita al trono femminile. Notato il collega sulla porta della sala stampa in attesa del proprio turno, Aryna l’ha invitato a entrare, chiedendogli poi come l’avesse vista nel corso dell’allenamento condiviso il giorno prima. Nole non si è fatto pregare, e da attore consumato quel è ha risposto da par suo. “Hai talento, ma è tutto un po’ troppo piatto, devi metterci più energia!“. Risate dei giornalisti, il centro del palcoscenico lo occupa sempre quello di Belgrado.
La bielorussa è la netta favorita dei bookmakers, che ne pagano la vittoria finale in media 3,60 volte la posta. La seconda, per dire, è l’insondabile Elkena Rybakina, qui campionessa nel 2022, alla quale è stato affibbiato un moltiplicatore pari a 6,50, se non il doppio, quasi. Francamente, se dovesse saltare Sabalenka, può succedere di tutto, ed è anche il bello del tabellone femminile. Oltre a Rybakina, ci permettiamo di dare buone chance a Coco Gauff, forse trasformatasi in giocatrice da lenti fisici ma pur sempre esplosa quindicenne a Church Road nel 2019; Madison Keys, che a trent’anni sembra aver messo insieme i pezzi del proprio tennis e Mirra Andreeva, la quale può incappare a tratti in qualche rompicapo insolubile ma apprende a doppia velocità rispetto ai comuni mortali.
Un discorso a parte meritano Iga Swiatek e Marketa Vondrousova: l’ex numero uno è finita in una preoccupante spirale negativa una volta perso l’ancoraggio sicuro al primato, mentre la mancina ceca, clamorosamente campionessa nel 2023 e sparita dai radar per mesi a causa di un antipatico infortunio alla spalla, è riemersa all’improvviso sull’erba berlinese la scorsa settimana apparendo improvvisamente pronta a recitare la parte dell’underdog, ruolo immancabile in qualsiasi sceneggiatura a sfondo sportivo che si rispetti.
Jasmine Paolini dovrà fare i numeri per confermare la finale dell’anno scorso, ma Jas ci ha abituati allo straordinario, e la campionessa in carica Krejcikova non ha avuto dal proprio fisico un momento di pace negli ultimi dodici mesi. Nell’aria c’è sempre e comunque un profumo di sorpresona, come sanno e temono gli allibratori.
Chiudendo il cerchio, e tornando per un minuto ai ragazzi, ci sarebbe a zonzo nei prati anche Carlitos Alcaraz, regnante sull’All England Club da ventiquattro mesi tondi. In qualità di detentore del trofeo, e ossequiando l’ultracentenaria tradizione del luogo, il numero due del mondo aprirà i lavori sul Campo Centrale domani alle 14.30 contro il nostro Fabio Fognini, che giocherà a Wimbledon per l’ultima volta.
“Sono qui per vincere il titolo,” ha dichiarato il fenomeno da El Palmar ai giornalisti. Beata gioventù, e c’è pure chi, per esempio il suo coach Juan Carlos Ferrero, ne critica la spensieratezza. Chi non vorrebbe avere quell’ambizione, ragazzo mio. Less is more, dicono opportunamente gli anglofoni, inutile sovraccaricare la mente con ragionamenti arzigogolati e paroloni, ché di pressioni ce ne sono già abbastanza.
Non ci resta che stravaccarci sul sofà, taccuino alla mano. Da domani tutti in bianco. Parliamo di dress code, s’intende.