Jannik schianta Vukic, Luciano non perde il filo con Fery, Lollo batte Basilashvili senza distrazioni. Cobolli aveva già fatto il suo contribuendo a rendere brillantissima la giornata azzurra sul verde
Zero sbavature: il dolore per le eliminazioni di Berrettini, Musetti e di tutti gli altri nostri rappresentanti a Church Road – ma non di Fognini, quella non è stata una sconfitta, ma la consacrazione di una carriera nella gioia condivisa da tutti – può considerarsi lenita per interposte racchette. Jannik Sinner, Luciano Darderi, Lorenzo Sonego e Flavio Cobolli andranno al terzo turno tenendosi per mano. Quattro partite, pochi patemi e una spedizione azzurra partita in direzione terzo turno tanto voluminosa da non credere.
Del match vinto da Cobolli su Pinnington Jones abbiamo già avuto modo di parlare, e dunque, che dire degli altri? Sezioniamoli, con rapidità, senza esagerare. Conservando le parole per i prossimi turni, sperando ce ne sia ancora per un po’ di partite.
L. Darderi b. [WC] A. Fery 6-4 6-3 6-3
Luciano Darderi ha fatto quello che doveva. Ha battuto Arthur Fery com’era nelle cose e staccato il biglietto per il terzo turno.
Mercoledì l’azzurro da Villa Gesell si era portato avanti: 6-4, 6-3. Tutto sembrava girare, poi è arrivato il buio. Giovedì è tornato in campo e ha fatto quello che serve in questi casi: ha tenuto.
Il terzo set ha rischiato di riaprirsi. Fery ha fatto il break per primo: 1-2. Ma Darderi non ha tremato: controbreak immediato, poi ha allungato. 4-2. Game dopo game, lo ha spento. 6-2 e partita in archivio.
Nel primo set aveva fatto la differenza con la prima e con il dritto. Break al terzo gioco, zero concessioni nei momenti caldi. Il secondo è stato più sporco: ha cancellato tre palle break nel quarto game, ha strappato il servizio subito dopo. Ha lasciato Fery a 3.
Dopo la notte, il campo non era più lo stesso. Anche loro, un po’ diversi. Ma Darderi è rimasto presente. Non brillante, ma solido. Ha controllato.
Ora lo aspetta Jordan Thompson, reduce da cinque set tiratissimi contro Bonzi, che aveva battuto Medvedev. Un match vero. Ma Luciano c’è.
L. Sonego b. [Q] N. Basilashvili 6-1 6-3 6-7(3) 7-6(4)
E dunque rieccolo, Basilashvili, uno che negli ultimi tre anni ha giocato poco ma che il tennis, quello vero, lo conosce bene. I primi due set sono filati via lisci per Lorenzo, quasi troppo: servizio imprendibile, zero errori, e un avversario che è sembrato più preoccupato di ritrovare le sensazioni che di provare a vincere. Sonego lo ha capito e non gli ha dato spazio. 6-1, 6-3. Tutto sotto controllo.
Ma la partita vera è cominciata nel terzo, quando Basilashvili ha finalmente trovato i colpi e un ritmo che fin lì non aveva mai mostrato. Il georgiano, 33 anni e un passato da top 20, ha iniziato a spingere, ha tenuto il palleggio e ha portato Lorenzo al tie-break, che ha giocato con intelligenza e coraggio. Lo ha vinto, meritatamente.
A quel punto la partita ha cambiato faccia. Basilashvili si è preso il centro dello scambio, le sue traiettorie hanno fatto più male, e Sonego ha dovuto lavorare molto di più per tenere botta. Lo ha fatto bene, senza isterie. Ha annullato palle break, si è affidato al servizio quando serviva e ha tenuto il passo. La svolta è arrivata sul 5-5: un calo del georgiano, una risposta di dritto pesante di Lollo, ed è stato break. Lorenzo ha avuto due match point, li ha sprecati, ma nel tie-break decisivo ha rimesso la testa a posto. È risalito da 3-4 e ha chiuso 7-4 con un servizio che lo ha cavato da ulteriori impicci.
Un Sonego maturo, forse non scintillante, ma molto concreto. Ora, al terzo turno, troverà Nakashima, americano testa di serie numero 29, già un quarto turno a Wimbledon nel 2022. Ma c’è margine, e c’è fiducia.
[1] J. Sinner b. A. Vukic 6-1 6-1 6-3
Prova serena per il numero uno del mondo, solo turbata da un brividino sul finale, quello che si prova sul bagnasciuga quando cala la sera e non ci si è ancora asciugati bene dall’ultimo bagno. Dopotutto è estate piena, passateci la metafora.
Ha dominato tutto il match, Jan, ha spazzato via Vukic come si scaccia un pensiero di troppo in una giornata buona. 6-1 6-1 6-3, tempo totale: un’ora e quaranta. Ma poi, proprio lì, sull’ultimo game, ha tremato. Oppure ha fatto finta di tremare, chissà. Ha annusato il controbreak, lo ha lasciato lì a fluttuare, e poi lo ha annullato con un colpo che lui stesso ha definito “fortunato”, una racchetta che ha tenuto la palla in campo come se avesse deciso da sola. Come se la partita non volesse chiudersi senza almeno un brivido, un pensiero sospeso.
Al terzo turno il numero uno del mondo troverà Pedro Martinez, che ha battuto Navone in un match che non ti aspetteresti di vedere a London Town. Ma oggi c’era Vukic, numero 93 del mondo, australiano da cemento ma abile su tutte le superfici veloci o velocissime. Ha provato a stare vicino alla linea di fondo, Aleksander, ha provato ad appendersi al lusso di qualche apertura decisa, ma Jannik è stato troppo. Troppo tutto: troppo veloce, troppo pesante, troppo pronto.
Il primo turno con Nardi era stato un riscaldamento. Oggi è sembrato quasi un allenamento. Se non fosse stato per quel finale, per quei sei match point necessari prima di chiudere la pratica, per quella mini-narrazione aggiunta in zona Cesarini. Un piccolo regalo al pubblico, forse. O forse il ricordo involontario di quel Roland Garros con Alcaraz, quando chiudere sembrava diventato impossibile.
Vukic ha servito meglio nel terzo set, è vero. Ma era come se la partita gli stesse comunque scivolando via. E alla fine lo ha ammesso anche lui: ha salutato, ha ringraziato, ha lasciato il campo sapendo che oggi non c’era match. Solo un protagonista e un comprimario. Un campo verde. Un pubblico che ha applaudito. E Jannik che ha fatto il suo, come se niente fosse, ma lasciando, alla fine, quell’ultimo respiro di incertezza. Per non farci andare via troppo in fretta.