Intervistato dalla testata Rzeczpospolitej, Witold Banka ha rimarcato le differenze tra il caso riguardante Iga Swiatek e quello che vede coinvolto il numero uno del mondo. “Un conto è la melatonina contaminata, un altro uno steroide contenuto in un unguento”
“Jannik Sinner e Iga Swiatek sono accomunati dall’essere i due migliori giocatori del mondo, ma i loro casi sono completamente diversi“. Così parlò Witold Banka, il presidente della Wada, l’Agenzia mondiale antidoping. Intervistato dalla testata polacca Rzeczpospolitej, Banka ha espresso la posizione dell’ente da lui rappresentato sul “caso Clostebol” che coinvolge il tennista italiano, mettendolo altresì a confronto con il mancato ricorso contro la polacca Swiatek, attuale numero 2 al mondo. Il presidente ha tenuto a sottolineare con forza come non siano stati usati due pesi e due misure nel trattamento riservato ai due atleti, precisando quanto le sostanze riscontrate nei campioni di Jannik e Iga e le circostanze della loro assunzione siano diverse. “Una cosa è un medicinale a base di melatonina contenente tracce di Trimetazidina – ha sottolineato, – un altro uno steroide contenuto in un unguento. Sono due casi completamente diversi“. Il consulente esterno convocato da WADA aveva ritenuto valida la spiegazione fornita da Swiatek riguardo alla melatonina contaminata, congrua la decisione dell’ITIA di sospendere per un mese l’atleta e che quindi non ci fossero i presupposti per appellarsi al CAS.
Il massimo rappresentante della fondazione voluta dal CIO ha tenuto a mettere in risalto la natura equanime della procedura adottata nelle due critiche fattispecie: “Entrambe le decisioni sono state prese dopo aver consultato un esperto esterno e la procedura seguita è stata la stessa di qualsiasi altro caso disciplinare“, ha ribadito Botka, che poi ha proseguito ragionando sul verdetto dell’ITIA, l’International Tennis Integrity Agency, che lo scorso 20 agosto aveva assolto Sinner, stabilendo che nel comportamento del tennista italiano non fossero ravvisabili né colpa, né negligenza. “Non voglio e non posso entrare nei dettagli di quella decisione, perché siamo parte in causa. L’Agenzia Mondiale Antidoping ha già specificato più di una volta che non mette in dubbio il fatto che Sinner non abbia assunto volontariamente sostanze proibite; quello che contestiamo è la mancanza del necessario controllo esercitato dall’atleta sui comportamenti dei suoi più stretti collaboratori. Un professionista di quel livello è responsabile anche delle azioni di chi lavora per lui, e questo è un principio fondamentale della lotta al doping“. Non una riflessione rincuorante per il numero uno del mondo, verrebbe da pensare.
Non resta che attendere il verdetto che porrà in un modo o nell’altro la parola fine all’annosa vicenda. Il tribunale arbitrale dello sport riesaminerà da capo tutte le prove presentate dalle parti e prenderà una decisione sul ricorso presentato da WADA a Losanna i prossimi 16 e 17 aprile davanti ai tre giudici arbitri designati: Jacques Radoux sarà l’indipendente chiamato a presiedere il Collegio, mentre John Doyson e Ken Lalo rappresenteranno rispettivamente Sinner e WADA. In caso di verdetto sfavorevole a Jannik, la sanzione prevede una squalifica compresa tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mesi.