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    Michael Agwi : The United Colors Of Tennis

    Conosciamo più da vicino una giovane promessa del tennis che sta disputando il Challenger di Rovereto

    Mamma ucraina, padre nigeriano, passaporto irlandese e formazione tedesca: è l’affascinante mix di Michael Agwi, uno dei giocatori che hanno scalato la classifica più velocemente nel 2024. A Rovereto sta mostrando un tennis un po’ acerbo ma – potenzialmente – dirompente. “Non devo farmi prendere dal panico. Da bambino giocavo a calcio, ma poi…”.

    Ci sono scommesse sicure, predestinati la cui strada verso il successo sembra segnata. Per esempio, Martin Landaluce. Ma ci sono altre storie, ancora più affascinanti, perché arrivano dal nulla o giù di lì.

    Chi ha visto giocare per la prima volta, Michael Agwi ha sicuramente strabuzzato gli occhi. (NdR: noi di TennisTalker eravamo presenti duranti il match contro Enrico Dalla Valle e possiamo confermare!).

    Potente, brillante, completo… Com’è possibile che sia soltanto numero 423 ATP e abbia dovuto giocare le qualificazioni?

    Le risposte si trovano tra le pieghe della partita contro Enrico Dalla Valle, gestita con una certa comodità per un set e mezzo, ma che poi si è complicata maledettamente, tra matchpoint annullati ed errori grossolani.

    Alla fine l’irlandese l’ha spuntata col punteggio di 6-1 6-7 6-3 e sarà l’avversario di Francesco Maestrelli al secondo turno. Per lui è soltanto la seconda apparizione nel main draw di un ATP Challenger: anche se il 2024 è stata la stagione della svolta si vedono alcune scorie dell’anno scorso, quando si era prefissato di entrare tra i primi mille e aveva fallito l’obiettivo. 

    Quest’anno ha vinto quattro titoli ITF e ha scalato settecento posizioni. “Ho giocato molto bene nei primi due set, ma al momento di chiudere ho iniziato a pensare troppo, e ho improvvisamente perso la prima di servizio – racconta Agwi – la concretezza al momento di chiudere le partite è qualcosa su cui devo lavorare. Ho avuto problemi di questo tipo anche la scorsa estate, quando ho giocato in Bundesliga con il mio club di Berlino. Però, nel complesso, ho giocato molto bene”. E possiamo confermarlo.

    Alto, slanciato, potente, ha tutto per diventare un grande giocatore.

    BASTA PANICO

    E poi è aiutato da un affascinante incrocio di razze, svelato direttamente da lui. “Mia madre è ucraina, mio padre è nigeriano. Lui studiava in Ucraina e si sono conosciuti lì. Poi si sono trasferiti in Irlanda per lavoro, io sono nato a Dublino ma quando avevo un anno si sono spostati in Germania, a Berlino”.

    In effetti Michael parla con un accento tedesco abbastanza marcato e afferma di parlare bene il russo, oltre a provare a imparare l’ucraino. Un mix affascinante, che potrebbe anche attirare parecchi sponsor. Michael è accompagnato a Rovereto dalla madre Olga, a cui è legatissimo (“Ha lavorato di notte negli hotel per permettermi di giocare”), e sta provando a metterci del suo.

    Quest’anno ha compiuto un salto di qualità impressionante: “Credevo di poter giocare bene già due anni fa, ma adesso è cambiato qualcosa nella mia mente – racconta deciso – adesso ho più fame di vincere, sono più concentrato e aggressivo: questo non significa che riuscirò a giocare tutti i punti al 100%, ma che lotterò su ogni palla. Inoltre voglio imparare a gestire le sconfitte. Faccio tutto meglio rispetto al passato, ma c’è ancora tanto da migliorare. Lo vedo a ogni partita, oggi sono andato nel panico quando era il momento di chiudere, anche nel terzo set. Devo migliorare ancora”.

    I tornei Challenger sono la linea di passaggio ideale per capire come funziona il tennis “vero”. Agwi se ne sta accorgendo, perché ha le idee chiare sulle differenze con il circuito ITF: “A questo livello tutti sfruttano le loro chance – racconta – se arriva una palla lenta o corta, tutti attaccano senza esitazione. Non c’è spazio per errori, come si è visto nel secondo set. Sicuramente è più dura, anche perché c’è un enorme livellamento: non c’è molto gap tra le teste di serie e tutti gli altri”.

    TENNISTA GRAZIE… A UN DENTE ROTTO

    Nonostante abbia appena 21 anni, ha già imparato ad ascoltare il suo corpo ed evita di andare in overtraining. Quando si allena presso il suo club, il Blau Weiss Berlino, segue ritmi non maniacali: “Cerco di lavorare dalle 2 alle 4 ore al giorno, mi dedico alla preparazione atletica tre volte alla settimana e mi tengo sempre un giorno di riposo. Più in generale, cerco di adattare l’allenamento al mio fisico. Provo ad assecondare le mie sensazioni”.

    Idoli veri e propri non ne ha avuti, anche se ha ammesso di amare allo stesso modo i Big Three: “Quando ero piccolo guardavo soprattutto Federer, amo la mentalità di Nadal e adoro le capacità e le abilità di Djokovic”.

    E pensare che da ragazzino poteva diventare un calciatore. “All’età di 7 anni mi sono dedicato al calcio, ma poi per colpa di qualcun altro mi sono rotto un dente, così mia madre mi ha detto di concentrarmi sul tennis”.

    La passione per il calcio gli è rimasta nel tifo, poiché sostiene il Barcellona (“Grazie a Lionel Messi”) e il Borussia Dortmund (“Per via di Marco Reus”). Ma il calcio ha lasciato spazio a un’avventura molto affascinante, che potrebbe vivere pagine molto, molto intriganti. E Rovereto potrebbe essere il luogo dei primi capitoli, delle prime storie dell’avventura di Michael Agwi.

    (Fonte: Ufficio Stampa Trofeo Perrel-FAIP)

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