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    Boris Becker: dal trionfo a Wimbledon al carcere, e ritorno

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    Becker si racconta a Sports Illustrated Deutschland : i 40 anni dal trionfo a Wimbledon, la prigione, le sfide personali e il desiderio di essere finalmente compreso e rispettato

    A 40 anni dalla clamorosa vittoria a Wimbledon, Boris Becker torna a far parlare di sé, questa volta dalle pagine di Sports Illustrated Deutschland. L’ex prodigio del tennis mondiale – primo tedesco e più giovane vincitore dello Slam londinese all’età di soli 17 anni – si racconta in un’intervista esclusiva che intreccia il ricordo della gloria sportiva con le ombre di una vita turbolenta, culminata nella detenzione nel 2022 per evasione fiscale.

    Il mio più grande successo? Non essere crollato dopo Wimbledon ’85”, confessa Becker. Un’affermazione che svela quanto quella vittoria sia stata anche un peso enorme da portare. “Dopo quella vittoria, sono dovuto crescere in fretta. Se avessi vinto più tardi, forse la mia vita sarebbe stata diversa”.

    La prigione

    Becker, oggi ha 57 anni e ripercorre la sua carriera fatta di sei titoli del Grande Slam, ma anche di gravi crisi personali e finanziarie. Della sua esperienza in prigione in Inghilterra ne parla con grande lucidità: “Ogni crisi che ho superato mi ha insegnato qualcosa. Ma quella è stata esistenziale. Quando perdi tutto – la libertà, la famiglia, i soldi – ti resta solo una cosa: la tua personalità. E io mi ci sono aggrappato”.

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    Dopo il momento più buio, Becker si sente oggi in una nuova fase positiva della vita: “Sono rinato. Cerco di fare scelte più ponderate. Non auguro a nessuno ciò che ho vissuto, nemmeno al mio peggior nemico”.

    Il difficile rapporto con il suo paese natale

    Il rapporto con la Germania resta complesso. Pur dichiarandosi patriota, il campione sente di non essere stato trattato con il rispetto che merita: “Spero che per il resto della mia vita ci sia più rispetto verso ciò che ho rappresentato per il tennis tedesco. Offro di nuovo la mano. Forse possiamo ricominciare”.

    Wimbledon e Leimen

    Wimbledon resta per lui un luogo simbolico, quasi familiare: “È casa mia. Ho vissuto lì per anni, ci ho portato mio figlio all’asilo. Tornarci è come Natale per me”.

    Il ricordo di Leimen, la città natale, è invece oggi segnato dal dolore per la perdita della madre Elvira, scomparsa lo scorso novembre: “Da allora, Leimen non è più casa. Non ho ancora elaborato del tutto il lutto. Ora, senza i miei genitori, realizzo che la prossima generazione a partire… siamo noi”.

    L’intervista rivela un Boris Becker lontano dall’immagine stereotipata del campione caduto in disgrazia. È invece il ritratto di un uomo che ha conosciuto gli estremi – il trionfo e l’abisso – e che oggi cerca il riscatto e, soprattutto, il rispetto.

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