Inauguriamo oggi la nuova rubrica di TennisTalker ,“I gladiatori di Roma”, dedicata ai protagonisti azzurri degli Internazionali BNL d’Italia 2025. L’analisi esclusiva del coach ATP Claudio Pistolesi
Nel primo appuntamento con “I gladiatori di Roma” – la nuova rubrica firmata TennisTalker – il coach ATP e formatore WTC Claudio Pistolesi, ci guida alla scoperta dei protagonisti azzurri che prenderanno parte agli Internazionali BNL d’Italia.
“Ogni giocatore ha una storia alle spalle, e mi piace l’idea di analizzarla, di coglierne le sfumature. Sono tutte storie diverse, per cultura, estrazione, origini“ esordisce Pistolesi.
Si comincia da uno dei nomi più rappresentativi del tennis italiano: Fabio Fognini. Un viaggio tra tecnica, aneddoti e prospettive, raccontato da chi ha vissuto da vicino l’evoluzione di un talento puro, estremo e irripetibile.
Il colpo che fa la differenza
“Quando si parla di Fognini, tutti pensano al dritto – il colpo con cui si apre il campo – ma la vera chiave è il rovescio lungo linea. È con quello che ha battuto Nadal, è quello il colpo che fa male all’avversario”. Per Pistolesi, il ligure è stato capace negli anni di sviluppare una visione del campo sopra la media. “Si costruisce il punto col dritto, anche da posizioni estreme – addirittura oltre la linea del doppio – ma poi chiude con il rovescio. Una sequenza micidiale, resa possibile anche da un fattore poco considerato: la sua postura naturale”.
Fognini, spiega Pistolesi, è uno di quei rari giocatori che “sono incollati a terra”, nel senso migliore del termine. “I coach passano la vita a dire ai giocatori: ‘stai basso’. Lui lo fa naturalmente. Prende energia dal terreno, ha un contatto perfetto con la superficie di gioco. Questo gli permette di massimizzare la velocità di palla con uno sforzo minimo, mantenendo un controllo assoluto”.
Un servizio da sopravvivenza
Il servizio? “Mai stato un’arma, più un colpo di sopravvivenza. Ma Fabio riesce a compensare con una grande capacità di risposta e con l’attenzione sulla prima palla dopo il servizio. Sa come difendersi, anche quando è sotto pressione”.
Un talento precoce
Fognini, ricorda Pistolesi, era già un nome nei Challenger a 16 anni. “Lo vidi giocare in un torneo nel Bronx. Un ragazzino, in mezzo a cavalli della polizia e auto blindate. Ma si capiva che aveva qualcosa in più”.
“Leonardo Caperchi è stato il primo a portare Fognini nel circuito, ai tempi in cui era intorno alla posizione 1500 del ranking. Con lui, Fabio è entrato fra i primi 100 del mondo. Le origini di un giocatore, il primo impatto con il professionismo, contano sempre moltissimo.”
All around the world
“Fabio non è mai stato provinciale, ammiro questa sua internazionalità. Dopo Caperchi, ha avuto coach stranieri – da José Perlas a Franco Davín – ed è andato a vivere e allenarsi all’estero, da Barcellona a Miami. Ha dimostrato coraggio, apertura mentale e un amore enorme per questo sport.“
Il carattere esuberante e la finta arroganza
Questo suo carattere a volte sopra le righe, secondo te è stato la sua arma vincente oppure un punto debole?
“Quando riesce a tenere sotto controllo questa sua rabbia agonistica, allora diventa un punto di forza. Quando decide di vincere, lo si vede: si lamenta, parla, dice cose assurde, insulta, però vuole vincere. Appena sa di avere una chance e trova una finestrella aperta, ci si infila dentro e vince la partita. Fabio non ha mai avuto timore di nessuno. Quell’arroganza che molti gli attribuiscono è in parte una maschera pirandelliana. In realtà Fognini è timido e generoso. Ma per coprire questa sua fragilità ha costruito un personaggio: estroverso, sopra le righe, teatrale”.
Un personaggio che ha fatto discutere – come quando si buttò per terra sull’erba a Wimbledon perché non d’accordo con un chiamata oppure quando insultò pesantemente un arbitro donna agli US Open – ma che ha anche fatto emozionare. “Nel tennis è un bene che ci sia stato uno come lui, capace di accendere il pubblico”.
Un atleta “fatto per il tennis”
Fisicamente, Fognini ha caratteristiche uniche. “È esplosivo, ma soprattutto ha una coordinazione motoria e spaziale straordinaria. Un tempismo e una sensibilità simili a quelli dei ginnasti. Il suo fisico sembra disegnato per il tennis”.
Strategia e superfici
“Dal punto di vista tattico, Fognini prende in mano il gioco con il dritto inside-out, spostando l’avversario per poi sorprenderlo con varianti come il rovescio lungo linea, la smorzata o il contropiede. Ha tantissime soluzioni, soprattutto sulla terra battuta, ma ha vinto anche partite indimenticabili sul cemento come quella contro Nadal agli US Open. Indoor invece non ha mai giocato molto volentieri, mentre sull’erba ha sempre pagato un servizio troppo leggero”.
Il doppio
“Negli ultimi anni è migliorato molto a rete, anche grazie all’esperienza maturata nel doppio. Ricordiamoci sempre che, in coppia con Bolelli ha vinto uno Slam! Pensa che giocavano insieme in doppio già da quando avevano 18 e 19 anni. Eravamo riusciti ad avere una Wild Card per il torneo di Napoli ed è mancato poco che vincessero il torneo”.
Il Federer-Nadal moment: la scena da film
Il momento più iconico? “Durante la Laver Cup, convocato per l’Europa, dietro di lui c’erano Federer e Nadal a fargli da coach. Gli dicevano: ‘Stai calmo, respira’ più alcuni suggerimenti tattici. E lui ribatteva quasi scocciato e non d’accordo con quanto gli stavano dicendo. Solo Fognini poteva farlo. Una scena da film”.
Fognini fuori dal campo
E poi c’è l’aspetto umano: il matrimonio con Flavia Pennetta, la paternità, la crescita personale. “Lo ricordo a Indian Wells, fiero mentre mi presentava il primogenito. È un padre affettuoso. Bisogna guardare Fabio anche da questa prospettiva”.
Il confronto con il passato e il presente
Pensando ai giocatori del passato, a chi paragoneresti Fognini? “Per qualche aspetto mi ricorda Panatta, ma, per altri motivi, anche Connors. Ecco, potrebbe essere un mix fra i due con una punta di Paolo Cané per la grande rabbia agonistica. Però ti so dire chi è il suo erede: Lorenzo Musetti. Hanno molto in comune: sensibilità, estro, alti e bassi. Un Fognini 2.0, capace – come Fabio – di fare male ai migliori del mondo quando tutto gira”.
Grazie Claudio, ci vediamo per la prossima puntata de “I gladiatori di Roma”