Dopo la notizia del patteggiamento Sinner/WADA torna a far discutere il caso di Laura Barquero, risultata positiva allo stesso steroide trovato nel sistema del numero uno ATP. E l’ormai ex atleta attacca l’Agenzia Mondiale Antidoping
Anche lei risultata positiva a un test, anzi a due test antidoping. Anche nel suo sistema tracce di Clostebol, il famigerato steroide anabolizzante causa di tante preoccupazioni per Jannik Sinner. Anche lei, o almeno così pare, così dice, vittima di una contaminazione, ove l’agente contaminante è sempre il solito, il Trofodermin, una crema dermatologica indicata per la cicatrizzazione della pelle in caso di lesioni di vario tipo. Anche nel suo corpo, quantità infinitesimali della sostanza. Eppure, le analogie tra il caso di Jannik Sinner e quello che ha visto coinvolta la pattinatrice artistica spagnola Laura Barquero finiscono qui, sebbene più di qualcuno – nelle ultime ore – stia puntando il dito sulla differenza di trattamento scelta dall’Agenzia Mondiale Antidoping per due casi ritenuti simili: come tutti sanno, il 3 volte campione Slam si è accordato con la WADA per una sospensione dall’attività di tre mesi, mentre la pattinatrice spagnola, in mancanza di opzioni meno afflittive, ha dovuto accettare obtorto collo uno stop di sei anni.
Barquero fu trovata per la prima volta positiva dopo le Olimpiadi invernali di Pechino 2022. Al tempo si allenava in Italia, e nel corso della kermesse cinese aveva fatto coppia con il pattinatore italo-spagnolo Marco Zandron. Subito dopo il test fallito, Barquero fu sospesa dall’attività agonistica poiché, a differenza di Sinner, non riuscì a ricostruire in maniera inattaccabile i motivi della contaminazione. “Il Trofodermin è una pomata da banco venduta senza prescrizione in Italia – ha detto Barquero, disperata -. Tra i suoi principi attivi c’è il Clostebol acetato, ma non è in grado di migliorare in alcun modo le prestazioni sportive. La gente la usa per curare ferite e tagli comuni, e non potevo sapere che per esserne inquinati bastasse toccare una persona o un oggetto che è stato a contatto con la crema. Il rischio di essere contaminati è altissimo e quasi incontrollabile, infatti quella pomata è stata causa di decine di disgrazie per gli atleti italiani“.
A seguito del test antidoping risultato positivo dopo la rassegna a cinque cerchi, Barquero decise di sottoporsi a un esame del capello; esame in grado al contempo di stabilire l’esposizione accidentale alla sostanza ed escluderne l’uso cronico, o recidivo. I risultati delle indagini supplementari in effetti negarono l’utilizzo del principio a fini di doping, e precisarono che le quantità riscontrate nel corpo dell’atleta non avrebbero potuto arrecarle vantaggi competitivi. A quel punto l’ISU, la Federazione mondiale del pattinaggio su ghiaccio, le comminò la sospensione di un anno, derubricando il caso a “negligenza non significativa”.
Ma se già le spiegazioni circa i possibili motivi di contaminazione rendono molto diversi i casi di Barquero e Sinner, il prosieguo della vicenda con protagonista la ventitreenne di Madrid segna un formidabile ampliamento della distanza tra i due. Mentre, ormai scontata la pena, si stava preparando per i mondiali di pattinaggio di figura in programma a Saitama nel marzo del 2023, Barquero fu sottoposta a un test fuori gara effettuato dall’International Skating Union, risultando nuovamente positiva al Clostebol. Se i due test a cui risultò positivo Sinner erano parecchio ravvicinati e potevano essere spiegati con la stessa motivazione, la distanza di quasi un anno tra i due esami antidoping falliti dalla pattinatrice hanno reso il suo caso molto più sospetto.
“Avevo preso tutte le precauzioni possibili – ha dichiarato Barquero -, e ancora una volta i test supplementari a cui mi sono sottoposta hanno escluso qualsiasi utilità, confermando una nuova contaminazione“. Spiegazioni stavolta poco convincenti per la WADA: l’agenzia antidoping ha proposto una squalifica di sei anni per recidiva accettata dall’atleta spagnola, che ha però lanciato il suo grido d’accusa: “Non avevo altra scelta, la pena è completamente sproporzionata e ingiusta, ma ho dovuto accettarla per riprendere in mano la mia vita. Questa sanzione ovviamente rappresenta la fine della mia carriera, ma allo stesso tempo dimostra il fallimento del sistema“.
Dichiarazioni accorate, se vogliamo anche di denuncia, ma che non sono servite ad ammansire la WADA: “La versione offerta da Barquero circa la modalità con cui la sostanza è entrata nel suo organismo non è convincente, e le circostanze dell’accaduto sono ancora sconosciute per quanto ci riguarda“, si legge in un comunicato inviato dall’Agenzia mondiale per la lotta al doping ad Associated Press. “La signora Barquero non era obbligata a firmare l’accordo di sospensione se non concordava con la sanzione proposta, ed era libera di far valere le proprie motivazioni portando il caso che la riguarda all’attenzione del CAS“.