Quando il problema non è avere un dono, ma saperlo gestire anche quando non serve più
You Cannot Be Serious a cura di Paolo Porrati
Tom Ripley, il protagonista del romanzo di Patricia Highsmith e dell’omonimo film con Matt Damon, ha un talento particolare, raro: quello di imitare, manipolare, adattarsi. E ne ha fatto un lavoro, un lavoro in cui è un fuoriclasse. Tanto da essere ingaggiato da un ricco americano per recarsi in Italia – siamo nel primo dopoguerra – e convincere il figlio smarritosi fra le dolcezze del Bel Paese a tornare a casa.
Ma le cose non vanno per il verso giusto, e Tom perde il senso del suo talento e si ritrova invischiato in un meccanismo che lo porta a cercare disperatamente di diventare qualcun altro senza riuscirci. E a perdere sé stesso. È una personalità complessa la sua, di quella complessità che troviamo nella realtà quotidiana e che ci fa sentire vicini degli estranei, in cui riconosciamo le nostre stesse ambiguità.
E proprio per questo non riusciamo a detestarli del tutto, questi personaggi.
Allo stesso modo, non mi riesce di detestare del tutto Nick Kyrgios, nonostante tutto.
Il Nick tennista
La sua storia è per certi versi addirittura più avvincente di quella del suo omologo letterario. A mio avviso derivante dai principeschi ascendenti materni (mamma Norlaila era membro della dinastia reale di Pahang in Malesia), il Talento di Mr Kyrgios esplode nel 2014 a Wimbledon (ero presente) quando batte Rafa Nadal nei quarti.
Il tam-tam dei tifosi a Church Road suggerisce ai presenti di correre sul campo del ragazzo australiano, perché sta nascendo una stella. E in effetti i presupposti ci sono: fisico già potente, colpi solidi, fantasia e sregolatezza nelle scelte, un composto spesso in grado di lievitare nella pasta dei grandi campioni.
Nel 2015 è il primo teenager a raggiungere i quarti degli Australian dal 1990, e la strada sembra spalancata per un’ascesa senza limiti. Nel 2016 raggiunge il suo best ranking con la tredicesima posizione, ma poi si ferma lì.
Vince nel complesso sette titoli ATP tra cui Tokio, Washington (due volte) e Acapulco, trionfa in doppio con l’amico Kokkinakis agli AO 2022, gioca qualche ottima partita ma nulla più.
Il Nick bad boy
Il talento tennistico non esplode completamente in lui, mentre emerge sempre più prepotente quello oscuro, lo stesso che trasforma Tom Ripley in un mostro. L’inizio della trasformazione è memorabile, con quel “Kokkinakis si è scopato la tua ragazza” sussurrato a Stan Wawrinka (non proprio il soggetto ideale per una cosa del genere) a un cambio di campo durante il Miami Open 2015. Risultato: diecimila dollari di multa e sospensione di 28 giorni.
Nel 2016, viene condannato dall’ATP per scarso impegno e comportamento non sportivo a Shanghai, con squalifica di otto settimane e 25.000$ di multa. Lancio della sedia, multa da 20.000$i e annullamento dei punti conquistati al Foro Italico 2019, record tuttora imbattuto di 113.000$ di sanzione a Cincinnati e 35.000$ a Miami (con Sinner) per distruzione di racchette e insulti all’arbitro.
Nel 2022 conquista il non invidiabile primato delle multe pagate in carriera, sfondando il tetto del mezzo milione di dollari. Va bene, in campo un disastro, ma fuori? Anche peggio.
La Giustizia Australiana lo accusa di aggressione all’ex- compagna Chiara Passari a Canberra (venendo poi prosciolto per “entità lieve”), sciorina dichiarazioni su piramidi e sbarchi sulla luna, ammette di essere solito a situazioni di autolesionismo, depressione, abuso di alcool e droghe.
Il (non) rapporto con i colleghi
E non va molto meglio nei rapporti coi colleghi. Casper Ruud, con il quale ingaggia un litigio durato due partite, sintetizza con grazia nordica: “E’ un idiota, completamente pazzo”, Nadal, ben prima delle ultime esternazioni, dice che l’Australiano “manca di rispetto per il pubblico, per l’avversario e per sé stesso”. Tsitsipas lo liquida con perfidia tutta greca dandogli del “bullo con un lato
cattivo”. John McEnroe, che di cattivi ragazzi se ne intende, dice che “gli servirebbe
Sigmund Freud”. Più eloquente di tutti poi a mio avviso è il nostro Jannik Sinner, che lo cancella dalla lista degli interlocutori esistenti con tutto il silenzio possibile, di fronte alla sua prolungata ruttologia durante il caso Clostebol.
E nel frattempo le partite vinte diminuiscono, gli infortuni si ripetono, i prize-money
evaporano. Il talento originario non serve più e occorre inventare un nuovo mondo. Mr
Ripley si trasforma da manipolatore in assassino sostituendosi alla persona che doveva
manipolare, Mr Nick si reinventa commentatore. Anche qui, con alterne fortune.
Il Nick telecronista
Lo ascolto in Australia Durante gli AO, le sue telecronache assomigliano più a quelle del basket (del quale è grande tifoso) che al tennis, e dopo un po’ stancano. Fa disastri sui Social, e alla fine il comportamento tenuto con la sua ex-ragazza gli chiude anche le porte della BBC, e quelle di Wimbledon. Letteralmente.
Per ultimo, è storia di questi giorni, attacca Nadal con delle argomentazioni da preadolescente, coprendosi di ridicolo solo per qualche like in più in un podcast. In pratica, si è ridotto a un fenomeno da baraccone, come quegli ospiti televisivi invitati solo perché si sa che genereranno polemiche e diranno cose fuori luogo che faranno alzare l’audience.
Eppure…
Eppure, con tutto questo, Nick non riesce a starmi completamente antipatico. E non ci
riesce perché in fondo combatte la mia stessa battaglia, la nostra battaglia, quella di tutti. Quella per arrivare in qualche maniera alla fine della giornata. Così, mi ritrovo a sperare che a Nick un domani le cose vadano meglio. Gli auguro di trovare pace in un posto bello ma nel quale tutti si dimenticano in fretta cosa hai fatto di male in passato, in cui le regole son severe ma lasciate all’interpretazione dei singoli, in cui anche l’assenza di talento è di fatto considerata un talento.
Ti aspettiamo qui da noi, caro vecchio Nick !

You cannot be serious è la nuova rubrica settimanale di Tennistalker Magazine dedicata a tutto ciò che nel tennis non rimbalza ma … fa rumore lo stesso! A cura di Paolo Porrati: accanito “quarta categoria”, è stato Giudice Arbitro per la FITP e ha partecipato da spettatore a tutti gli Slam, Finals Davis e Olimpiadi. Il suo romanzo giallo “Lo Sport del Diavolo”, pubblicato da Laurana Editore e ambientato nel mondo del tennis, è stata la sorpresa letteraria sportiva dello scorso anno.