Da Sinner a Djokovic, passando per Alcaraz e Draper: Toronto perde mezza nobiltà del circuito. Infortuni, gestione, fatica. Resta il torneo, cambiano i protagonisti. Ma il sistema scricchiola
È un Masters 1000 con i seggiolini d’onore vuoti, quello appena inaugurato a Toronto. I più forti – o quelli più chiacchierati – hanno fatto marcia indietro. Chi per fatica, chi per acciacchi, chi perché c’è un momento in cui conviene tirare il fiato.
L’elenco è lungo, variegato, motivato o immotivato il giusto. Jannik Sinner, numero 1 del mondo, ha salutato presto: gomito dolorante dopo Wimbledon, programmazione intelligente, meglio respirare prima dello coppia Cincinnati-US Open, del resto ci sono due titoli da difendere laggiù. Carlos Alcaraz ha detto no con altre parole: affaticamento muscolare, stanchezza generale. Tradotto: troppe battaglie, poco margine. Non rischia nulla, ma non spinge.
Poi c’è Novak Djokovic, che la sua trasferta canadese l’ha cancellata per via di un problema all’inguine. Nulla di gravissimo, ma a 38 anni e con lo US Open all’orizzonte, le priorità si scelgono.
Aggiungiamo Jack Draper, salito fin troppo velocemente ai piani alti e costretto a frenare per problemi al braccio sinistro. Anche Tommy Paul si è sfilato, senza troppe spiegazioni: si parla di acciacchi fisici. Di quelli che non fanno notizia ma tolgono continuità. Grigor Dimitrov, invece, è fuori per la terrificante lesione al pettorale patita negli ottavi di Wimbledon contro Jannik Siner. Male vero, non precauzione.
Infine, altri tre forfait: Hubert Hurkacz, Sebastian Korda e soprattutto Matteo Berrettini, che negli ultimi due mesi e mezzo ha giocato una partita sola, quella dolorosamente persa al primo turno di Wimbledon contro Kamil Majchrzak. C’è chi marcherà visita per problematiche fisiche note e certificate, ma molti sono scomparsi in punta di piedi.
Un tabellone che cambia faccia
Toronto non è un torneo qualunque. È il primo grande appuntamento sul cemento nordamericano, è l’antipasto d’élite prima di Cincinnati e dello US Open. Per questo l’assenza simultanea di Sinner, Alcaraz, Djokovic, Draper e Paul cambia totalmente il prestigio del tabellone.
Chi resta? I soliti noti in cerca di spazio: Zverev, Tsitsipas, Medvedev. Lorenzo Musetti, che ha una grande chance per mostrare al mondo chi è anche sul cemento. Qualcuno come Rune (occhio al suo esordio contro un ragazzo per davvero bersagliato dagli infortuni come Milos Raonic) a caccia di riscatto. E poi chi sale dalla seconda fila: l’imprevedibile campione in carica Popyrin, Arthur Fils che torna al lavoro dopo due mesi di assenza, Shelton, perché no Flavio Cobolli. Il campo si apre, e quando succede, spesso si materializzano anche le sorprese.
Le assenze non fanno rumore, ma pesano
Chi guarda il tennis per i nomi, storcerà il naso. Chi lo guarda per i match, si sfregherà le mani. Toronto 2025, così com’è, è un torneo con meno titoli in campo ma forse più imprevedibilità. Perché quando saltano le gerarchie, tocca a chi ha meno da perdere. E a volte è più divertente così. Per adesso prendiamo il buono, perché il menù è à la carte: sull’insostenibile pesantezza del sistema torneremo a tempo debito.