La numero uno del mondo vince il suo primo titolo a Miami, il diciannovesimo della carriera. Aryna sembra costantemente sull’orlo della disperazione, eppure domina alla distanza
[1] A. Sabalenka b. [4] J. Pegula 7-5 6-2
Se qualche professionista illuminato riuscisse a far capire ad Aryna Sabalenka che non sarebbe necessario, e nemmeno giusto, esibire l’espressione afflitta di chi è prossimo al dramma personale per colpa di un dritto sbagliato in una situazione di netto vantaggio, probabilmente non ce ne sarebbe per nessuna.
La numero uno del mondo ha vinto per la prima volta il torneo di Miami, conquistando così l’ottavo “1000” della carriera, il diciannovesimo titolo complessivo, il secondo del 2025 dopo il centro a Brisbane in avvio di stagione e a parziale risarcimento delle due finali perse a Melbourne e a Indian Wells. Lo ha fatto soffocando sulla distanza il tentativo di ribellione messo in piedi da un’avversaria davvero troppo stanca per competere fino in fondo. Pegula, non dimentichiamolo, è arrivata all’ultimo atto in Florida avendo superato tre maratone estenuanti, due delle quali consecutive tra il quarto con Emma Raducanu e la semifinale contro la sorpresa del torneo Alexandra Eala.
Sabalenka ha vinto perché, nonostante un sistema nervoso sempre sul punto di friggere e immotivatamente, ha giocato meglio e semplicemente non avrebbe potuto perdere, non alla distanza. Poi è stata brava a infilare la quarta quando è arrivato il momento di tenere lontani ulteriori cattivi pensieri, questo va detto. La povera Jessica, che ha dato tutto, ha dovuto soccombere ancora una volta: quella di oggi è stata la terza sconfitta consecutiva in una finale “pesante” sul cemento al cospetto della tre volte campionessa Slam, dopo quelle subite a Cincinnati e a New York la scorsa estate. Il primo set di oggi si è chiuso sul 7-5 Bielorussia esattamente come tre dei quattro precedenti giocati: corsi e ricorsi non necessariamente benauguranti, per la giocatrice da Buffalo.
La prima frazione è vissuta su nervi, servizi contumaci e occasioni sprecate: per sette volte su dodici turni la giocatrice al poligono non ha saputo conservare la battuta, e in tre occasioni chi era in vantaggio di un break è stata ripresa: prima Aryna dal 2-0, poi Pegula dal 3-2, infine ancora la “tigre di Minsk”, nell’occasione non proprio tigre e anzi piuttosto spaurita, sul 5-3 arrivato grazie a un nastro fortunoso e al successivo lob ben giocato sul disperato recupero della tennista USA. Il tutto a rinviare di qualche minuto di troppo lo strappo decisivo della numero uno, che con un parzialone di otto punti a zero ha portato a casa il primo set.
Il secondo, in verità apertosi con l’estremo tentativo di ribellione offerto da Pegula, che l’ha inaugurato conquistando il break dell’1-0, non ha avuto storia: le energie nel serbatoio della numero 4 WTA hanno velocemente preso a tendere al rosso, mentre Sabalenka, finalmente in qualche modo rasserenatasi nonostante alcune espressioni da tragedia interiore esibite a buoi ormai scappati dalla stalla (dell’avversaria), ha cominciato a giocare decisamente meglio, finendo per vincere in scioltezza.
“Sei una delle mie migliori amiche nel Tour, sono veramente dispiaciuta di averti battuta,” ha signorilmente detto all’avversaria Sabalenka nel corso dell’intervista in campo. “La vittoria non si può dividere, ma condividerei volentieri il montepremi con te“. I soldi non devono essere un problema, ma la solidarietà è un valore. Aryna, dopo i ringraziamenti di rito al team e una plateale dichiarazione d’amore al fidanzato arrossito in tribuna, potrà festeggiare sul serio: per pensare alle prossime sfide con Iga Swiatek sul mattone tritato c’è ancora un po’ di tempo.