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    McEnroe torna a criticare l’esclusione di Djokovic: “Una presa in giro”

    John McEnroe non le manda a dire riguardo l’attuale esclusione di Djokovic dallo US Open: “No, non penso sia giusto. Penso sia una presa in giro”.

    Per quanto la sua sia una posizione diversa rispetto a quella del serbo, resta il fatto che a suo dire privare Nole della possibilità di entrare negli Stati Uniti in questa fase della pandemia è una baggianata: “Io mi sarei fatto il vaccino e sarei andato a giocare, ma lui ha delle convinzioni molto forti e bisogna rispettarle. In questa fase della pandemia, dopo due anni e mezzo che va avanti, penso che in tutto il mondo le persone ne sappiano di più, e l’idea di non poter viaggiare qui per giocare per me è una presa in giro”.

    In ballo c’è ovviamente la corsa al maggior numero di titoli Slam, corsa che ne porta con sé un’altra, quella per essere inequivocabilmente riconosciuto come il migliore di sempre: “È una domanda di cui tutti vogliamo sapere la risposta. Ovviamente Rafa ne ha beneficiato. Naturalmente se qualcuno ha vinto l’AO otto o nove volte penseresti che in un certo modo si è perso un’opportunità”.

    “Quei tre sono già al di sopra di tutti gli altri. Rafa in Australia è stato capace di venirsene fuori con una vittoria miracolosa che non in molti si aspettavano. A Wimbledon è stato il turno di Novak, mentre Rafa si è infortunato. Quindi diventa estremamente interessante vedere questi due giocarsela; e poi vien da pensare a Roger Federer, ma lui è da un po’ che è infortunato”.

    Sul fatto che a Djokovic in faretra restino ancora non poche frecce McEnroe non ha dubbi: “Chi direbbe che non può andare avanti così ancora due o tre anni? Mettiamo che ne vinca ancora due o tre. Non è per niente impossibile. Nonostante questa situazione, può ancora arrivare a 25”.

    La grandezza del serbo può quindi permettergli di superare questo momento pesante da vivere, anche se non sono da escludersi degli ennesimi strascichi (dopo quelli post-AO): “Penso che questo abbia reso il tutto più complicato, perché mentalmente influisce. Allenarsi quest’ultimo mese o queste ultime sei settimane senza sapere se giocherà, mentalmente mette a dura prova, proprio come quando è stato cacciato dall’Australia. Credo gli ci siano voluti tre, quattro mesi per rimettersi in sesto”.

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