Luca Bottazzi – “Molti tennisti guardano alla palla solo come se fosse un oggetto da colpire. Non la considerano un elemento a sé stante del gioco, come l’avversario. La usano come un mezzo per raggiungere un fine. Ma immaginiamo per un attimo che la palla sia un individuo. Un terzo attore presente nella partita. Da che parte starà? Dipende da voi.” Queste sono solo alcune parole del grande Tilden, il Leonardo del Tennis.
Parole scritte in uno dei suoi numerosi testi e riportate dal sottoscritto in veste di autore nel libro “Il Codice del Tennis Bill Tilden arte e scienza del gioco”.
A tutti gli effetti, la palla è l’oggetto più bizzoso e nel contempo più seducente che bisogna cercare di comprendere. Eppure, forse non tutti sanno come la palla resti sulle corde di una racchetta poco più di tre millesimi di secondo, a prescindere dal livello di gioco. Rilevazioni, puntualmente riportate dalla mirabile ricerca di Howard Brody in “Tennis Science for tennis player”. Per cui, all’interno di una partita di cinque set in grado di superare le cinque ore, come per esempio quella di Wimbledon 2019 tra Djokovic e Federer, i tennisti arrivano a produrre circa un migliaio di colpi ciascuno. Dunque, i conti sono presto fatti!
Perché in tal caso la palla resta sulle corde delle rispettive racchette non più sette secondi. Questa è la ragione per la quale è necessario occuparsi in primis di tutti quei fenomeni che invece accadono nel resto del tempo e costituiscono la prestazione. Momenti in grado di costruire le condizioni attraverso le quali la palla viene prima intercettata e poi colpita, se guardiamo all’azione esecutiva.
Eppure, è facile osservare come molti tennisti amatoriali si muovano all’interno di un rapporto spaziotemporale in modo disfunzionale rispetto alla palla. Come se fossero al di fuori della sua orbita. Difatti, nel timore di non riuscire a intercettare il colpo avversario, diversi tennisti dilettanti finiscono per andare addirittura addosso alla palla. Ulteriormente, arrivano in ritardo su palle lente, e spesso colpiscono quando la stessa dopo il rimbalzo è in fase calante. Questo quadro disastroso si manifesta ovviamente nell’azione esecutiva (tecnica), la parte visibile della prestazione. Situazione puntualmente corretta minuziosamente dagli addetti ai lavori, attraverso i più disparati marchingegni tecnologici in modo da partorire analisi dettagliate. Un processo che evidenzia di fatto una constatazione oggettiva: come l’effetto venga ahimè confuso con la causa.
Sostanzialmente, le radici di tale fenomenologia sono invece legate a ben altri fattori. Per fornire un’idea pratica agli appassionati illustro uno tra i moventi principali causa di tal bordello, per dirla come il sommo poeta.
Ebbene, l’origine di questo problema dipende innanzitutto da come si usano gli occhi per guardare la palla durante il gioco. Questa negligenza è l’origine principale di molti errori sul piano esecutivo (tecnico).
Difatti, quando la palla è in arrivo durante la traiettoria di volo, basta smettere di inquadrarla per un breve istante e la possibilità di sbagliare il colpo aumenta di quasi cinque volte. In tal maniera, ponendo attenzione al processo è possibile diminuire sensibilmente la percentuale degli sbagli e così iniziare una nuova relazione virtuosa con la palla. Del resto, se si volesse approfondire il tema, sarebbe necessario descrivere anche i diversi trucchi per migliorare la focalizzazione sulla palla in arrivo. Un’attenzione particolare che invece non bisogna assolutamente impiegare dopo averla colpita, dunque nel momento in cui la palla esce dalle corde per volare verso il campo avversario.
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