Il numero due del mondo contro Berrettini ha perso un’altra partita sprecando una situazione di vantaggio. “Non so cosa mi stia succedendo”
Sascha Zverev è precipitato in una tremenda spirale negativa nel pomeriggio australiano dello scorso 26 gennaio. Sconfitto nettamente da Jannik Sinner nella finalissima dell’ultimo Open d’Australia quando pensava di essere arrivato all’evento preparato a puntino, il russo di Amburgo si è visto crollare il mondo addosso. Le sue parole nel corso del protocollo di premiazione avevano restituito l’immagine di un giovane uomo che non si sarebbe ripreso tanto facilmente dalla batosta.
Prima erano arrivati i ringraziamenti al proprio team, “il migliore al mondo“; poi la totale, definitiva, inconsolabile assunzione della colpa del naufragio: “Sono io a non essere abbastanza bravo“. Lo sguardo basso, le lacrime agli occhi, la reazione smarrita al cospetto delle urla di una donna seduta tra il pubblico che avevano squarciato il silenzio del centrale per ricordargli i mai sopiti e spinosi casi di Olya e Brenda, le due ex concubine che avevano accusato il giocatore di violenze e abusi.
Ma la parte peggiore della cerimonia sarebbe dovuta ancora arrivare, ed è lì, in quel preciso momento, che la stagione, speriamo non la carriera, di Zverev è rotolata nel burrone. “Il tennis ruota attorno a sei macro-fattori principali,” aveva sentenziato il numero due del mondo. “Uno è il servizio, e io servo meglio. Jannik però ha un dritto migliore, un rovescio migliore, risponde meglio, si muove meglio e gioca meglio la volée. Se voi siete sorpresi che abbia perso così nettamente, sappiate che io non lo sono“.
Frasi come macigni, che, sospettiamo, un Novak Djokovic a caso non avrebbe mai pronunciato. Nole, o Rafa, per dire, si sarebbero affidati al classico dei classici del repertorio verbale post-sconfitta. “Oggi il mio avversario è stato più bravo, farò di tutto per migliorare e per batterlo la prossima volta“. Frasi trite e ritrite, sentite e ascoltate migliaia di volte, che sapevano di circostanza, certo, ma anche di voglia di rivalsa e anche un po’ di minaccia.
IL derelitto Sascha, invece, si è volontariamente applicato cilicio, corona di spine e plumbee zavorre alle caviglie. Da lì, la testa ha faticato a rialzarsi. Invece di andare a giocare indoor in Europa o sul cemento in Nord America, Zverev ha scelto la gira sudamericana sulla terra battuta per motivi che non conosciamo, ma tendenti a beccheggiare tra la smania di pecunia e un’insopprimibile voglia di prepararsi alla stagione su quella che ormai può chiamare superficie preferita. Risultati modesti: quarti a Buenos Aires e quarti a Rio, con tanto di KO nella città carioca contro Francisco Comesana prendendo un parziale di cinque giochi a zero dal 4-1 al terzo.
Poi, nell’ordine, sono arrivati i seguenti, edificanti risultati: secondo turno ad Acapulco, primo a Indian Wells, ottavi a Miami e la sconfitta nell’esordio a Montecarlo di ieri contro Matteo Berrettini. In totale, dopo l’Open d’Australia, fanno 320 punti sui 4250 a disposizione: una catastrofe. In California, Florida e Costa Azzurra, rispettivamente contro Griekspoor, Fils e Matteo, Zverev ha perso la partita facendosi rimontare un set di vantaggio: come dire, il livello di serenità mentale non è proprio quello sperato.
Nelle interviste rilasciate in côte dopo l’ennesimo scivolone, Sascha è apparso in fondo a una tremenda buca psicologica. “Ho giocato un grande primo set, ma una volta subito il break nel secondo sono sceso di dieci livelli. La mia palla non viaggia, smetto di colpirla. Negli ultimi mesi la storia è sempre la stessa“. Poi la chiosa, coerentemente funerea: “Sono io ad aver perso la partita, ancora una volta. Sto giocando in modo terribile, è il peggior momento della mia carriera dopo l’infortunio di tre anni fa al Roland Garros“.
Tra i giornalisti c’è chi ha tentato di offrirgli una scialuppa di salvataggio, rinfocolando la polemicona cara a Daniil Medvedev con protagoniste le lentissime palle del giorno d’oggi. “Abbiamo studiato il problema,” ha concesso Sascha. “Quello delle palline è un argomento importante, abbiamo raccolto informazioni dalle aziende che le producono. Sono in effetti molto più lente che in passato, ed è per questo che i giocatori hanno così tanti infortuni a gomiti e polsi“. Un fastidio in più, non la ragione principale dei tormenti del giovane Alexander. Il quale, appena due mesi fa, era stato il candidato con più chance di sostituire Sinner in vetta al ranking dopo la sospensione comminata al numero uno regnante, e invece da quel momento non ha vinto più una partita, per dire. Da ieri, infatti, Jannik è sicuro di rientrare ancora in testa il prossimo 13 maggio, quando, dopo il forzoso pit stop, potrà rientrare in pista.
L’agognata stagione sulla terra battuta, così lungamente sognata nelle tristi nottate sudamericane di febbraio, è infine arrivata. L’esordio della campagna, tuttavia, ha regalato a Sascha un’altra cocente delusione. Potrà rifarsi, di occasioni ce ne sono ancora tante. Non con quello sguardo, però: la serenità mentale è il settimo macro-fattore dello sport con la racchetta. Con ogni probabilità, il più importante.