Un gladiatore moderno, in viaggio verso gli Internazionali di Roma. Luciano Darderi raccontato da Claudio Pistolesi
Prosegue il viaggio di TennisTalker, in compagnia del coach ATP, Claudio Pistolesi, per conoscere più da vicino i giocatori italiani che parteciperanno agli Internazionali BNL d’Italia. Oggi parliamo di Luciano Darderi, una delle novità più interessanti del tennis italiano. Nato a Villa Gesell, in Argentina, nel giorno di San Valentino del 2002, Darderi è figlio d’arte: il padre, ex tennista, è stato il suo primo maestro e lo segue tuttora come coach nel circuito professionistico. Una figura centrale nella sua formazione, come spesso accade quando il padre è anche l’allenatore.
Le radici italiane e il viaggio verso l’Italia
Luciano ha la doppia cittadinanza: argentina e italiana. A dargli la nazionalità italiana è stato il nonno, originario di Fano, che si trasferì in Argentina a 22 anni. La famiglia Darderi ha deciso di tornare in Italia quando Luciano aveva appena 10 anni.
“Si allenava con il padre al Forma Center, un centro sportivo nel Lazio, ed è proprio lì che molti, me compreso, lo hanno visto crescere tennisticamente, fianco a fianco con il fratello minore Vito Antonio, classe 2008, anche lui giovane promessa e già campione italiano Under 12. Emiliano Privato, forte giocatore di quel circolo, me ne parlava sempre con entusiasmo, fin da quando Luciano partecipava ai tornei Open“.
Un’identità tra due mondi
Nonostante sia cresciuto in Italia, Luciano ha conservato un accento spiccatamente argentino. In casa si parla spesso spagnolo e la sua cultura familiare resta fortemente legata al Sud America. “Ma la sua formazione sportiva è tutta italiana: è cresciuto nei circoli italiani, si è formato nei tornei nostrani e ha scelto di rappresentare l’Italia anche ai Giochi Olimpici. Convocato da Filippo Volandri, possiamo dire che l’Italia ha scelto Darderi e Darderi ha scelto l’Italia”, sottolinea Pistolesi.
Il caso delle racchette e l’impresa di Córdoba
Una svolta importante nella carriera di Darderi è arrivata nel 2024, in un modo davvero inusuale, come ci racconta Claudio. “E’ un aneddoto simpatico. Si dice che un marchio di racchette non gli avesse rinnovato il contratto e che un’altra azienda gli propose un accordo particolare: il pagamento sarebbe arrivato solo in caso di vittoria in un torneo ATP. Luciano accettò la sfida, provò le nuove racchette per appena due giorni e si iscrisse alle qualificazioni dell’ATP 250 di Córdoba, in Argentina. Lì, giocando quasi in casa, ha compiuto un’autentica impresa: ha vinto il torneo!”
Una favola moderna, che segna il suo ingresso nel grande tennis direttamente dalla porta principale.
Vittorie italiane e l’importanza dei Challenger
Dopo Córdoba, Darderi ha continuato a scalare la classifica mondiale anche grazie ai risultati ottenuti nei Challenger. Spicca la vittoria al Challenger di Perugia, tappa fondamentale per la sua crescita e un chiaro segnale del suo potenziale.
“La fioritura di tanti giovani italiani nel tennis è strettamente legata anche alla quantità e qualità dei tornei organizzati in Italia. Solo tra aprile e luglio 2025, in Europa si disputeranno 57 tornei Challenger, 11 dei quali proprio nel nostro Paese. Un’opportunità fondamentale per i nostri tennisti, che possono competere senza affrontare lunghi e costosi viaggi”.
Tecnica, temperamento e “garra”
Chi ha visto Darderi giocare non può non notare la sua potenza e la sua determinazione. “È un toro in campo: forza fisica, dritto esplosivo, servizio in kick efficace e tanta, tantissima “garra”, quella voglia di vincere che in Argentina è quasi un tratto culturale. Sulla terra battuta dà il meglio di sé: il suo tennis potente e muscolare si sposa perfettamente con la superficie lenta. Al contrario, sul cemento fa più fatica, e il calo d’inizio 2025 è stato legato anche alla stagione su superfici veloci.”
Cosa gli consiglieresti per migliorare sul veloce? “Dovrebbe provare ad accorciare i colpi, prendere più spesso la rete e lavorare sulla fiducia nei colpi in spinta rapida”.
Il paragone
Per il suo stile di gioco e la sua energia in campo, secondo Pistolesi, Darderi ricorda da vicino Fernando González, il campione cileno soprannominato “Mano de Piedra”. “Come lui, Luciano ha una potenza devastante e un’aggressività che scuote il campo ad ogni colpo. Il paragone regge, anche se Darderi gioca con il rovescio a due mani, a differenza del cileno”.
La Coppa Davis e la questione delle superfici
Una riflessione interessante riguarda il suo ruolo nella Coppa Davis. Con il vecchio format, in cui la squadra di casa sceglieva la superficie, Darderi avrebbe avuto molte più chance di essere convocato. Oggi, invece, le Finals si disputano sul veloce indoor, una condizione sfavorevole per lui. “Penso che sia difficile, quindi, che Volandri lo convochi per rappresentare l’Italia, almeno finché non troverà continuità anche sul veloce”.
Una questione globale
Il discorso sull’identità e la nazionalità nel tennis si allarga a tutto il panorama mondiale. Atleti come Raducanu (padre rumeno, madre cinese e cresciuta in Inghilterra), Tyra Grant (italo-americana), Tomljanovic e Kasatkina (naturalizzate australiane), o Bublik e Rybakina (russi che rappresentano il Kazakistan) mostrano come il concetto di “bandiera” sia oggi molto cambiato. “Alcune nazioni sembra che stiano facendo campagna acquisti”.
“Ma nel caso di Darderi, per lo Stato italiano è italiano. È cresciuto nei nostri circoli, gioca per l’Italia e nessuno dovrebbe metterlo in discussione. È il segno dei tempi, della globalizzazione, delle nuove famiglie con genitori di nazionalità differenti e della mobilità che il mondo moderno impone”. E forse, proprio per questo, è uno degli atleti più autenticamente contemporanei che il tennis italiano possa vantare.